Uno spettro a molte facce si sta aggirando per
l'Europa di Luther Blisset
tratto da http://www.fub.it/telema/TELEMA18/LutherBlisset.html
Dall'inizio degli anni Novanta, Luther Blissett si è affermato
come personaggio immaginario sulla scena delle controculture giovanili
europee. Adottando questo pseudonimo collettivo, migliaia di persone
di diversi paesi hanno prodotto beffe mediatiche, controinchieste
militanti, testi teorici e di narrativa. Con un obiettivo preciso:
la guerriglia contro il sistema ufficiale dell'informazione. Perché
centinaia, migliaia di persone decidono di adottare lo stesso pseudonimo,
di condividere - non senza contrasti - la stessa reputazione, per
firmare azioni politico-culturali, performances, scritti teorici o
di narrativa e, in generale, "opere dell'ingegno"? A cosa si deve
il successo del nome "Luther Blissett" tanto sul world wide web quanto
nel mondo "reale", nelle strade delle città europee, nell'editoria
su carta stampata, nelle installazioni della Biennale di Venezia?
Da anni semiologi, antropologi, studiosi delle sottoculture giovanili
e del loro rapporto con le tecnologie si interrogano su quali siano
esattamente le caratteristiche di questa sfuggente comunità aperta..(1)
Come può definirsi "comunità" quello che sembra soltanto un incostante
flusso di informazioni palesemente contraddittorie? Da anni i giornalisti
coniano strampalate definizioni, una meno calzante dell'altra: "pirati
telematici", "terroristi culturali", "artisti radicali" ecc. Da anni
Luther Blissett continua a spiazzare gli osservatori e a mettere in
crisi ogni definizione che non nasca direttamente dalla prassi di
chi sceglie di adottarne il nome.
1. Luther Blissett Project.
Fin dai primi anni Novanta, "Luther Blissett" si è affermato come
personaggio immaginario sulla composita scena delle controculture
giovanili (e non solo) europee. Firmandosi con questo pseudonimo collettivo
e multi-uso, diverse persone in diversi paesi (attivisti politici
e sociali, artisti, scrittori, saggisti - insomma, "operatori culturali"
di vario genere) hanno prodotto riviste e fanzines (sia elettroniche
sia cartacee), saggi e opere di fiction, dischi, performances, pièces
teatrali, siti web, controinchieste militanti e soprattutto azioni
di "guerriglia mass-mediatica" (beffe ai danni degli organi di informazione:
false notizie, depistaggi, messa in circolazione di leggende urbane
ecc). In Italia il nome inizia a circolare nell'estate 1994 (2).
Nel gennaio 1995, Blissett propina alla trasmissione tv Chi l'ha visto?
il caso di un inesistente artista inglese, tale Harry Kipper (un pun
inglese: "Kippered herring" significa "aringa affumicata"), disperso
tra Nord Italia ed ex-Jugoslavia. Una troupe viene sguinzagliata per
mezza Europa a intervistare presunti amici e colleghi di Harry, in
realtà tutti complici della beffa, la cui rivendicazione fa scalpore
e attira su Blissett l'attenzione dei media nazionali. Da quel momento,
parte una lunga serie di beffe, sempre più clamorose (3). Tra
le tante caratteristiche del pensiero e dell'azione di Blissett, quella
che più lascia perplessi è la feroce, violenta critica al concetto
di "Individuo", inteso come soggetto principe del diritto borghese
("Uomo Egoista", lo definì Karl Marx). In nome di che cosa questo
concetto viene continuamente sbertucciato, cortocircuitato, spinto
al paradosso? In certe fasi del Progetto, è sembrato che Blissett
opponesse all'individualismo liberale un collettivismo da Rivoluzione
Culturale, cementato dal culto di un inesistente Grande Timoniere
(appunto, Luther Blissett); in altre, è sembrato che la critica all'in-dividuum
fosse fatta in nome della divisibilità del singolo, di un'apologia
della schizofrenia e del desiderio sfrenato, con evidenti echi deleuzo-guattariani.
La mia immodesta opinione è che non si possa comprendere il "comunitarismo"
di Blissett senza partire dal concetto di "mitopoiesi", creazioni
di mito. Tempo al tempo.
2. Una definizione?
"Luther Blissett" è uno pseudonimo multi-uso, adottabile da chiunque
per costruire un personaggio virtuale, una versione postmoderna del
folk hero, "anti-eroe dai mille volti", Waldganger la cui reputazione
è costantemente de-costruita e re-inventata da coloro che adottano
il nome. "Luther Blissett" è metodologia dell'anti-copyright e manifestazione
della Gemeinwesen. Vi gira la testa?
3. Un glossario?
Anti-copyright."Per noi un individuo non è una entità, una
unità compiuta e divisa dalle altre, una macchina per sé stante, o
le cui funzioni siano alimentate da un filo diretto che le unisca
alla potenza creatrice divina o a quella qualsiasi astrazione filosofica
che ne tiene il posto, come la immanenza, la assolutezza dello spirito,
e simili astruserie. La manifestazione e la funzione del singolo sono
determinate dalle condizioni generali dell'ambiente e della società
e dalla storia di questa. Quello che si elabora nel cervello di un
uomo ha avuto la sua preparazione nei rapporti con altri uomini e
nel fatto, anche di natura intellettiva, di altri uomini. Alcuni cervelli
privilegiati ed esercitati, macchine meglio costruite e perfezionate,
traducono ed esprimono e rielaborano meglio un patrimonio di conoscenze
e di esperienze che non esisterebbe se non si appoggiasse sulla vita
della collettività [...]" (Amadeo Bordiga, 1924). E ancora: "La tecnologia
dapprima, poi la scienza, si trasmettono di generazione in generazione
come una dotazione dell'Uomo Sociale, della Specie, che in tutti i
suoi individui vi ha lavorato e collaborato. Nella nostra costruzione
il Profeta, il Sacerdote, lo Scopritore, l'Inventore, vanno verso
una pari liquidazione. L'Uomo Sociale in queste pagine è detto anche
Individuo Sociale, il cui senso non è "persona umana" come cellula
della Società; ma invece società umana trattata come un organismo
unico che vive una sola vita [...] Questo organismo, la cui vita è
la Storia, ha un suo Cervello, organo costruito dalla sua millenaria
funzione, e che non è retaggio di alcun Teschio e di alcun Cranio.
Il Sapere della specie, la Scienza, ben più che l'Oro, non sono per
noi privati retaggi, ed in Potenza appartengono integri all'uomo Sociale"
(Amadeo Bordiga, 1957). In ossequio a questa posizione (oggi resa
finalmente praticabile, grazie alle nuove tecnologie di riproduzione/
compressione/distribuzione dei prodotti intellettuali), tutto quanto
viene firmato col nome multiplo è rigorosamente privo di copyright,
liberamente riproducibile, modificabile, perfezionabile senza dover
rispondere ad alcuna Autorità. Gemeinwesen. [tedesco: essere comune]
Termine usato da Karl Marx nei suoi scritti giovanili (1844) e poi
"evocato" nelle pieghe dei celebri Grundrisse... (Lineamenti per la
critica dell'economia politica, 1859). Indica la dimensione collettiva
della vera comunità umana, che non s'identifica con alcuna comunità
esistente (Gemeinschaft) o gruppo limitato, ma con la molteplicità
e la ricchezza delle relazioni che il proletariato avrebbe potuto
e dovuto creare nella stessa cooperazione sociale capitalistica, "una
volta gettata via la limitata forma borghese", oltre comunità fittizie
quali la "cittadinanza" e oltre la stessa lotta di classe. La Gemeinwesen
è il principio comunitario che non si "rapprende" mai in una data
Gemeinschaft. Proprio come la comunità aperta di Luther Blissett.
Le nuove figure del lavoro vivo create dall'estendersi delle tecnologie
informatiche - abituate a lavorare "in rete", a produrre comunicazione
sociale, a collaborare (come richiede il modo di produzione post-fordista)
- sono le più vicine a un'esperienza di Gemeinwesen. Nelle pieghe
del lavoro post-fordista va formandosi una comunità allargata che
vive con crescente insofferenza l'espropriazione e lo sfruttamento
della ricchezza (anche "immateriale", relazionale, emotiva) che essa
produce, a opera di parassitiche multinazionali. La maggior parte
delle persone che adottano il nome di Luther Blissett, infatti, rientra
nella sempre più diffusa tipologia del lavoratore "immateriale" e/o
"atipico" (programmatori, web designers, operatori culturali, grafici,
copy writers, traduttori, lavoratori del "terzo settore", "lavoratori
autonomi di seconda generazione", "popolo delle partite Iva", ecc).
Folk hero. L'eroe popolare non è semplicemente l'eroe della mitologia,
colui che "s'avventura oltre il mondo del quotidiano, in una regione
di meraviglie soprannaturali, dove s'imbatte in potenze favolose e
vince una battaglia decisiva, dopodiché torna da questa misteriosa
avventura recando in sé il potere di fare del bene agli altri uomini"
(Joseph Campbell, 1949). No, l'eroe popolare è una leggenda vivente,
la sua lotta non è un'allegoria del ritrarsi nella psiche, bensì ha
luogo nel "mondo del quotidiano", o perlomeno in una sua versione
idealizzata. Che quest'eroe sia realmente esistito o meno, i racconti
delle sue gesta sono sempre stati materia di manipolazione collettiva,
per dare una speranza di rivalsa e una temporanea consolazione a una
limitata Gemeinschaft, come una classe contadina oppressa da tiranni
e feudatari di origine straniera (Robin Hood, Wong Fei Hung), o l'aristocrazia
rovesciata dalla Rivoluzione Francese (la Primula Rossa), ecc. Questo
mito rivive nelle narrazioni guerrigliere, da Ho Chi Mihn agli Zapatisti
ecc. Luther Blissett è un folk hero postmoderno, che non fa riferimento
a un'etnia né a un'élite, bensì a un vasto bacino di "lavoro immateriale"
che si estende su tutto il pianeta. Waldganger. Il mito nordico del
ribelle che "va al bosco", come Robin Hood e altri personaggi del
genere. Nel 1951 lo scrittore reazionario tedesco Ernst Jünger scrisse
un pamphlet intitolato Der Waldgang (tit. it. Trattato del ribelle,
Adelphi, 1990), in cui descriveva la società come governata da modelli
plebiscitari e sistemi panottici di controllo sociale. Per sfuggire
al controllo, il ribelle doveva darsi alla macchia e organizzare la
resistenza. Nel millenovecentocinquantuno! Che dovremmo dire noi oggi?
Intercettazioni, videosorveglianza ovunque, tracce elettroniche delle
nostre operazioni bancarie, continue violazioni della nostra privacy...(4).
Darsi alla macchia è più importante che mai.
Questo mito è strettamente associato alla guerra di guerriglia, ai
cambiamenti d'identità, alle operazioni clandestine e allo spargimento
di boatos...(5).
4. Da che parte è il bosco?
Lo sviluppo orizzontale e trans-nazionale di Internet porta con sé
una cooperazione sociale potenzialmente autonoma dalle imposizioni
degli stati e delle gendarmerie sovranazionali. Il paesaggio della
Rete è la sintesi di diverse insubordinazioni e di alcune importanti
vittorie politiche (per esempio la mancata approvazione del Computer
Decency Act, grazie alla campagna "Blue Ribbon" del 1996-97), ed è
continuamente modificato dal conflitto. La Rete viene continuamente
modificata dalla pirateria informatica e dalla violazione del copyright.
La proprietà privata delle idee è continuamente sfidata e molto spesso
sconfitta. Come "istituzione", la Rete sta attraversando una crisi
di crescita che ha ripercussioni sull'intera società. A sua volta,
questa crisi è un motore di conflitto. E' la Rete il bosco da cui
colpire. Questa non è una visione acritica (o utopica) del networking;
ovviamente c'è un grande divario tra potenza e atto, ma potenza e
atto sono ormai vis-à-vis, è un duello, e la Rete è l'OK Corral. Dobbiamo
mantenere questa nostra "istituzione" incompiuta e aperta a qualunque
possibilità, impedendo allo stato di colmare il suddetto divario con
la censura, e al capitale di colmarlo con la pura mercificazione.
Non è solo una battaglia per la libertà d'espressione: è... guerra
di popolo. Lotta di classe. Per combatterla, abbiamo bisogno di una
nuova mitopoiesi. Ogni fase storica della guerra tra classi ha bisogno
di una propulsione mitologica. Oggi ci occorrono mitologie aperte,
interattive, nomadiche, nuovi folk heroes e waldgangers, ma anche
inedite situazioni comunitarie, che Blissett chiama "Picard e Daton
su El-Adril".
5. Picard e Daton su El-Adril.
In una puntata di Star Trek - The Next Generation, intitolata "Darmok"(data
astrale 45047.2) l'equipaggio dell'Enterprise s'imbatte nei criptici
e misteriosi Tamariani, il cui modo di esprimersi è totalmente incomprensibile
agli umani e agli altri popoli della Federazione dei pianeti. I Tamariani
sembrano comunicare tra loro enumerando nomi e date, nessuna loro
frase segue una consequenzialità logica o linguistica. Ai nostri eroi
occorre un po' di tempo per capire che i Tamariani citano episodi
della loro storia e mitologia, episodi che costituiscono dei veri
e propri "precedenti segnico-linguistici"a cui ricondurre la situazione
in cui ci si trova. Ad esempio: "Sha'kah quando caddero le mura" può
significare "Fallimento", "Ho sbagliato!", oppure "Che sfortuna!";
"Temba'h, le sue braccia aperte" si può tradurre con "Generosità",
"Prendi questo dono", o "Grazie di questo dono"; "Mira'h, le sue vele
spiegate" sta per "fuga", "Andiamo via !" o "Io me ne vado"; "Il fiume
Temark durante l'inverno" significa più o meno "immobilità", "Fermo!"
o "Stai zitto!"; "Sindah, la sua faccia nera e gli occhi rossi" significa
"morte", "moribondo", "sto per morire" ecc. Il linguaggio tamariano
non è logico-referenziale ma immaginativo-simbolico, iconico, analogico,
ed evolvendosi non ha dato luogo a quella che noi chiamiamo "identità".
Da quel poco che lo spettatore riesce a capire, non si tratta di una
"omologazione" totalitaria all'interno di una società intesa in maniera
organicistica, o (in parole più povere) di un livellamento delle differenze
individuali in nome di una tradizione, di una memoria acritica e monumentale.
Al contrario, i tamariani attingono collettivamente a un patrimonio
di storie e di immagini che si modifica costantemente, e i loro rapporti
interpersonali sono una specie di gioco di ruolo nel quale il singolo
si appropria e/o si sveste di tutti i ruoli e di tutte le "identità";
la condivisione delle esperienze, la comunanza e la compartecipazione
emotiva, sono per loro tutt'uno con l'essere "singoli", in quanto
prescindono dal concetto di individuo: l'Io dei tamariani è molteplice
e multiverso, la loro soggettività è decentrata. Per questo non c'è
una vera e propria distinzione tra soggetto, predicato e complemento
oggetto: nelle frasi che ho riportato ci sono, genericamente, un "non
riuscire", un "donare", un "andare via" e un "non-agire", azioni di
cui si ammettono serenamente la complessità, la ricchezza di significati
e l'irriducibilità a una analisi logica. La situazione che si crea
non viene definita e intrappolata nel linguaggio. Il linguaggio tamariano
non è segreto né esclusivo, non è un argot che la comunità crea per
difendersi dal mondo esterno. Anzi, i Tamariani vogliono condividere
il loro immaginario e la loro memoria, vogliono ampliarli e contaminarli
per capire e farsi capire. Difatti, poiché è impossibile capirsi senza
conoscere gli stessi miti, occorre crearne assieme di nuovi, così
Daton, il capitano della nave tamariana, si fa teletrasportare assieme
al capitano dell'Enterprise Jean-Luc Picard su El-Adril IV, un pianeta
disabitato e inospitale, dove essi devono collaborare per sopravvivere
e difendersi dalle irradiazioni di una energia distruttiva. Questa
situazione si ispira a quella definita "Darmok e Tjalad a Tanagra"
(due eroi della mitologia tamariana, intrappolati su un'isola abitata
da una Bestia pericolosa). Resta scolpito nella memoria dello spettatore
il grido d'esultanza di Daton allorché Picard inizia a capire i suoi
messaggi: "SUQAT, I SUOI OCCHI NON PIU' COPERTI!". Dei due si salva
solo Picard, ma ormai il precedente è stabilito: d'ora in poi, tamariani
e federati potranno manifestare l'intenzione di comunicare dicendo:
"Picard e Daton su El-Adril".
6. Una conclusione?
"Picard e Daton su El-Adril" è la necessità di trovare un mito di
lotta, una mitologia comune a tutto l'odierno "lavoro immateriale",
quella vasta cooperazione sociale resa possibile dalle tecnologie
informatiche (e non solo), quella galassia di soggetti che si dibatte
per il controllo poliziesco esercitato dai rentiers della proprietà
intellettuale. La comunità del Lbp è sempre stata tesa a creare una
situazione come "Picard e Daton su El-Adril", il cui risultato sarebbe
stato una tipologia completamente nuova di folk hero, eroe mosso sulla
scena del mondo dai più importanti settori dell'odierno lavoro vivo,
quelli che di fatto rappresentano al meglio lo sviluppo del cervello
sociale. Luther Blissett è stato un primo esperimento, certo coi suoi
difetti, ma importante, perché tendeva al superamento della miseria,
della completa assenza di adeguati miti di lotta, della cristologia
d'accatto dei Che Guevara da T-shirt. Diventa anche tu Luther Blissett!
Note
1 Cfr, tra le tante fonti di questo genere, il Rapporto Italia 1999
dell'Eurispes, scheda 41 (L'insurrezione invisibile: il caso Luther
Blissett), pagg 723-748.
2 Nella vita reale, un calciatore giamaicano di nome Luther Blissett
ebbe una certa notorietà in Italia giocando da centravanti nel Milan
nella stagione 1983-84.
3 Per saperne di più sul fenomeno Luther Blissett: Luther Blissett,
Mind Invaders. Come fottere i media, Castelvecchi, Roma, 1995; Luther
Blissett, Totò, Peppino e la guerra psichica. Materiali dal Luther
Blissett Project, AAA, Udine, 1996; Luther Blissett, Lasciate che
i bimbi. "Pedofilia": un pretesto per la caccia alle streghe, Castelvecchi,
Roma, 1997; Luther Blissett, Q, Einaudi, Torino, 1999; Luther Blissett
Project, Nemici dello Stato. Criminali, "mostri" e leggi speciali
nella società di controllo, DeriveApprodi, Roma, 1999. I primi due
libri saranno presto ripubblicati da Einaudi nella collana Stile Libero.
4 Su come possano conciliarsi l'anti-individualismo di Blissett e
la difesa di un concetto apparentemente borghese come quello della
privacy, cfr Luther Blissett Project, Nemici dello Stato: criminali,
"mostri" e leggi speciali nella società di controllo, DeriveApprodi,
Roma 1999, pagg 165-169.
5 Alcuni giornalisti hanno descritto Luther Blissett come un "pirata"
o un "corsaro". E' un errore. Ok, la net-culture e le culture underground
ortodosse sono piene zeppe di metafore marinare e, certo, "pirata"
è anche chi riproduce illegalmente materiale protetto da copyright.
Ma Luther Blissett è un mito di terra. Non si respira aria salmastra
nei boschi. Il mare è lontano, magari un orizzonte utopico verso cui
il fuorilegge si muove gradualmente. Se c'è un elemento utopico nella
narrazione di Luther Blissett, si tratta dell'utopia della classe
criminale: "mettiglielo in culo e dattela a gambe", utopia malinconicamente
evocata nel film di Gary Fleder Cosa fare a Denver quando sei morto,
un gangster-movie i cui personaggi si salutano dicendo "Boat drinks!"
(nella versione italiana: "Al panfilo!"). E' il lieto fine di tutti
i film i cui protagonisti riescono a fare il colpo grosso (una truffa,
o una rapina): nell'ultima sequenza, li si vede alle Antille, in barca,
col Daiquiri nel bicchiere. E' ovvio che "boat drinks!" può solo essere
una sotto-mitologia propulsiva, non un progetto realistico, perché
non c'è più alcun "altrove", la miseria è dappertutto. A questo proposito,
è molto istruttivo l'epilogo di Getaway di Jim Thompson. A qualcuno
è andata bene: Ronald Biggs, l'inglese che fece la grande rapina al
treno del 1963, scappò in Brasile e, a quanto mi risulta, è ancora
lì. Ma il Waldganger è troppo lontano dal mare, anzi, solo chi sta
nel bel mezzo della terraferma può coltivare "boat drinks!" come la
propria utopia. ..
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