CAMERA DEI DEPUTATI N. 7258
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
CANGEMI, VALPIANA, NARDINI, LENTI, VENDOLA, BONATO, GIORDANO, MALENTACCHI

Introduzione del divieto delle terapie elettroconvulsivanti
Presentata il 26 luglio 2000 (e sparita nelle nebbie del regime)

Onorevoli Colleghi! - La terapia elettroconvulsivante (TEC) o elettroshock, sperimentata per la prima volta nel 1938 per la cura di determinate malattie mentali, consiste nell'applicare alla teca cranica del paziente scariche elettriche molto brevi, di voltaggio elevato e di bassa frequenza, in modo da provocare una sorta di crisi epilettica. Caduta in desuetudine per i gravi rischi che essa comporta è tornata in auge verso la metà degli anni 80 negli Stati Uniti, allorché le compagnie assicurative introducevano nei contratti una clausola in base alla quale esse avrebbero pagato agli assicurati il ricovero per non più di sette giorni, decorsi i quali la copertura assicurativa sarebbe scattata solo nel caso di necessità di interventi maggiori, quali per esempio quelli chirurgici.
In psichiatria, l'unico intervento maggiore che avrebbe giustificato la prestazione assicurativa anche oltre i primi sette giorni di ricovero è l'elettroshock, che da allora ha pertanto conosciuto una fase di espansione e di rivalutazione.
In realtà, gli orientamenti attualmente prevalenti nel campo della salute mentale richiedono che la malattia venga trattata evitando, tra l'altro, interventi terapeutici fini a se stessi, separati da un quadro più generale di intervento integrato in tutte le fasi della malattia. La nota del Ministero della sanità alle regioni del 15 febbraio 1999 sulla terapia elettroconvulsivante riconosce che tale terapia si colloca al di fuori dell'orientamento descritto; nonostante le innumerevoli ricerche svolte in materia non risultano ancora chiari i meccanismi di azione della TEC e tra gli stessi fautori della terapia non vi è omogeneità di vedute in ordine all'efficacia ed alle modalità di somministrazione della stessa.
"Inoltre, contrariamente a quanto ritenuto in passato, si ritiene oggi che la convulsione generalizzata non sia sufficiente a spiegare l'efficacia terapeutica del metodo e che siano fondamentali altri fattori".
A ciò si aggiunge l'invito del Comitato nazionale per la bioetica a ricercare metodi alternativi di cura per alleviare il disagio mentale (parere sull'eticità della TEC, 1995).
Se sono, quindi, dubbi gli effetti positivi, non altrettanto può dirsi per i danni che la terapia elettroconvulsivante arreca. In primo luogo, la letalità della TEC, sempre secondo la nota del Ministero della sanità, è di circa 2-3 per 100 mila applicazioni somministrate e di 1 per 10 mila pazienti trattati. Sono state poi riscontrate lesioni celebrali, perdita di memoria (a volte transitoria) e di identità e, comunque, nell'80 per cento dei casi il paziente è soggetto a ricadute. L'elettroshock, pertanto, ben lungi dall'essere una terapia efficace, si caratterizza per l'invalidazione intellettiva e sociale che provoca ai pazienti, degradandone la dignità e compromettendone il reinserimento nella collettività. Sono, inoltre, noti gli abusi e gli usi impropri che sono stati fatti della TEC, nonostante la circolare del Ministero della sanità del 2 dicembre 1996 e la già citata nota del medesimo Ministero ne circoscrivano notevolmente l'applicabilità.
Occorre ricordare che l'elettroshock in Italia è legale, tanto che esistono a riguardo diverse sentenze.
La Corte di cassazione, sezione III penale, con sentenza n. 3136 del 15 dicembre 1972 ha fissato questa massima: "La terapia di elettroshock è terapia normale che non richiede la soluzione di problemi tecnici di speciale ed eccezionale difficoltà, ma solo l'osservanza scrupolosa di norme tecniche, di doveri di diligenza e di comune prudenza; il medico non va, quindi, esente nei casi di responsabilità di colpa lieve e risponde, a maggior ragione, della colpa grave quando dà prova di imperizia e di inescusabile negligenza".
Sottolineiamo che l'elettroshock, così come gli interventi di lobotomia o meglio di psicochirurgia (e cioè di chirurgia cranica attuata al fine non neurologico o comunque per patologia vascolare o traumatica o neoplastica o similari, bensì nel tentativo di intervenire sulla psiche del soggetto) sono tuttora rappresentati persino nell'elenco delle tariffe minime degli onorari professionali delle prestazioni medico-chirurgiche.
Per questi motivi la presente proposta di legge mira ad eliminare del tutto la somministrazione della terapia elettroconvulsivante, configurando come reato la condotta di coloro che la applicano o contribuiscono ad applicarla. L'articolo 2, infatti punisce tali comportamenti con la reclusione da cinque a dieci anni e con l'interdizione per due anni dall'esercizio della professione, pene che vengono raddoppiate nel caso in cui le terapie siano somministrate a persone incapaci di intendere e di volere.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. La Repubblica riconosce la tutela della salute mentale come diritto fondamentale del singolo e della collettività, garantito, nel rispetto della persona, dal Servizio sanitario nazionale.
2. In tutte le strutture sanitarie, pubbliche e private, è vietata l'applicazione delle terapie elettroconvulsivanti (TEC).

Art. 2.

1. Chiunque applichi, anche a seguito di esplicita richiesta del paziente, TEC è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con l'interdizione per due anni dall'esercizio della professione. Alla stessa pena soggiace chi, con il proprio comportamento, agevoli o comunque renda possibile l'applicazione delle citate terapie.
2. Nel caso in cui dall'applicazione delle TEC dovessero derivare lesioni permanenti ovvero la morte del paziente l'interdizione dall'esercizio della professione è perpetua.
3. Le pene previste al comma 1 sono raddoppiate qualora il fatto sia commesso nei confronti di soggetti incapaci di intendere e di volere al momento della commissione del reato.