Onorevoli Colleghi! - La terapia elettroconvulsivante (TEC)
o elettroshock, sperimentata per la prima volta nel 1938 per la
cura di determinate malattie mentali, consiste nell'applicare
alla teca cranica del paziente scariche elettriche molto brevi,
di voltaggio elevato e di bassa frequenza, in modo da provocare
una sorta di crisi epilettica. Caduta in desuetudine per i gravi
rischi che essa comporta è tornata in auge verso la metà
degli anni 80 negli Stati Uniti, allorché le compagnie
assicurative introducevano nei contratti una clausola in base
alla quale esse avrebbero pagato agli assicurati il ricovero per
non più di sette giorni, decorsi i quali la copertura assicurativa
sarebbe scattata solo nel caso di necessità di interventi
maggiori, quali per esempio quelli chirurgici.
In psichiatria, l'unico intervento maggiore che avrebbe giustificato
la prestazione assicurativa anche oltre i primi sette giorni di
ricovero è l'elettroshock, che da allora ha pertanto conosciuto
una fase di espansione e di rivalutazione.
In realtà, gli orientamenti attualmente prevalenti nel
campo della salute mentale richiedono che la malattia venga trattata
evitando, tra l'altro, interventi terapeutici fini a se stessi,
separati da un quadro più generale di intervento integrato
in tutte le fasi della malattia. La nota del Ministero della sanità
alle regioni del 15 febbraio 1999 sulla terapia elettroconvulsivante
riconosce che tale terapia si colloca al di fuori dell'orientamento
descritto; nonostante le innumerevoli ricerche svolte in materia
non risultano ancora chiari i meccanismi di azione della TEC e
tra gli stessi fautori della terapia non vi è omogeneità
di vedute in ordine all'efficacia ed alle modalità di somministrazione
della stessa.
"Inoltre, contrariamente a quanto ritenuto in passato, si
ritiene oggi che la convulsione generalizzata non sia sufficiente
a spiegare l'efficacia terapeutica del metodo e che siano fondamentali
altri fattori".
A ciò si aggiunge l'invito del Comitato nazionale per la
bioetica a ricercare metodi alternativi di cura per alleviare
il disagio mentale (parere sull'eticità della TEC, 1995).
Se sono, quindi, dubbi gli effetti positivi, non altrettanto può
dirsi per i danni che la terapia elettroconvulsivante arreca.
In primo luogo, la letalità della TEC, sempre secondo la
nota del Ministero della sanità, è di circa 2-3
per 100 mila applicazioni somministrate e di 1 per 10 mila pazienti
trattati. Sono state poi riscontrate lesioni celebrali, perdita
di memoria (a volte transitoria) e di identità e, comunque,
nell'80 per cento dei casi il paziente è soggetto a ricadute.
L'elettroshock, pertanto, ben lungi dall'essere una terapia efficace,
si caratterizza per l'invalidazione intellettiva e sociale che
provoca ai pazienti, degradandone la dignità e compromettendone
il reinserimento nella collettività. Sono, inoltre, noti
gli abusi e gli usi impropri che sono stati fatti della TEC, nonostante
la circolare del Ministero della sanità del 2 dicembre
1996 e la già citata nota del medesimo Ministero ne circoscrivano
notevolmente l'applicabilità.
Occorre ricordare che l'elettroshock in Italia è legale,
tanto che esistono a riguardo diverse sentenze.
La Corte di cassazione, sezione III penale, con sentenza n. 3136
del 15 dicembre 1972 ha fissato questa massima: "La terapia
di elettroshock è terapia normale che non richiede la soluzione
di problemi tecnici di speciale ed eccezionale difficoltà,
ma solo l'osservanza scrupolosa di norme tecniche, di doveri di
diligenza e di comune prudenza; il medico non va, quindi, esente
nei casi di responsabilità di colpa lieve e risponde, a
maggior ragione, della colpa grave quando dà prova di imperizia
e di inescusabile negligenza".
Sottolineiamo che l'elettroshock, così come gli interventi
di lobotomia o meglio di psicochirurgia (e cioè di chirurgia
cranica attuata al fine non neurologico o comunque per patologia
vascolare o traumatica o neoplastica o similari, bensì
nel tentativo di intervenire sulla psiche del soggetto) sono tuttora
rappresentati persino nell'elenco delle tariffe minime degli onorari
professionali delle prestazioni medico-chirurgiche.
Per questi motivi la presente proposta di legge mira ad eliminare
del tutto la somministrazione della terapia elettroconvulsivante,
configurando come reato la condotta di coloro che la applicano
o contribuiscono ad applicarla. L'articolo 2, infatti punisce
tali comportamenti con la reclusione da cinque a dieci anni e
con l'interdizione per due anni dall'esercizio della professione,
pene che vengono raddoppiate nel caso in cui le terapie siano
somministrate a persone incapaci di intendere e di volere.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. La Repubblica riconosce la tutela della salute mentale come
diritto fondamentale del singolo e della collettività,
garantito, nel rispetto della persona, dal Servizio sanitario
nazionale.
2. In tutte le strutture sanitarie, pubbliche e private, è
vietata l'applicazione delle terapie elettroconvulsivanti (TEC).
Art. 2.
1. Chiunque applichi, anche a seguito di esplicita richiesta
del paziente, TEC è punito con la reclusione da cinque
a dieci anni e con l'interdizione per due anni dall'esercizio
della professione. Alla stessa pena soggiace chi, con il proprio
comportamento, agevoli o comunque renda possibile l'applicazione
delle citate terapie.
2. Nel caso in cui dall'applicazione delle TEC dovessero derivare
lesioni permanenti ovvero la morte del paziente l'interdizione
dall'esercizio della professione è perpetua.
3. Le pene previste al comma 1 sono raddoppiate qualora il fatto
sia commesso nei confronti di soggetti incapaci di intendere e
di volere al momento della commissione del reato.