Nell'avviare un discorso sulla follia si dovrebbe partire da molto
lontano. Non sembra giusto iniziare senza citare il primo grande
psicologo del mondo occidentale, Platone, il quale fece alcuni commenti
degni di nota su di essa. Egli ci dice che Socrate enumerò
quattro specie di follia che esprimevano una saggezza più
profonda di quella del mondo: la profezia, l'iniziazione, la
follia dei poeti e quella degli amanti. Nel Fedro, Platone scrive:
« di quanto la mantica è più
perfetta dell'oionistica... di tanto la testimonianza degli antichi
considera superiore lo stato di delirio che viene da un dio che
il senno ch' è proprio degli uomini. Ma in secondo luogo,
in occasione di malattie e pene grandissime, che colpirono i membri
di certe stirpi appunto per qualche antica colpa, I'esaltazione
divina apparve in coloro in cui doveva e, profetando, assicuro la
liberazione di quei mali, ricorrendo a preghiere e riti per gli
dei. Onde con purificazioni e iniziazioni rese immune per il presente
e I'avvenire il sofferente, assicurando, per chi fosse invasato
e posseduto dal vero delirio, la liberazione da ogni male presente.
V'è una terza forma di esaltazione e delirio, di cui sono
autrici le Muse. Questa, quando occupa un'anima tenera e pura, la
sollecita e la rapisce nei canti e in ogni altra forma di poesia...
Ma chi giunga alle soglie della poesia senza il delirio delle Muse,
convinto che la sola abilita lo renda poeta, sarà un poeta
incompiuto e la poesia del savio sara offuscata da quella dei poeti
in delirio ».
Socrate non faceva del semplice sarcasmo, perchè il suo
elogio della follia era parte integrante della dottrina della «
reminiscenza »; allorchè I'anima entra nel mondo, tende
a dimenticare la visione precedentemente acquisita della luce divina
e deve entrare in questi stati straordinari di follia per riacquistare
cio che ha perduto.
E' possibile che le cose stiano come questa antica saggezza ha intuito?
Nello stato non razionale, trova la psiche qualche profonda «
reminiscenza » ed entra essa in contatto con una visione del
significato delle cose altrimenti perduta? Coloro che hanno esperienza
di sostanze psichedeliche o delle tecniche di meditazione nutrono
pochi dubbi in proposito, essendo giunti alle stesse conclusioni
cui siamo pervenuti attraverso lo studio della follia psicotica.
Platone parlava della
psiche non razionale come di « stati alterati di coscienza
», più che di psicosi in quanto tale, ma è
possibile applicare lo stesso principio allo studio della schizofrenia?
Abbiamo più il diritto di considerare questo stato come mero
disturbo e malattia mentale? Che dire allora del fatto che alcune
persone emergono da un simile episodio « meglio di prima »,
come ha detto uno psichiatra ?
Continua >>>>>
|
|