L'aspetto nascosto della malattia mentale
John Weir Perry

Nell'avviare un discorso sulla follia si dovrebbe partire da molto lontano. Non sembra giusto iniziare senza citare il primo grande psicologo del mondo occidentale, Platone, il quale fece alcuni commenti degni di nota su di essa. Egli ci dice che Socrate enumerò quattro specie di follia che esprimevano una saggezza più profonda di quella del mondo: la profezia, l'iniziazione, la
follia dei poeti e quella degli amanti. Nel Fedro, Platone scrive: « di quanto la mantica è più perfetta dell'oionistica... di tanto la testimonianza degli antichi considera superiore lo stato di delirio che viene da un dio che il senno ch' è proprio degli uomini. Ma in secondo luogo, in occasione di malattie e pene grandissime, che colpirono i membri di certe stirpi appunto per qualche antica colpa, I'esaltazione divina apparve in coloro in cui doveva e, profetando, assicuro la liberazione di quei mali, ricorrendo a preghiere e riti per gli dei. Onde con purificazioni e iniziazioni rese immune per il presente e I'avvenire il sofferente, assicurando, per chi fosse invasato e posseduto dal vero delirio, la liberazione da ogni male presente. V'è una terza forma di esaltazione e delirio, di cui sono autrici le Muse. Questa, quando occupa un'anima tenera e pura, la sollecita e la rapisce nei canti e in ogni altra forma di poesia... Ma chi giunga alle soglie della poesia senza il delirio delle Muse, convinto che la sola abilita lo renda poeta, sarà un poeta incompiuto e la poesia del savio sara offuscata da quella dei poeti in delirio ».

Socrate non faceva del semplice sarcasmo, perchè il suo elogio della follia era parte integrante della dottrina della « reminiscenza »; allorchè I'anima entra nel mondo, tende a dimenticare la visione precedentemente acquisita della luce divina e deve entrare in questi stati straordinari di follia per riacquistare cio che ha perduto.
E' possibile che le cose stiano come questa antica saggezza ha intuito? Nello stato non razionale, trova la psiche qualche profonda « reminiscenza » ed entra essa in contatto con una visione del significato delle cose altrimenti perduta? Coloro che hanno esperienza di sostanze psichedeliche o delle tecniche di meditazione nutrono pochi dubbi in proposito, essendo giunti alle stesse conclusioni cui siamo pervenuti attraverso lo studio della follia psicotica. Platone parlava della
psiche non razionale come di « stati alterati di coscienza », più che di psicosi in quanto tale, ma è
possibile applicare lo stesso principio allo studio della schizofrenia? Abbiamo più il diritto di considerare questo stato come mero disturbo e malattia mentale? Che dire allora del fatto che alcune persone emergono da un simile episodio « meglio di prima », come ha detto uno psichiatra ?

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