LA RIABILITAZIONE COGNITIVA ALL’INTERNO DELLA RSA DELLA CASA DI RIPOSO PER MUSICISTI FONDAZIONE G. VERDI (Carlo Scovino)

Tracce e spunti di riflessione

PREMESSA

Con il presente articolo si intendono presentare degli spunti di riflessione in riferimento ad alcuni interventi messi a punto all’interno di una RSA che rappresenta un unicum all’interno del panorama internazionale per la sua storia, per la sua fisionomia e per il suo caring .

La Casa di Riposo per Musicisti "G. Verdi" nasce per un atto di grande generosità di Giuseppe Verdi, che preoccupato per quanti grandi musicisti finissero la propria vita in miseria, la fece costruire a sue spese. Il grande Maestro usò spesso definire Casa Verdi (come affettuosamente viene tuttora definita sia dagli Ospiti che dai dipendenti) "l’opera mia più bella" lasciando ad essa tutti i diritti d’autore. Negli anni ’70 rischiò seriamente di fallire (i proventi dei diritti d’autore vennero dichiarati di dominio pubblico) e il contributo statale che sostituì tali proventi si dimostrò del tutto insufficiente al fabbisogno economico. Da allora la Fondazione Verdi si è rivolta alla solidarietà di musicisti, benefattori e associazioni private che da tutto il mondo sostengono Casa Verdi con donazioni e lasciti, anche in forma anonima.

All’interno della Casa risiedono 50 Ospiti- che hanno compiuto 60 anni ed esercitato l’arte musicale: maestri compositori, direttori d’orchestra, artisti del canto, ecc. - ripartiti tra Casa Albergo (autosufficienti) e RSA (non autosufficienti) e 22 giovani studenti di musica bisognosi e meritevoli, iscritti al Conservatorio di Musica di Milano e alla Scuola del Teatro La Scala (e ad altre scuole riconosciute in Milano).

Gli Ospiti concorrono alle spese di ospitalità in proporzione ai redditi dichiarati.

La capacità ricettiva di Casa Verdi è di 48 posti letto per la Casa Albergo e di 28 posti letto per la RSA. Le Camere (tutte con bagno) possono essere personalizzate con suppellettili portate direttamente dagli Ospiti.

L’accesso viene deliberato dal Consiglio d’Amministrazione, in base al possesso o meno dei requisiti richiesti statutariamente per l’ammissione, a cui fanno seguito le osservazioni dell’Unità di Valutazione Geriatrica diretta da un Direttore Sanitario.

LA RIABILITAZIONE COGNITIVA: elementi generali

La riabilitazione cognitiva è un insieme di interventi mirati ad ottenere un cambiamento attivo che tende a portare una persona disabile a raggiungere un livello ottimale di prestazione fisica, psicologica e sociale. Tale approccio consente ai caregivers (operatori sanitari, volontari, familiari, ecc.) e alle persone affette da demenza o AD una più adeguata opportunità nel convivere, gestire, ridurre, risolvere e fronteggiare i danni causati da deficit cognitivi.

Le tecniche e gli interventi previsti dai modelli compensatori tendono a incrementare l’autoefficacia e le abilità di coping, a potenziare l’autostima e ad aiutare le persone dementi a fare l’uso migliore possibile delle loro risorse individuali.

Tali risorse includono le capacità residue di apprendimento e di modificazione comportamentale e prevedono la disponibilità di supporti adeguati per adattare in maniera continuativa il rapporto tra grado di pressione ambientale e caratteristiche della risposta comportamentale. Pertanto le sollecitazioni- sia quelle dirette che quelle ambientali – devono essere rapportate al grado di abilità residue ed essere solo di poco superiori al livello di domanda al quale il soggetto si è adattato

Come risulta da molti studi effettuati le funzioni cognitive non sono compromesse in maniera omogenea e non vengono colpite con modalità tutto-nulla, ma secondo un pattern di progressivo impoverimento.

Tra i vari interventi e metodologie con approccio bio-psico-sociale messe a punto nel corso di molti anni di ricerca e studio si evidenziano in modo esemplificativo le seguenti: ( che non rappresentano la totalità degli approcci e quindi non pretendono di essere esaustivi)

  • la Terapia di Orientamento alla Realtà (ROT, Reality Orientation Therapy): ideata nel 1958 e successivamente sviluppata come tecnica specifica di riabilitazione per i pazienti confusi o con deterioramento cognitivo. E’ finalizzata a riorentare il paziente rispetto a sé, alla propria storia e all’ambiente circostante;
  • la Riabilitazione Neuropsicologica: i principali risultati sono stati riassunti da Backman, dimostrando che quando viene fornita una facilitazione cognitiva sia nella codifica che nel recupero dell’informazione, i pazienti con AD incrementano le abilità di memoria episodica;
  • Memory Training: vengono proposte tecniche di stimolazione più specifiche finalizzate a stimolare l’apprendimento procedurale motorio, sensoriale e cognitivo;

  • la Tecnica di Spaced-Retrieval: si caratterizza per il recupero di una stessa informazione ad intervalli di tempo crescenti (es. associazione nome-faccia, collocazione spaziale degli oggetti, programmazione delle attività quotidiane;
  • Ausili Mnesici Esterni: quali ad esempio diari, segnaposto, suonerie ed altri supporti mnesici;
  • Terapia di Reminescenza: gli eventi remoti rappresentano lo spunto per stimolare le risorse mnesiche residue e per recuperare esperienze emotivamente piacevoli;
  • Terapia di Rimotivazione: è una tecnica cognitivo-comportamentale il cui scopo consiste nella rivitalizzazione degli interessi per gli stimoli esterni, nell’indurre gli anziani a relazionarsi con gli altri e ad affrontare e discutere argomenti contingenti della realtà circostante;
  • Terapia di Validazione ( Validation Therapy): proposta da Feil nel 1967, tramite l’ascolto il terapista cerca di conoscere la visione della realtà del paziente, al fine di creare contatti emotivi significativi;

  • la Milieu Therapy: tra gli interventi comportamentali la Terapia Contestuale (MT) si propone di migliorare non tanto l’ambiente fisico quanto l’atmosfera sociale ed affettiva.

Esistono, tuttavia, tecniche cosiddette miste che prevedono l’utilizzo di procedure riabilitative che si servono di una combinazione di tecniche basate su principi differenti e/o mirate a obiettivi diversi.

Agli interventi che prevedono l’uso della musica e degli strumenti musicali dedicherò un paragrafo ad hoc in seguito.

MUSICA E STRUMENTI: IL RISVEGLIO DELL’ANIMA E DELLA MENTE?

La musicoterapia e l’animazione musicale sono due approcci riabilitativi che spesso coincidono e le linee di demarcazione appaiono sempre più sottili. Sono due metodologie che spesso si attraversano in territori comuni. Ambedue, attraverso il costante esercizio delle funzioni psicomotorie, mnemoniche, linguistiche, dell’apprendimento, discriminative, espressive e creative, sono in grado di stimolare effetti positivi sulla capacità di socializzazione e un generale miglioramento delle condizioni psicologiche.

Nella RSA di Casa Verdi (così come nella Casa Albergo) gli Ospiti, appartenenti alla quarta età e collocabili tra 85 e 100 anni, spesso riferiscono che la musica "cura" le loro anime anche se alcuni di loro non possono più suonare a causa di patologie legate all’età (artriti reumatoidi, ecc.) e non solo. Tale affermazione si riferisce non solo agli strumentisti (pianisti nella quasi totalità) ma anche ai parenti prossimi che per Statuto possono accedere a Casa Verdi e che hanno "respirato" la musica sia in casa che nei teatri.

Durante l’effettuazione del Laboratorio di Reminescenza n. 1 e n. 2, pur tenendo in considerazione il diverso deterioramento cognitivo e le diverse difficoltà motorie, quasi tutti gli Ospiti sono stati in grado di accennare un’aria famosa (e non solo di Verdi), o le note di alcune opere o il testo di "canzonette" del primo ventennio del novecento. La mimica facciale si mostrava più serena e meno contratta, la postura meno rigida, il tono dell’umore a fine sessione appariva sollevato e il clima generale del gruppo appariva più sereno.

Uno degli aspetti che viene sempre evidenziato dagli Ospiti è che esiste la "magia del palcoscenico" e che nonostante tutto tale dimensione rimane registrata ai livelli più profondi e intimi dell’anima nutrendo emozioni e sensazioni che sfuggono a qualsiasi classificazione e/o misurazione.

Gli spazi di lavoro della R.S.A. sono stimolanti:

  • foto di grandi musicisti, direttori d’orchestra, cantanti, danzatori, ecc. campeggiano su molti muri della RSA (ed anche della Casa Albergo) così come nella camere degli Ospiti,
  • un pianoforte è collocato nel salottino della RSA,
  • c’è la possibilità di ascoltare musica classica in cuffia e con un hi-fi……….

La volontà primigenia del Maestro Verdi (un luogo dove i musicisti potessero sentirsi non solo accuditi e accolti ma un luogo dove potessero anche rivivere e respirare la musica in tutte le sue espressioni) sembra permeare costantemente l’atmosfera accompagnando un quotidianità fatta anche di tempi organizzativi, di scadenze socio-sanitarie ecc. comunque necessarie.

La musica può creare soggettività: determinate musiche che sono diventate "nostre" perché consideriamo queste stesse musiche una parte integrante della nostra storia personale. Possiamo pensare a musiche di quel tipo come vere metafore di situazioni di vita o di periodi interi delle nostre esistenze.

La musica riesce a riprodurre a livello emozionale l’atmosfera di un ‘epoca o di uno stile di vita che abbiamo condiviso. Inoltre, in alcune situazioni, sembra creare sicurezza e protezione, come se riuscisse a ricostruire un ambiente "familiare", conosciuto o riconoscibile.

Nonostante il progressivo deterioramento delle sue facoltà cognitive e funzionali, come già dimostrato da molti studi, l’anziano anche se affetto da demenza è in grado di ricordare le melodie e spesso anche le parole di motivi che sono stati la colonna sonora della sua vita. Tali evidenze permettono alla Musicoterapica di muoversi laddove altre discipline terapeutiche basate sulla parola hanno meno efficacia. Secondo i ricercatori probabilmente il motivo è che la musica coinvolge l’individuo principalmente sul piano emozionale e non su quello cognitivo. E sono le emozioni a riportare a galla le parole di una canzone o il suono di uno strumento.

L’American Accademy of Neurology nel 2001 ha riconosciuto la Musicoterapica come una delle linee guida per migliorare le attività funzionali e ridurre i disturbi di comportamento.

ESPERIENZA DI RIABILITAZIONE COGNITIVA PER PERSONE AFFETTE DA DEMENZA E AD, OSPITI PRESSO LA R.S.A DELLA "CASA DI RIPOSO PER MUSICISTI" FONDAZIONE G. VERDI – MILANO settembre/dicembre 2004

PREMESSA

La possibilità di intraprendere progetti riabilitativi dedicati alle persone affette da demenza e AD è stata resa possibile grazie alla collaborazione della capo-sala, dell’assistente sociale, della psicologa e di alcune tirocinanti della Facoltà di Psicologia dell’Università di Pavia, degli Istituti Professionali "P. Frisi" e "B. Cavalieri" – Settore Servizi Sociali e della Scuola per Dirigenti di Comunità "A. Vespucci" .

Gli interventi posti in essere non sono stati inquadrati all’interno di precisi protocolli ma hanno tenuto in considerazione solo valutazioni di tipo riabilitativo/cognitivo. Per ambedue i Laboratori è stato effettuato un trattamento di riabilitazione neuropsicologica delle funzioni "residue" (attività tese ad allenare l’attenzione, la rappresentazione e percezione spaziale, la memoria semantica e a breve termine, il linguaggio con materiale "carta e pennarelli").

Anche se i tempi di osservazione e messa in opera dell’intervento sono stati relativamente brevi si è osservato che la perdita o il deterioramento della dimensione spazio-tempo-oggetto se opportunamente stimolata può essere quanto meno contenuta se non addirittura rallentata.

Gli Ospiti inclusi nei due progetti (in numero di 10) presentavano la seguente situazione:

  • demenza NAS,
  • malattia d’Alzheimer,

  • ipovisus,
  • ipoacusia,
  • disturbi comportamentali (non significativi al punto da escluderla dal trattamento, una sola persona),
  • anomia,
  • aprassia,
  • disorientamento topografico,
  • disturbi attentivi.

Il numero delle sessioni per ognuno dei due progetti, denominati "Laboratorio di Reminescenza" n. 1 e n. 2, è stato di 8 incontri di 30 minuti , svolti sia al mattino che nel pomeriggio. Il range del numero dei partecipanti è stato 10 – 7 (7 donne e 3 uomini). Il range di età è stato 102 – 78 anni. La scolarità presa in esame è stata quella "musicale" (diploma di pianoforte la quasi totalità dei partecipanti e i restanti ottime competenze nell’uso di uno strumento musicale).

INTRODUZIONE

Il termine reminescenza è il processo in cui emerge un ricordo o quello che ne resta.

Uno degli affetti positivi della reminescenza è il miglioramento della qualità di vita degli anziani affetti da demenza e delle loro relazioni con l’ambiente familiare e sociale.

Il contenuto della reminescenza è sempre personale e specifico; esso rappresenta una via rapida per conoscere ed apprezzare la persona coinvolta.

La rete delle connessioni neuronali che il morbo minaccia con le sue manifestazioni sintomatiche, viene allora integrata, appoggiata, sostenuta e a tratti sostituita (ma mai completamente) da un’altra rete: la rete intersoggettiva dei ricordi condivisi che ci dicono chi siamo stati, la rete dei frammenti delle tante storie che portiamo dentro, ecc. . La rete delle appartenenze, quindi, che mette in relazione la persona anziana ammalata con tutto il suo mondo passato, presente e futuro, rivitalizzandolo con lei e per lei.

La reminescenza intesa non solo come un "raccontare delle storie" realmente accadute ma come possibilità per riviverle e comparteciparle, emozionandosi e usando tutti i sensi.

Prima di avviare i due Laboratori è stato raccolto un ampio numero di informazioni a carattere biografico riguardante l’Ospite: oltre alla storia della loro malattia e dei suoi sintomi, si sono raccolte informazioni sugli avvenimenti importanti della loro vita, sul loro lavoro, sui loro amori, abitudini, ecc. . Sono stati coinvolti anche gli amici, i familiari e le figure professionali più a stretto contatto con gli Ospiti.

Tali dati sono stati raccolti in singole schede in modo da costruire un archivio ordinato e facilmente consultabile.

Talvolta tale archivio della memoria è stato ampliato anche da informazioni provenienti da altri Ospiti (molti di loro avevano lavorato insieme per alcuni periodi e condiviso momenti importanti).

METODOLOGIA

L’approccio metodologico ha previsto un setting gruppale: il conduttore ha adottato uno stile attivo che prevedeva la formulazione di domande e una sollecitazione empatica volta a stimolare gli Ospiti a rispondere seguendo dei turni di conversazione.

Spesso si sono anche usati oggetti relativi al periodo preso in esame (soprammobili, vestiti, una vecchia radio, un disco a 78 giri, ecc.) che venivano fatti toccare agli Ospiti stimolandoli a ricordare.

Ad ogni incontro venivano fornite le coordinate temporali (giorno della settimana, mese, anno e stagione) e veniva effettuata una breve presentazione degli Ospiti e degli operatori coinvolti che recavano un cartello colorato appeso al collo che riportava il proprio nome.

Lo spazio utilizzato è stato il salottino della R.S.A. .

Nel laboratorio n. 1 è stata usata una cartina geografica dell’Italia, disegnata su un foglio delle dimensioni di 4 x 4 metri, con le regioni ben definite ed indicate da grandi scritte. Le domande poste dal conduttore erano "dove è nato?" , "in che anno è nato?" , "dove ha trascorso la sua infanzia?", "in quali teatri si è esibito?", ecc. Mano a mano che venivano fornite le risposte venivano segnate sulla cartina apponendo delle etichette.

Nel laboratorio n. 2, oltre agli oggetti, ad ogni incontro veniva mostrato e fatto passare di mano in mano agli Ospiti un cartellone con evidenziato il decennio affrontato. Inoltre venivano incollate accanto alla scritta relativa al decennio tre o più fotografie rappresentanti episodi significativi e memorabili, accaduti in quel decennio.

Gli argomenti degli incontri erano così articolati: "dove era Lei in quel decennio?",, "cosa vi ricorda questo oggetto?", "vi ricordate di quell’ evento/personaggio mostrato sul cartellone?" ecc.

Le tracce dei due Laboratori sono state utilizzate per avere un tema con il quale iniziare ogni incontro, senza per questo essere intrappolati in uno schema rigido.

COMMENTO

L’unico strumento di screening è stato il Mini Mental State Examination (prima e dopo il trattamento). La scelta di tale test si è basata sul fatto che è un test semplice e di veloce esecuzione e fornisce la possibilità di verificare i livelli cognitivi che ci eravamo proposti di osservare.

Inoltre non essendo un protocollo ufficiale e avendo tempi di attuazione contingentati (il periodo del tirocinio di tutti gli operatori coinvolti) è stato individuato un percorso valutativo di semplice lettura.

Stante i dati raccolti con il MMSE si è osservato che il livello di ansia e di disorientamento S/T è risultato ragionevolmente migliorato.

Purtroppo non è stato possibile effettuare follow-up.

CONCLUSIONI

L’attività e i temi svolti hanno avuto lo scopo di favorire l’espressione di sé e si è cercato di convalidare tutti i sentimenti e le emozioni che sono stati espressi condividendoli con tutti i partecipanti.

L’aver raccolto informazioni biografiche e anamnestiche in precedenza ci ha permesso di fornire stimoli e sollecitazioni laddove l’Ospite appariva incerto nel rispondere alle domande formulate e al tema affrontato. Si è sempre cercato di tenere un clima rilassato ed una buona dose di senso dell’umorismo.

Il coinvolgimento degli OSS/ASA sin dalla fase costitutiva che durante il processo rimane un punto irrinunciabile affinché qualsiasi intervento messo in atto possa poi produrre,in una sorta di circolo virtuoso, un approccio che meglio risponda alle caratteristiche (e si badi bene, non solo in riferimento alle ADL ) di ogni singolo Ospite in un’ottica sempre più integrata degli interventi.

I micro-progetti fin qui presentati, pur non rispondendo alle linee guida di un protocollo specifico e pur non contemplando opportuni e maggiori dettagli di valutazione, dimostra altresì di come gli interventi di riabilitazione cognitiva abbiano una sua ragion d’essere con dimostrati effetti sulla riduzione e/o contenimento del deterioramento cognitivo.

Credo sia importante segnalare che la Casa di Riposo per Musicisti "G. Verdi" rappresenti un unicum non solo dal punto di vista storico/organizzativo ma anche dal punto di vista socio-sanitario-assistenziale. Mentre il PSAR prevede un educatore professionale/animatore sociale ogni 100 anziani (tale percentuale si commenta da sola), in Casa Verdi operano due educatori professionali ripartiti tra R.S.A. e Casa Albergo per un’impegnativa oraria individuale di 15 ore settimanali ciascuno. Tale opportunità ha dimostrato come il rapporto operatore/ anziano debba rispondere non solo alle esigenze di razionalizzazione delle risorse ma soprattutto alla qualità del servizio erogato, con benefici e misurabili effetti (non solo neuropsicologici, ma anche economici) sia nei riguardi dell’anziano, sia degli operatori coinvolti, sia dei familiari e più in generale dell’organizzazione del lavoro.

I risultati ottenuti, se pur parziali e limitati, non giustificano l’atteggiamento talvolta arrendevole e prevenuto che circonda spesso le demenze, atteggiamento che aggrava la penuria di stimoli a cui sono sottoposti le persone affette da demenza.

Alcuni operatori sanitari, di fronte a malattie progressive come la demenza, si pongono con un atteggiamento di passiva accettazione, non permettendo così al malato di sfruttare le sue potenzialità residue. Tale approccio influenza inevitabilmente i parenti, che rinunciano a stimolare il congiunto a mantenere la propria autonomia e si sostituiscono precocemente a lui, svolgendo anche quelle piccole mansioni, che il malato sarebbe ancora in grado di eseguire se opportunamente stimolato e supportato. Gli stessi pazienti, d’altra parte, se non stimolati "accettano" tale condizione, pur di non incorrere nell’ansia e nella frustrazione provocata dal fallimento del compito.

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