LE ASSURDITA' DEL TARIFFARIO DEGLI PSICOLOGI

1.   Distinzione fra prestazioni "nomadi" e da studio/impresa

 

Esiste una sostanziale differenza fra lo psicologo singolo che viene chiamato a svolgere una prestazione per un singolo utente o per un’organizzazione, presso le loro sedi, e la prestazione richiesta e contrattata con uno studio o un’impresa (associazione o altro) di servizi psicologici. La tariffa del primo caso va intesa come mera retribuzione, quella nel secondo caso deve comprendere i costi di gestione dello studio singolo o impresa associata. Una sede professionale col solo spazio arredato costa non meno di 20/30 milioni annui (affitto, spese, tasse, leasing arredi e attrezzature). Se la sede dispone di personale di segreteria, il costo raddoppia. Se i costi vengono calcolati come il 30% del fatturato, ciò vuol dire che questo deve essere calcolato fra i 70 ed i 150 milioni annui. Ove ciò non fosse ipotizzabile è necessario imputare i costi ben oltre il 30%.

2.   Distinzione fra junior e senior

 

Un tariffario non può basarsi su un massimo che è il doppio del minimo per il semplice fatto che in nessuna organizzazione il neo-assunto guadagna la metà dell’anziano dirigente. C’è una distinzione di anzianità fra un neo iscritto all’Ordine ed un professionista con 20 e più anni di esperienza. C’è una distinzione di qualità fra uno psicologo semplice, che magari fornisce prestazioni come lavoro integrativo di un altro lavoro, ed un professionista a tempo pieno con prestigiosi incarichi nazionali o internazionali, decine di pubblicazioni, un curriculum zeppo di clienti prestigiosi. O si trova il modo di svincolare i massimali in base a una documentazione d’eccellenza, oppure il rapporto fra minimo e massimo deve essere di almeno 4-5 volte.

3.   Distinzione fra tipi di clienti

 

Il tariffario non può esimersi dal fare distinzioni fra diverse tipologie di clienti. Un colloquio di assestment richiesto da un singolo disoccupato, non può costare come lo stesso colloquio richiesto per il dirigente di una multinazionale. Una prestazione chiesta da un’organizzazione non profit, come una Parrocchia o un’associazione genitori, non può essere vincolata a minimi irrealistici.

4.   Distinzione fra ore e giornate

 

La dizione spesso usata di “……a incontro” è estremamente ambigua. Il pagamento ad ore riguarda intanto solo alcuni professionisti, mentre molti sono pagati a giornata. Inoltre va specificata la durata dell’incontro, perché alcune prestazioni (incontri) si svolgono in 45 minuti, altre addirittura in due giornate. E il pagamento a giornata non puo' essere la semplice moltiplicazione per 8 della somma oraria: in certi casi (per esempio in trasferta) deve essere maggiore; in altri (per esempio per un lavoro di molte giornate) deve essere inferiore.

5.   Distinzione fra giornate sul campo, in sedi vicine e in ufficio

 

Il luogo dove viene erogata la prestazione è discriminante e spesso le prestazioni vengono effettuate in sedi diverse. Ci sono prestazioni effettuate presso la sede del cliente/utente: in tal caso occorre distinguere fra sedi vicine alla sede di lavoro del professionista e sedi lontane. Il problema non è risolvibile con un adeguato rimborso spese, ma tocca la retribuzione. Per esempio, una prestazione effettuata a Parma o Catania da uno psicologo che opera a Milano può essere di un’ora ma ne richiede 5/6 per il trasferimento; non consente il riutilizzo dei tempi di non lavoro; implica un pregiudizio anche per le attività familiari e di tempo libero.

6.   Distinzione sulle grandezze del “campo”

 

Non è chiaro come mai il criterio “a giornata” utilizzato per la Psicologia del Lavoro, non venga riproposto per la Psicologia di Comunità o per la Psicologia della Salute. Esiste una grande differenza fra un incontro di un’ora, un incontro di sera, un incontro in giorno festivo (casi non rari nella Psicologia di Comunità). Ma esiste un’enorme differenza fra predisporre un Progetto di Educazione Sanitaria per una Scuola Superiore o per una città di 70.000 abitanti o per un’intera Provincia; effettuare una ricerca in una casa di riposo o in un’area di 300.000 abitanti.

7.   Imprecisioni o equivoci semantici ?

 

La distinzione di aree è perlomeno discutibile e foriera di inutili complicazioni, oltre che ingiusta. Anzitutto le voci ascritte alla Psicologia della Salute possono essere inserite in quella di Psicologia di Comunità, essendo la prima un modo e la seconda un ambito della stessa professionalità. Un gruppo di incontro con adulti viene tariffato meno dello stesso gruppo con gli operatori: perché ? E se abbiamo un gruppo di operatori e volontari, quale tariffa è quella valida ? Un' analisi organizzativa definita di Psicologia del Lavoro vale una somma a giornata; la stessa cosa, fatta in ambito socio-sanitario viene ascritta alla Psicologia della Salute e vale la metà. La stessa pratica, nella scuola non è nemmeno ipotizzata. Un tariffario non dovrebbe interessarsi della denominazione di settore, peraltro molto arbitraria, bensì della tipologia della prestazione.

Sempre nel campo della Psicologia di Comunità e di Psicologia della Salute si parla di “gruppi di incontro”, con tariffe a incontro. A parte il fatto che il termine “gruppo di incontro”, indica una esperienza di almeno 10 ore, la genericità della dizione “per incontro” incorre nelle critiche già indicate sopra. Infine, è addirittura risibile una “verifica e valutazione dei risultati con relazione finale (ogni 50 partecipanti)” dalle 400 alle 800 mila lire, a meno che non si pensi ad una verifica a quiz con 3 domande. Se gli obiettivi non sono di mera informazione, ma anche di sensibilizzazione, il lavoro richiesto è di almeno 4 giornate di lavoro postea (senza parlare del tempo speso per la preparazione degli strumenti). Nelle categorie poi sono del tutto assenti interi ambiti come: la formazione psicologica, la psicologia del marketing e dei mass media, la psicologia politica e tutte le altre psicologie e metodiche che devono ancora essere inventate.

8.   CONCLUSIONI

 

Un tariffario è cosa troppo delicata per ammettere errori o ingenuità.

Se si tratta di evitare il dilagante sfruttamento dei giovani laureati, basta definire i minimi per ora e per giornata, per tipologie di operatore (giovane/anziano, singolo/associato), per sede di erogazione della prestazione (propria o del cliente/vicina o lontana). Non esiste alcun motivo valido per definire di minor valore un’ora spesa per un gruppo di insegnanti o un gruppo di medici o di managers o di genitori volontari. O per distinguere fra un questionario per la “valutazione di conoscenze e opinioni” che viene inserito fra i test psicologici, ed un questionario “valutativo degli apprendimento” che, siccome è inserito in altra categoria, vale la metà.

Se invece lo scopo del tariffario è quello di calmierare i massimi, si tratta di un’operazione soltanto dannosa, perché il mercato psicologico non è come quello medico o legale o notarile caratterizzati da vincoli e necessità. Il mercato psicologico è altamente negoziale e presenta una gamma di offerte infinite dal prezzo minimo al massimo. Vincolare i massimi significa alterare il mercato a danno dei traguardi già raggiunti dalla nostra categoria.

Infine, va sottolineato che un tariffario è un’operazione squisitamente professionale, che non riguarda altri che coloro che svolgono la professione privata. Sarebbe dunque opportuno che prima di giungere ad una normativa, siano sentiti i più accreditati professionisti in circolazione, in modo da adeguare verso l’alto e non verso il basso le tariffe dei colleghi. Sarebbe suicida limitare i massimi già raggiunti dai migliori professionisti con decenni di faticoso impegno per qualificare e nobilitare la professione.