L'Italia è perduta: prossima tappa, Terzo Mondo di Eva Zenith

Tutti coloro che inneggiano a un futuro imminente dell'Italia fuori dalla crisi, sono imbonitori da fiera.
Primo, perchè dalla crisi usciremo non prima di 20 anni (se va bene) e con un alto costo umano. Secondo, perchè uscire dalla crisi non significa che i suicidi "per crisi" torneranno a vivere; le migliaia di famiglie che hanno perso la casa la riavranno; le centinaia di migliaia di imprese chiuse riapriranno; i milioni di disoccupati troveranno lavoro.
L'Italia sta scivolando verso il terzo mondo e la crisi finirà solo quando si sarà rassegnata a farne parte. Naturalmente, il lettore liquiderà come "pessimismo" questa profezia, mentre chi scrive la trova molto realistica.

Il quadro è dato da un complesso sistema di cause e concause, ma il punto nodale è quello delle fonti di produzione della ricchezza, cioè l' impresa e il lavoro. La prosperità di un Paese è data soprattutto dal prodotto interno lordo e dalla occupazione. Alta produzione e alta occupazione, fanno un Paese benestante. L'Italia della Seconda Repubblica ha gradualmente perso le imprese e quindi l'occupazione. Una parte delle imprese ha delocalizzato per salvarsi. Una parte delle imprese è stata ceduta a capitale estero. Una parte delle imprese è uscita dal mercato (cioè, è morta): per la concorrenza straniera, per obsolescenza, per la crisi del mercato stesso.
Questa decrescita delle imprese, cioè delle fonti di produzione della ricchezza, ha avviato un circuito vizioso che non sembra avere fine, a breve termine: meno imprese > meno occupazione > meno consumi > meno entrate fiscali > più tasse > meno imprese. L'unica strategia possibile di mutazione del circolo vizioso in virtuoso, sta nella rigenerazione del tessuto produttivo di proprietà nazionale: più imprese > più occupazione > più consumi > più entrate fiscali > meno tasse > più imprese.

Purtroppo, come prima cosa, nessuna delle forze politiche oggi in campo ha una sola proposta per la rigenerazione del tessuto produttivo. E secondariamente, ammesso che arrivasse sulla scena un politico geniale e santo, non ci vorrebbero meno di 20 anni prima di vedere risultati. Vent' anni nei quali la "macelleria sociale" continuerà e i conflitti sociali potranno essere molto sanguinosi. L'Italia diventerà simile a un Paese del Terzo Mondo, come la Bolivia, l'Honduras o il Kenia. La famosa "imminente uscita dalla crsisi" dunque è una bufala, e dopo il tunnel gli italiani troveranno montagne di macerie e di morti, come dopo la guerra.