Lo Stato mondiale. Organismo e organizzazione di Ernst Junger

Prefazione di Quirino Principe | Titolo originale: Der Weltstaat. Organismus und Organisation | Traduzione di Alessandra Iadicicco | © Ernst Klett, Stuttgart 1980© | 1998 Ugo Guanda Editore S.p.A.



11. La corsa ai mezzi titanici e il loro impiego, per citare un particolare, non fa parte delle norme stabilite da popoli e Stati per governare le loro relazioni di guerra e di pace. I viaggi nello spazio e la ripartizione tradizionale della terra sono evidentemente in contraddizione tra loro. L’aeroplano dovrebbe assomigliare a un uccello, che per sua natura non conosce confini, e lo spazio cosmico dovrebbe essere ancora più libero dell’oceano. E tuttavia il traffico aereo si lascia ancora riportare a un ordine governato dal diritto intemazionale. Sembra però che ciò non sia più possibile per i viaggi spaziali; per stabilire lo statuto giuridico di un satellite non sono sufficienti né il diritto romano, né il diritto internazionale. Non è che un esempio del progressivo approssimarsi nel nuovo che sopraggiunge.

Per i viaggi spaziali non sono sufficienti le esperienze giuridiche, e nemmeno le esperienze di tipo fisico, su cui si fonda il diritto. Qui l’uomo, quale che sia la sua provenienza, entra in gioco in quanto figlio della terra e in quanto suo messaggero. Egli segue gli animali che manda avanti in perlustrazione perché gli indichino le tracce. Il cane lo precedeva già al tempo delle sue prime cacce.

Solo nell’allontanamento apparirà chiara al figlio l’unità della madre, e l’amore di lei, che egli condivide con le creature animate e con quelle inanimate. Nessuna nostalgia può essere più grande. Questa strada conduce non solo a una grande distanza, ma anche a nuovi, centrali luoghi sacri.

12. La similarità delle due potenze mondiali, come è meglio chiamarle per distinguerle dalle grandi potenze storiche, non è solo un segno del comune stile del tempo e di ciò che di esso appare in superficie, ma di una sostanziale evoluzione. Il fatto che due partner così diversi nel tipo e nella provenienza possano essere considerati contemporaneamente dimostra che essi vengono compresi alla radice.

All’osservatore che abbia riconosciuto non solo la similarità, ma addirittura l’identità della stella rossa e di quella bianca appare evidente che tale situazione di fatto richiede di trovare espressione nell’organizzazione della terra, magari per mezzo di un contratto. Intanto le iniziative che sono state prese praticamente in questa direzione sono deboli e impotenti, come la Società delle Nazioni del primo dopoguerra. Ciò che si impone in modo decisivo è il dualismo; questo ci porta a pensare a un’epoca in cui la tensione costituisce un momento di costruzione. Ciò che accomuna i movimenti politici a quelli erotici è il fatto che né gli uni né gli altri sono governati dalla ragione. Essi affondano in uno strato più profondo; in essi si manifesta una volontà più forte.

Sarà bene dunque, anche in questo caso, non aspettarsi troppo da conferenze, progetti, contratti, e confidare piuttosto in impulsi di portata più ampia. È in corso evidentemente un movimento del mondo alla ricerca di un punto di equilibrio. Esso ha infranto l’ordinamento dello Stato barocco in favore degli Stati nazionali e degli imperi che su essi furono fondati e, successivamente, ha eliminato gli Stati nazionali, lasciando libero il campo per le potenze mondiali. Ma anche questo stato di cose non sopporta alcuna forma di pluralità: di qui l’origine dell’attuale inquietudine. Dall’attuale divisione degli Stati mondiali esso spinge verso lo Stato mondiale, verso un ordinamento planetario o globale.

Tale crescita è connessa a una fame di sempre maggiori quantità di energie. Una creatura ancora in embrione, crescendo, attrae verso di sé il flusso del sangue e delle forze della terra; il singolo può avvertire l’attrazione di questo risucchio, per quanto viva ancora così nascosto, come lo avvertono gli Stati mondiali. Essi sono già attraversati da strade e da costruzioni che passano al di sopra del loro isolamento e lo superano.

Chi abbia riconosciuto tutto questo, guadagna in mezzo al movimento una posizione da cui è possibile giudicare quali mezzi, forme e costituzioni politiche siano conformi alla spinta di questo moto e vi contribuiscano, e quali no. Se tutto questo fosse stato compreso per tempo in Germania, tenendo conto delle idee dominanti e dei possibili alleati confederati, si sarebbe risparmiato a quella terra di intraprendere violente vie traverse e di versare tanto sangue.

13. Nella politica nazionale tedesca era nascosta molta politica barocca, già negli interessi dei principi e nella relazione con l’Austria, e nella politica mondiale tedesca era nascosta molta politica nazionale; per tale ragione essa rinunciò alla Russia come sua autentica pietra di paragone, e ciò accadde in tutte e due le guerre mondiali, tanto prima quanto dopo l'azione militare. Tale frammentazione è in netto contrasto con la potenza mondiale e planetaria della metafisica tedesca, la quale offre il quadro entro cui hanno luogo gli attuali conflitti; si potrebbe addirittura dire che per costituire questo quadro siano state impiegate solo una parte delle forze, soprattutto quelle del sistema hegeliano, e che potenti riserve di pensiero siano rimaste inattive.

L’attuale divisione è un’espressione esteriore di questa spaccatura che corre più in profondità e raggiunge un passato lontano. Essa ha fatto in modo che la Riforma e le rivoluzioni non si siano risolte, come in Inghilterra o in Francia, secondo l’alternativa «questo o quello», ma siano rimaste sospese secondo la formula «tanto questo quanto quello», e che la costruzione di uno Stato nazionale, come nel caso dell’Italia, non sia riuscita immediatamente. Ciò che nel 1848 i principi e il popolo hanno fallito e ciò che sarebbe stato accolto dal mondo in quanto si trovava in una corrente di attrazione mondiale, non poteva essere recuperato in un secondo momento. L’ora propizia era già perduta.

Queste restano retrospettive storiche. Si potrebbe entrare nei dettagli. Il «tanto questo quanto quello», di cui così spesso, in certe situazioni attuali, ci si lamenta, nasconde certamente qualcos’altro, qualcosa di più. Si cela in esso il destino del centro, a partire dal quale non si possono dare risposte così univoche e nemmeno così semplici, come dalle zone più periferiche. Tale destino ha comportato il fatto che qui lo Stato nazionale non abbia potuto costituirsi in modo così credibile come in altri paesi e che di fronte a esso si sia sempre conservata una forma di incertezza, che ancora oggi si manifesta di fronte ai suoi simboli, come la bandiera o l’inno. Lo Stato nazionale non ha mai realmente affondato qui le radici.

Il fatto che la linea di divisione del mondo divida il Paese e la sua capitale in due metà ha poi certamente qualche connessione con questo destino. Si tratta di qualcosa di più che di un destino nazionale, è in assoluto un destino mondiale e come tale sarà compreso.

14. Il grande movimento che va aumentando la sua accelerazione non coinvolge il destino di questo o quel popolo, ma di tutti i popoli e dell’uomo in quanto tale. Anche questo sarà compreso; fa parte di quei fatti di cui si fa carico la coscienza generale.

Tale tema conduce molto più in là. A proposito dello Stato trovano posto qui alcune riflessioni. È noto che i contemporanei sono inclini a sopravvalutare l’attuale processo, specie se connesso con le catastrofi. Il tempo sembra allora acquistare maggior velocità, come nelle cataratte, in cui l’acqua cade più rapidamente. Ma le catastrofi, per quel tanto che possiamo volgerci a considerarne gli effetti nel passato - e oggi possiamo di molto arretrare con lo sguardo nel passato - hanno cambiato di poco l’aspetto dell’uomo e ne hanno appena minacciato l’esistenza. Si può anzi supporre che, come le glaciazioni o quelle calamità che produssero migrazioni di popoli, ne abbiano rafforzato l’habitus e vi abbiano impresso un’impronta più netta. L’uomo, in quanto specie, procede intatto oltre il tramonto delle generazioni, attraverso popoli e civiltà.

L’angoscia del nostro tempo non ha però a che vedere con il tramonto degli individui e dei popoli, ma con l’estinzione della specie. Le forme di questo tramonto sono strettamente connesse con l’intelligenza umana e con le sue decisioni. Con ciò non si pensa tanto alla questione della salvezza, come era il caso delle visioni apocalittiche di un tempo, ma a un atto mancato dell’intelletto.

Questo tipo di considerazione nasconde l’autentica profondità dell’abisso, dal momento che restringe la valutazione della situazione alla cornice riempita da movimenti intelligenti e volontari. Le sfugge il fatto che questa stessa cornice è coinvolta nel movimento. Ne consegue che la dimensione del pericolo viene sottovalutata, come anche le riserve che sono a disposizione.

Il movimento non ha dunque luogo soltanto all’interno della cornice, ma anche al di sotto di essa. È questa la ragione di fondo per cui quei concetti che vengono a costituite il quadro di riferimento, come guerra e pace, tradizione e confine, hanno incominciato a spostarsi in modo tale che la conoscenza storica non dispone più degli strumenti per darne conto. Si spiega così il carattere sperimentale della politica attuale. Non si è trasformata soltanto la situazione politica; tali trasformazioni sono infatti normali e costituiscono da sempre il materiale che i politici devono padroneggiare o hanno padroneggiato. Coinvolta nella precipitosa trasformazione è piuttosto l’organizzazione storico-politica di fondo, e ciò spiega di nuovo le ragioni dell’incapacità di farsi padroni della situazione, spiega quei vistosi fenomeni che si attribuiscono a un atto mancato dell’intelletto, e quelle fenditure che, in tal modo, vediamo spalancarsi tra ciò che è «buono» e ciò che è «secondo giustizia», tra ciò che è stato deciso e ciò che è secondo ragione. Tali fratture provengono da una tettonica più profonda di quella del terreno politico, perciò vengono meno le soluzioni che a questo livello è possibile trovare.

L’intelletto umano è affidato all’esperienza; dove questa lo abbandona comincia l’esperimento. Ciò può produrre disorientamento, soprattutto nel tempo in cui domina l’intelletto che ha liberato tanto lo Stato quanto la società dai riti ricevuti in eredità e ne ha determinato la forma attraverso la conoscenza. Si crea così un beffardo doppio gioco tra una libertà dello spirito divenuta quasi assoluta e la sua impotenza di fronte alla forza cogente del nuovo mondo che si impone.

Proprio l’estrema evoluzione dello spirito umano lascia sperare che l’uomo sia in grado di spingere la propria capacità di comprendere al di là di se stesso, per cogliere gli eventi con uno sguardo che unisca l’acutezza della conoscenza critica con la divinazione. Solo in questo modo sarebbe possibile comprendere quella componente del grande movimento della terra che si sottrae al libero volere; ed è appunto solo in questo modo che si può determinare che cosa la libertà del volere, interna a questo movimento e da questo stesso promossa, sia in grado di compiere e quali difficoltà debba aspettarsi di incontrare. Diverrebbe soprattutto possibile tracciare un confine tra ciò che, nell’insieme degli eventi che si propongono prepotentemente sulla scena, si può caratterizzare come un’opera dell’uomo e ciò che invece sfugge al suo controllo: sia che si consideri l’opera dell’uomo come un momento della sua emancipazione, sia che, al contrario, si guardi alla crescita colossale dell’intellig
enza umana e dei suoi progetti come a un fenomeno provocato da impulsi di altro tipo, che si suppone trovino il loro spazio al di sotto della politica, della storia e degli ordinamenti umani tout court.

15. Compaiono forse, nella nostra breve memoria della storia del mondo, fenomeni paragonabili alle potenze mondiali e allo Stato mondiale che va annunciandosi?

A questa domanda non si può rispondere né in modo assolutamente negativo, né in modo assolutamente affermativo. Per rendere più chiaro questo paradosso occorre gettare un rapido sguardo sul moto del ritorno. In esso non si verifica soltanto una ripetizione ritmica, ma un avvicendarsi qualitativo. Tale elemento può avere il carattere di una potenza, come quando, ad esempio, con l’inizio di un nuovo anno non si apre solo un nuovo decennio, ma anche un nuovo millennio. Da un punto di vista puramente numerico, si verifica in questo caso semplicemente la ripetizione del fatto che la data finisce con lo zero. Sostituendo l’ultima cifra del numero si produce una sostituzione a tre livelli. L’avvicendarsi può riguardare anche la sostanza, ad esempio quando la figura del padre ritorna in quella del figlio, come Filippo che ritorna in Alessandro e, allo stesso tempo, ritorna, in quanto antenato mitico, nel figlio, affidandogli le sorti del mondo. Anche la pura ripetizione, inoltre, può condurre a una trasformazione qualitativa, come quando nel processo in cui «la goccia scava la pietra» si raggiunge il punto in cui la pietra viene perforata e la goccia può proseguire libera la sua caduta. Tale considerazione conferisce un aspetto particolare anche ai mondi più monotoni: ogni moto di rotazione ha ancora, al di là del suo carattere di ripetizione puramente meccanica, un significato nascosto, che conduce all’ingresso di qualcosa d’altro che sopraggiunge e che conferisce un orientamento alla ripetizione stessa.

In questo senso e con questa delimitazione va inteso il paragone dei nostri attuali conflitti con la situazione di guerra civile mondiale che prelude all’età augustea. Spengler e altri hanno dato una sufficiente fondazione di tale paragone; esso si regge su un’intima parentela, un autentico ritorno e non su di una esteriore similarità, quale potrebbe essere invece la relazione con le guerre puniche o con l’età della Rinascita.

Il paragone è calzante, ma non esauriente; con esso si comprende soltanto, per tornare all’esempio sopra menzionato, l’ingresso in un nuovo decennio che coincide però con l’entrata in un nuovo secolo e in un nuovo millennio, e forse nella dimensione di potenze ancora più grandi. Lo sguardo osserva la lancetta dei secondi che scatta sopra il segno che divide epoche grandi, eoni forse.

In questo caso il riferimento alla memoria storica, o forse anche preistorica, non fornisce elementi sufficienti per un paragone.

16. Contro lo Stato ha sempre dominato una certa diffidenza. Fin dall’inizio le sue azioni e le sue imprese hanno destato timori che esprimono qualcosa di più che una semplice prudenza politica o una rivendicazione di particolarità. Non solo il singolo e le comunità cui naturalmente il singolo appartiene - come la famiglia, la stirpe, la tribù, il popolo - si vedono qui esposti a una sfida che li coinvolge nel profondo della sostanza e di cui occorre valutare con attenzione i vantaggi e gli svantaggi. La vita stessa si trova qui a uno dei suoi crocevia più importanti. In esso si incontrano organismo e organizzazione.

Si tratta di una scelta ardua che si spinge nel profondo, fin giù nelle cellule. Essa comporta guadagni e perdite. L’isolamento delle cellule fotosensibili, ad esempio, comporta un aumento della capacità di percezione e una perdita di sensualità, di forza erotica. Quando entro le specie viventi, come nel caso delle spugne, si costituiscono delle colonie, aumenta la sicurezza, ma si riduce la libertà degli individui impiegati in tali formazioni. Se tra gli insetti sociali l’ordinamento e la divisione del lavoro dà incremento all’economia in misura tale da rendere possibile l’accumulo di scorte di cibo, tale ricchezza è acquisita al prezzo di sorprendenti sacrifici. L’operaia è una piccola femmina mutilata, allevata ricorrendo a una serie di amputazioni; la minaccia di morte costituisce un modello di spietata ragion di Stato. Tra le termiti e le formiche ritroviamo forme che non solo precorrono l’agricoltura, ma anche l'idea di schiavitù.

Le iniziative tese alla formazione degli Stati possono ripartirsi in impulsi più o meno risoluti che si ripercuotono sull’ambito generale della vita, Occorre qui distinguere tra la reale statalizzazione e una pura socializzazione. Si può parlare della formazione di uno Stato quando un certo numero di alberi è raggruppato in un bosco? Non vi è dubbio che ogni singolo albero tragga il proprio vantaggio da questa coesione, sebbene essa comporti anche dei sacrifici. L’albero sacrifica infatti la libera crescita di quel manto di foglie che, nei tronchi isolati, arriva fino al suolo. Qualcosa di simile accade quando un gruppo di tribù si raduna a formare un popolo. Soltanto i rami degli alberi al margine del bosco raggiungono il terreno, offrendo così una barriera contro il vento, un riparo per tutto il gruppo.

Basta uno sguardo a un insediamento o a un gruppo umano qualsiasi per riconoscere immediatamente se vi domina lo Stato o la società. È importante conservare una capacità di giudizio per valutare le differenze, dal momento che qui si nasconde una di quelle fratture che danno origine a una perdita. Lo Stato non si limita a imporre la propria potenza sulla società, che ne costituisce sempre il sostrato, ma vi si insinua anche con l’astuzia e ne imita le forme.

L’inganno incomincia sin dall’attribuzione dei nomi, come quando ad esempio si attribuisce alla sfera della società fenomeni che, come confische, espropriazioni, raggruppamenti, pertengono per vocazione ed essenza al dominio dello Stato. Questo ricorda certi giochi di prestigio. Vediamo un oggetto che ci appartiene scomparire e ricomparire inaspettatamente da un’altra parte.

17. Il modo in cui nel regno animale si ripartiscono le iniziative di formazione degli Stati ha qualcosa di casuale. Ricorda un po’ la divisione dei numeri primi nel mondo dei numeri. Forse anche in quest’ambito, come in quello, si scoprirà una qualche regolarità. Non c’è dubbio che sussistano delle relazioni tra le caratteristiche degli organismi e la loro organizzabilità; la capacità di sviluppare tessuti cornei, fossili o minerali ne costituisce uno dei presupposti, se non addirittura l’unico. Il principio che agisce per formare un’organizzazione si serve di preferenza di elementi inorganici per realizzare costruzioni organiche, come quelle, spesso magnifiche, che compaiono tra i gruppi «inferiori». Chi osservi un radiolare, un cuoretto o il guscio di un riccio di mare ha l’impressione che agiscano qui forze che dimorano al di là della vita, che può darsi forniscano un’impronta di ordine e di armonia non tanto al mondo inorganico, quanto piuttosto a un mondo sovraorganico.

Forse questo ha qualche relazione con il fatto che, man mano che si sale a livelli più evoluti del regno animale, la costruzione degli Stati sembra farsi più rara. Anche per quanto riguarda la pura organizzazione, per gli insetti il problema sembra perfettamente risolto. Ciò non va trascurato, se si vuole caratterizzare l’uomo in quanto zoòn politikón. La decisione che per altre razze è già stata presa è per lui ancora sospesa, lo stampo è ancora fluido, e questo rappresenta la sua salvezza. Di conseguenza egli può condurre, in modo pedagogico e da autodidatta, uno studio sulla formazione degli Stati, tanto all’interno del regno degli animali, quanto entro il quadro offerto dalla sua propria storia: è il suo libro illustrato.

Nella formazione degli Stati non è possibile rinvenire alcun genere di progresso: questo significa cioè che le forme perfette non compaiono solo a un livello evoluto di sviluppo, né caratterizzano solo determinati ambiti del regno animale. Accanto alle specie sociali se ne trovano altre, con esse strettamente imparentate, che vivono una vita solitaria.

18. La formazione di Stati non si fa più frequente man mano che si sale nel sistema. Si può piuttosto osservare il contrario. Non è raro che i vertebrati si riuniscano in società, come gli uccelli che costruiscono colonie di nidi, ma questo non ha alcun rapporto con l’autentica statalizzazione. I momenti di socialità vanno di poco al di là delle fatiche condivise nell’allestimento della tana, come nel caso dei castori che, nella foresta primordiale, si costituiscono in gruppi di famiglie. È curioso osservare il castoro nel ruolo di fornitore di acqua o di costruttore edile. Per regolare il livello dell acqua esso dispone ad arte ampie e larghe dighe. In questo modo, attorno alla sua dimora, non solo i ruscelli vengono a formare uno stagno, ma, con l'abbattimento degli alberi impiegati per realizzare la costruzione, vengono a crearsi anche i «prati del castoro», ampie radure che si aprono nella foresta. Alcuni scavi hanno dimostrato che queste colonie raggiungono un’età paragonabile a quella delle nostre città. Questo caso merita certamente attenzione, dal momento che la cura per il rifornimento dell’acqua è anche una delle cause originarie della formazione dello Stato umano. Il lavoro del castoro può esserne considerato come una prefigurazione o come un inizio. Esso è anche il primo costruttore di palafitte.

Il fatto che, tra i mammiferi e tra gli uccelli a essi prossimi, non solo in senso filogenetico, la formazione degli Stati incontri ostacoli notevoli, ha le sue precise ragioni nella cura dei piccoli che è loro propria. Essa è infatti individuale e non collettiva, come invece nelle più evolute forme di Stato delle termiti, delle api e delle formiche.

Perciò, quando nei popoli e nelle civiltà umane si tenta in maniera più ardita di formare uno Stato, la famiglia si rivela essere il vero punto cruciale dove esso può far presa e dove incontra resistenza. In modo più persistente e tenace di quanto non avvenga per l’esercito, l’economia, la chiesa e anche per l’individuo, la famiglia si sottrae alla trasformazione che la pianificazione di uno Stato vuole imporle. La sua forza sta nel fatto che in essa non si viene a toccare semplicemente un’istituzione, un ceto, un sacramento, un destino individuale, ma, oltre a tutto questo, anche la natura nella sua stessa sostanza.

È attorno alla famiglia, dunque, che ruotano ipotesi di provvedimenti di tipo pratico insieme a considerazioni teoretiche e utopistiche. Ci si spinge fino a immaginare di sottrarre il bambino alla famiglia per tipizzarlo e normalizzarlo in una determinata direzione, a costo di sacrificare una formazione individuale.

Tentativi di questo tipo si possono osservare assai precocemente in certe istituzioni che sono essenzialmente conformi allo Stato e all’impronta che questo intende dare, come l’esercito ad esempio, soprattutto laddove ci si propone di formare unità che siano particolarmente fidate. Gli ufficiali e le guardie del corpo vengono spesso reclutati in questo modo, anche nel caso dei reggimenti elitari, come i giannizzeri dei sultani islamici. Essi venivano scelti tra i figli degli schiavi cristiani, e non potevano sposarsi.

Simili tendenze si ritrovano anche nel mondo della tecnica e crescono col crescere del processo di uniformazione automatica. Da una parte esse si propongono di coinvolgere il prima possibile il singolo entro tale processo o, almeno, di renderglielo familiare, dall’altra mirano a indebolire i suoi legami naturali che sono principio di individualizzazione; essi ostacolano la normalizzazione automatica e la sua accelerazione. L’autentico scontro avviene tra il mondo erotico e quello della tecnica e delle sue leggi; si tratta di un fenomeno epocale. In esso si ripete lo scontro potente tra organismo e organizzazione. Tale scontro è un fenomeno originario. Si ripete a ogni svolta epocale, prima di ogni mutazione.