VALUTA LAVORO E DECADENZE
Ezra Pound
Una nazione che non vuole indebitarsi fa rabbia agli usurai.
«Rassegna Monetaria» 1937 / «Meridiano di Roma» 1943
PARTE I
L'antico Impero Romano cadde perché non difese la valuta lavoro, non
difese la potenza d'acquisto del produttore di grano. La forza di Roma antica
sorse con le leggi Liciniane e cominciò a decadere col «dumping»
cioè con l'importazione del grano egiziano a basso prezzo. Il nome
«romano» rimase fino a che un figlio di pastore bulgaro diventò
imperatore. Oggi il nome «democrazia» è rimasto alle usurocrazie,
o alle daneistocrazie, se preferite una parola accademicamente corretta,
ma forse meno comprensibile, che significa: dominio dei prestatori di denaro.
La guerra contro «das Leibkapital» fu proclamata da Hitler due
anni dopo la marcia su Roma, ma in America si continuò ad adoperare
una terminologia che non corrispondeva più ai fatti. Il sistema degli
Stati Uniti concepito da John Adams ed i suoi colleghi fu un sistema statale.
Nella terra incolta non fu, e non è ancora, possibile un'organizzazione
sviluppata al grado europeo. Quello che resta ancora incompreso in America
come in Europa è che questo sistema statale americano sparì dopo
l'assassinio di Lincoln. Non sparì in seguito ad una rivoluzione aperta
ed onesta. Il sistema fu tradito e cadde. Tutto quanto era statale o rappresentativo
si dissolse. La potenza fu assottigliata, il popolo fu beffato e gli Stati
Uniti rimasero daneistocrazia, usurocrazia per opera delle manovre di Rothschild,
Ikleheimer, Morton, Vandergould e altri usurai e del traditore J. Sherman,
deputato dell'Ohio. Il tradimento si operò per mezzo del trucco bancario,
buoni come basi bancarie, etc. - come ho indicato qualche settimana fa,
citando Overholser (History of Money in the USA).
È tempo di finirla con certi feticismi. San Luigi re di Francia pagò
la corona di spine una somma che nel 1897 Brooks Adams calcolò come
equivalente ad un milione di dollari. La cifra in moneta contemporanea è
nota. Dopo la battaglia di Tiberiade i Crociati non si fidarono più
delle reliquie. Sorgeva la potenza marittima di Venezia. Roosevelt ai nostri
giorni ha pagato miliardi di dollari per una sostanza quasi inutile. Certo
una sostanza meno potente che non il plexiglas o il berillio. È tempo
di finirla con la bestiale superstizione, la riverenza cieca per il talismano
oro, feticcio piede di coniglio portafortuna. L'ecatombe dei soldati inglesi
sarebbe l'ultimo tributo pagato alla bestiale superstizione, al rispetto
per il metallo giallo.
Una nazione libera è una nazione che non rimette il controllo della
sua propria potenza d'acquisto in mani altrui. L'Europa non produce l'oro
e non ne ha bisogno. Questa «Europa» comprende l'Italia, la Germania
e magari anche la Francia e le Isole Britanniche. Se volete liberarvi dai
Beit, dagli ebrei padroni delle miniere d'oro in Africa, delle miniere sovietiche,
bisogna aprirci gli occhi. L'oro non si mangia. Una nazione ha bisogno di
grano, di lana, di cuoio, ma non di gingilli. Discutere i governi delle
così dette democrazie: Inghilterra, Francia, Stati Uniti, è una
semplice perdita di tempo, sino a che non si distingue tra teoria e fatto.
Questi tre paesi sono controllati dagli usurai, sono usurocrazie o daneistocrazie,
ed è perfettamente inutile parlarne come se fossero controllati e governati
dai loro popoli o dai delegati che rappresentano i loro popoli, o nell'interesse
dei loro popoli. Bisogna domandare fino a qual grado ed in che percentuale
dei casi un deputato o altro incaricato si prepara a diventare eleggibile,
indebitandosi. Il debitore deputato, sarà servo obbediente del creditore
suo, e se questo creditore è una banca o un trust questo creditore
fa una gran parte del lavoro che crea il sopradetto delegato, deputato o
sceriffo.
La stampa costa cara, diciamo dieci milioni di dollari per iniziare un quotidiano.
Stampa libera? Affatto. Nel 1939 solamente cinque dei più noti quotidiani
degli Stati Uniti si amministrano senza passivo. Un direttore diceva: «Non
posso trovare un credito a lunga scadenza. Mi fanno dei prestiti per non
più di tre mesi». Quindi controllo quasi immediato.
Gli umoristi dell'Asse mi accompagnano sul terreno «principii»
ma hanno, omesso di pubblicare caricature dei direttori della Banca d'Inghilterra
di cui l'alto patriottismo e la sete di vincere la guerra per le libertà
democratiche, si dimostrò palesemente nella riunione del direttorio.
Primo atto della mobilitazione fu di raddoppiare il proprio stipendio. Così
si guadagna, la stima e la gloria. Essi sono così «umani».
E poi così inglesi: Goschen, Niemeyer, Strakosch, Lefeaux, Lazard bei
nomi anglosassoni, dinastia di famiglie W. H. Samuel, Kleinwort, Hambro
bell'usuraio che scappò dalla Norvegia portando con se i quattrini
ed esortando i Norvegesi a combattere in sua assenza.
I metodi dell'usurocrazia sono di quella materia che Dante trovò nel
basso Inferno:
Al modo della nona bolgia sozzo,
Gli 800.000, più o meno, soldati di colore in Francia, per rimpiazzare
gli europei sono stati assoldati per sostenere Lazard, Rothschild ed i loro
strumenti Handel etc., perché gli usurai possono truffare questi poveracci
più facilmente che non i contadini francesi. E così sarà
sempre dove regnano gli usurai. L'usuraio distruggerà ogni ordine sociale,
ogni decenza, ogni bellezza. La differenza etica fra divisione dei frutti,
e la tassa fissa è fondamentale. Chi tiene l'ipoteca se ne infischia
dell'andamento della fabbrica, della fattoria o dello stato. Se falliscono,
lui resta il padrone.
Ogni nazione che tollera uno stato di usurai dentro lo stato ufficiale,
decade. Chi non si interessa dei processi economici e monetari è un
illetterato. A titolo di cronaca C. H. Douglas ha da tempo sostenuto che
questa guerra mossa dall'internazionale usuraia è guerra contro gli
Inglesi come contro i Tedeschi. Egli sostiene che è guerra contro tutta
la popolazione bianca dell'Europa, a beneficio degli usurai internazionali.
Sia giusta o no questa osservazione di Douglas, possiamo ritenere come assioma
che gli usurai sono e saranno, fino a che non saranno cacciati nel più
basso inferno, nemici di ogni popolo di alta cultura, contro ogni senso
vivo della realtà e delle operazioni di una civilizzazione elevata,
per la semplice ragione che più voi capite le leggi del meccanismo
sociale e più sarà difficile truffarvi con la truffa oro, o con
la truffa bancaria.
Credito sociale
Il credito è senza dubbio un prodotto sociale. La responsabilità
personale è una delle componenti del credito concesso ad un individuo
poiché in generale lo si concede fidando nella buona fede e nelle buone
intenzioni del debitore cioè sulla sua volontà di restituire la
somma ricevuta. Considerato però che questa restituzione dipende anche
dalle condizioni dell'ambiente, dal mantenimento dell'ordine pubblico, si
può affermare che il credito personale è un prodotto sociale.
Il credito si aumenta con l'organizzazione della nazione: infatti sin dall'origine
è accresciuto dall'«incremento di cooperazione». Questo vuol
dire, per esempio, che un milione d'individui, ciascuno lavorando per se
stesso, non può costruire una corazzata, né una centrale elettrica.
Così l'enorme credito che noi conosciamo oggi sorge dall'organizzazione
sociale, dall'organizzazione statale. E lo stato non ha bisogno di prendere
danaro in prestito dai privati. È libero d'obblighi morali e materiali
di prendere danaro in prestito dai privati. È libero quindi di entrare
in rapporti contrattuali coi privati per il pagamento dell'interesse, in
quanto non è obbligato ad indebitarsi nel vecchio modo e secondo i
superstiziosi dell'era Rotschildiana.
Questo non vuol dire che i Buoni Statali devono essere vietati. Io non sono
contrario all'emissione dei Buoni di Stato. Che un governo riscuota largo
credito presso i suoi cittadini, ciò dimostra la loro adesione alla
politica, la loro fiducia. Testimoniando il popolo la fiducia nel governo
e nello stato può anche dimostrare altri stati d'animo, altre passioni
contingenti, ma non importa. Può indicare avarizia privata, scarsa
confidenza nel mercato di domani, nelle condizioni della produzione etc.
Ma, dal lato sano, dimostra una grande fiducia nel governo, e questo basta,
fino a un certo punto.
Ma i Buoni servono a un secondo scopo, non riconosciuto dal volgo. I Buoni
Statali possono servire a distribuire il dividendo di stato; cioè possono
distribuire i profitti guadagnati dalla nazione totale. Per essere utile
allo stato il potere d'acquisto della moneta deve essere sparso, cioè
distribuito fra tutto il popolo, altrimenti si cade nell'elemosina, che
è veleno antistatale, e che degenera il popolo in modo spaventevole.
Il credito è prodotto sociale, ed ogni cittadino contribuisce alla
formazione del credito. Contribuisce coi suoi atteggiamenti, colle sue abitudini
civili, i suoi modi di condursi. Ed ogni cittadino, ogni individuo, ha il
diritto di partecipare ai guadagni dello Stato; e questo non implica nessuna
necessità di prestare né di ricevere in prestito, quando la nazione
ha veramente ricavato un profitto nell'anno o nel mese corrente. Il profitto,
o guadagno materiale, di una nazione si può apprezzare senza grandi
difficoltà cioè misurando i suoi beni alla fine d'ogni anno. Se
alla fine dell'anno XX l'Italia possiede più scorte ed impianti che
al principio del detto anno, questo sarebbe la misura del profitto di quell'anno;
e per contro sarebbe equo distribuire questo profitto per mezzo di moneta
ad un valore nominativo equivalente.
Essendo in guerra c'è ben poca probabilità che l'anno corrente
sarà in questo senso «attivo», e quindi si è ricorso
al credito. La forza del credito nazionale si dimostra validissima In questi
giorni.
Ma chi deve prestare?
L'individuo o lo Stato stesso? Lo Stato può prestare. Questo era già
saputo dai romani antichi e dai greci. Non si dimentichi che la flotta che
vinse a Salamina fu costruita coi danari prestati dallo Stato d'Atene agli
armatori privati. In quel caso si trattava di moneta metallica. Abbiamo
due verità affini e le dobbiamo distinguere scrupolosamente fra di
loro.
Lo Stato può prestare danaro. Questo si apprende dalla storia. Lo Stato
può anche concedere credito. Di fatti essendo il credito un prodotto
sociale e non individuale chi ha maggior diritto di concedere credito: lo
Stato, o l'individuo? Giovandosi del credito suo, cosa impedisce allo Stato
di concederlo ai privati?
Distinguiamo
La moneta e il credito sono termini affini ma non identici. La moneta, anche
aurea, fu dimostrazione insieme di sfiducia e di fiducia; la sfiducia si
dimostrò nel componente materiale, la fiducia nell'accettare il conio,
l'immagine incisa e l'iscrizione del valore. Ll'oro serviva anche a un altro
scopo; e cioè ad impedire la falsificazione. Scoperto che la carta
stampata e sigillata serviva ugualmente o meglio, ad impedire la falsificazione,
ne consegue che la carta può funzionare da moneta. Questo si sapeva
nella Cina già nel seicento prima del mille. Arrivando al concetto,
ed oggi alla proclamazione ufficiale, della moneta-lavoro, non dobbiamo,
e non possiamo più agganciarci alle superstizioni dell'epoca rothschildiana.
Gli usurai tramontano
L'accettazione della moneta-lavoro comporta non un beneficio solo, ma più
benefici. L'oro scarseggia. L'oro fu sempre strumento di strozzinaggio.
Da più secoli la cosiddetta base aurea serviva principalmente a mascherare
la moneta non-aurea ma pseudo-aurea, cioè moneta finta, moneta sorta
dalla contabilità confusionaria dei banchieri.
Il lavoro non scarseggia. Col fenomeno moneta-lavoro si può adoperare
moneta dove prima si adoperava il credito. Dove, per mal costume, anche,
lo Stato andava dagli usurai per pregarli di concedere credito allo Stato.
Sì e magari allo Stato! Lo Stato pagava affitto agli usurai per lo
stesso credito che apparteneva, di diritto, allo Stato stesso, essendo cresciuto
dalla cooperazione di tutto il popolo, essendo prodotto sociale. Adoperando
la moneta-lavoro, questa moneta si può emettete dal momento che il
lavoro utile allo Stato viene effettuato.
Il problema della circolazione si può risolvere da sé. Il problema
secolare della distribuzione della moneta fra tutto il popolo si risolve
senza mettere il collo sotto il giogo, degli usurai. Lo Stato non è
più costretto ad accettare l'onere immenso dei, pagamenti degli interessi
sui nuovi debiti pubblici. Forse questo deve bastare per un articolo o discorso?
Concedetemi un'altra parola
I pagamenti d'interesse possono giovare ancora per decenni al buon ordine
pubblico, possono giovare a conservare un alto livello di cultura, a premiare
la prudenza ed il buon costume. Il totale di questi pagamenti non deve superare
i profitti normali della nazione. Devono, cioè misurarsi in proporzione
al profitti nazionali normali e prevedibili, e quando dico «non devono
superare», io diminuisco la gravità del problema perché in
realtà non devono uguagliare i profitti, potrebbero al più sanamente
raggiungere una certa percentuale di questi profitti, e considerarsi un
dividendo ai privilegiati, o ai premiati.
Insisto sulla parola «premiati». Direi che questi premi non devono
raggiungere più di cento mila lire all'anno per qualsiasi individuo.
Direi che il nostro scopo deve essere quello di erigere e sostenere lo Stato,
e non di approfittare delle società anonime.
Di un sistema economico
Nell'anno XI, Era Fascista, mi posi dunque queste domande:
1. È un sistema economico quello che dà maggiori frutti a coloro
che fanno cannoni per ammazzare la gente piuttosto che a coloro che coltivano
il grano e fanno macchine utili?
2. Deve il credito della nazione funzionare per il beneficio della Nazione
intera?
3. È alla base del Partito Fascista il senso della responsabilità
che ognuno deve avere verso tutti? La Rivoluzione Fascista cominciò
con la frase del Duce: «Siamo stufi d'un governo dove non c'è
un responsabile con nome, cognome e indirizzo».
4. Se la moneta fosse considerata come certificato di lavoro compiuto le
tasse sarebbero necessarie?
5. Marx trovò alla base di tutti i valori il lavoro. C. H. Douglas
deriva i valori un po' dal lavoro ma molto più dalla eredità culturale,
cioè dal complesso e somma delle invenzioni meccaniche e, magari, anche
dai costumi, abitudini d'agire con ordine, etc. Quale concorda più
con l'idea statale?
6. Il problema più immediato che preme in specie negli Stati Uniti
e negli Stati parlamentari, è la distribuzione della potenza d'acquisto?
7, «Una fabbrica può considerarsi non solamente come macchina
che distribuisce il potere d'acquisto», dice C. H. Douglas. Che commento
si può fare a ciò? Con il sistema presente il potere d'acquisto
diminuisce continuamente di fronte al prodotto materiale.
8. Dovremmo avere un biglietto per ogni pezzo di merce del valore corrispondente?
O approssimativamente? O con una quantità di merce superflua, sufficiente
per una riserva?
9. Non è la mobilizzazione dei crediti interni uno del più savi
passi del Fascismo? Con la creazione di centrali elettriche e con le bonifiche,
si è creata ricchezza vera. Il progresso immenso della meccanica non
contribuisce di più al benessere sotto il Fascismo che sotto qualsiasi
altro sistema esistente nell'anno XI?
10. Quello che il Duce ha detto a proposito dei giornali può dirsi
anche dalle banche?
11. Per me, la quintessenza del Bolscevismo è nel decreto di Lenin
(sottoscritto anche da altri): Banking is hereby declared a monopoly of
the state: «L'esercizio bancario è dichiarato monopolio dello
Stato».
12. Sarebbe la moneta perfetta un vero certificato della merce esistente?
Od il comando di portare o di rilasciare questa merce. O un compromesso,
cioè una finzione a proposito della relatività della merce a qualche
sostanza o ad una volontà? Se ad una volontà alla volontà
di chi?
13. R. Mckenna sostiene come, rimedio supremo l'«inflazione controllata».
Non dipenderebbe allora da chi la controllerebbe e con quali motivi?
14. Se l'inflazione è accettata come rimedio, quali sono gli argomenti
contrari a un'inflazione uguale, cioè distribuzione dei «dividendi
dello Stato» a tutti?
15. Discutendo con un ufficiale bolscevico sul Fascismo, egli insisteva
che lo Stato russo appartiene «a loro» cioè al popolo. Io
non riesco ad afferrare il significato di questo «appartiene».
L'Italia in regime fascista sarebbe mica un feudo?
Seguivano altre domande che non appartenevano strettamente alla questione
economico-monetaria; per es.:
16. Fra bolscevismo e fascismo la differenza sta nel livello culturale.
Si cambia una forma amministrativa e magari una teoria in sei giorni, ma
una civiltà non si fa in sei anni.
17. Pregiudizi: forme verbali morte?
18. Il governo de facto di Jefferson rassomiglia più al fascismo d'oggi
che all'attualità odierna americana. Non è vero?
PARTE II
Foglio di disciplina civica
Finché non hai chiarito il tuo pensiero dentro di te stesso, non puoi
comunicarlo ad altri. Finché non hai messo de l'ordine dentro di te
stesso, non puoi essere elemento d'ordine nel partito. Il fatto militare
dipende dall'onestà del regime.
La moda dell'utopia
Il dieci Settembre scorso passai lungo la Via Salaria oltre Fara Sabina
e dopo un certo tempo entrai nella repubblica dell'Utopia, un paese placido
giacente fuori della geografia presente. Trovando gli abitanti piuttosto
allegri, io domandai la causa della loro serenità e mi fu risposto
che essa era dovuta alle loro leggi e al sistema d'istruzione ricevuta fin
dai primi anni di scuola. Dicono che le nostre conoscenze generali derivano
dalle conoscenze particolari, e che il pensiero s'impernia sulle definizioni
delle parole.
Per insegnare ai piccoli ad osservare i particolari si fa una specie di
gioco, tenendo nella mano chiusa un numero di piccoli oggetti, come per
esempio tre chicchi di orzo, un soldino, un bottoncino azzurro, un grano
di caffè ovvero un chicco d'orzo, tre bottoni diversi ecc. poi si apre
la mano un istante, e rinchiudendola subito, si domanda al bambino cosa
abbia veduto. Poi per i ragazzi si fanno cose più complicate, e finalmente
ognuno sa come vengono fatte le proprie scarpe o il cappello. E mi fu detto
che, definendo le parole, questa gente è arrivata a definire, la loro
terminologia economica, col risultato che diverse iniquità della borsa
e della finanza sono scomparse dal paese perché nessuno ci si lascia
più abbindolare.
E attribuiscono la loro prosperità ad un semplice modo di raccogliere
le tasse, o meglio, la loro unica tassa, che cade sulla moneta stessa. Perché
su ogni biglietto del valore di cento, sono costretti ad affiggere una marca
del valore di uno, il primo giorno d'ogni mese. E il governo, pagando le
sue spese con moneta nuova, non ha mai bisogno di imporre imposte, e nessuno
può tesorizzare questa moneta perché dopo cento mesi essa non
avrebbe alcun valore. E così è risolto il problema della circolazione.
E così la moneta, non godendo poteri di durabilità maggiori di
quelli posseduti da genere come le patate, le messi e i tessuti, il popolo
è arrivato a giudicare i valori della vita in modo più sano. Non
adora la moneta come un dio, e non lecca le scarpe dei panciuti della borsa
e del mercato.
E, naturalmente, non sono minacciati d'inflazione monetaria, e non sono
costretti a fare delle guerre a piacer degli usurai. Di fatto questa professione,
o attività criminale, è estinta nel paese dell'Utopia, dove nessuno
ha obbligo di lavorare più di cinque ore al giorno, perché molte
attività burocratiche sono eliminate dal sistema di vita. Il commercio
ha poche restrizioni. Scambiano i loro tessuti di lana e di seta contro
arachidi e caffè dalla loro Africa, e i loro bovini sono così
numerosi che il problema dei concimi si risolve quasi da sé. Hanno
una legge molto severa che esclude ogni surrogato da tutta la loro repubblica.
Il popolo s'educa quasi ridendo, e senza professori superflui. Dicono che
è impossibile eliminare libri idioti, ma che ne è facile distribuire
l'antidoto, e questo fanno con un regolamento molto semplice. Ogni libraio
è costretto a tenere in vendita i libri migliori; ed alcuni di valore
eccelso, egli deve tenerli esposti in vetrina per qualche mese dell'anno.
E così potendo conoscere i libri migliori, poco a poco le «nouvelle
revue française» e le selezioni del «London Times» sono
sparite dalle tavole.
Stimano la perizia nelle opere agricole come nella mia gioventù io
stimai la perizia del tennis o del calcio. Di fatto fanno la gara dell'aratro,
per saper chi può fare il solco con maggior precisione. Per questo
mi sentii troppo vecchio, ricordando un giovane amico, preso anch'egli da
questa passione arcaica, che mi scrisse del suo primo iugero: «pareva
come se un maiale fosse passato sradicando».
Dopo aver ricevuto la spiegazione tanto semplice della felicità di
questo popolo, io m'addormentai sotto le stelle sabine, meditando sugli
effetti stupendi di queste modificazione, in apparenza così piccine,
e meravigliandomi della distanza trascorsa fra il mondo del novecento e
quello della serenità.
Sopra il portone del loro Campidoglio si legge: "Il tesoro d'una nazione
è la sua onestà".
Precisioni del reato
È inutile mettere insieme una macchina se una parte manca o è
difettosa. È necessario prima d'avere tutte le parti essenziali della
macchina. Per capir bene le origini di questa guerra, giova sapere che:
Il Banco d'Inghilterra, una associazione che pratica l'usura al 60%, fu
fondato nell'anno 1694. Paterson, l'ideatore della banca dichiarò chiaramente
il vantaggio della sua trovata: la banca trae beneficio dell'interesse su
tutto il danaro che crea dal niente. Nell'anno 1750 veniva soppressa la
carta moneta nella colonia di Pennsylvania. Ciò significava che nel
contempo l'associazione degli strozzini, non contenta del suo 60%, ovvero
dell'interesse sul danaro creato dal niente, era divenuta tanto forte che
ha potuto mettere in moto il governo inglese per sopprimere illegalmente
una concorrenza che, con un sano sistema monetario, aveva portato la prosperità
alla detta colonia.
Dopo 26 anni, cioè nel I776, le colonie americane si ribellavano contro
l'Inghilterra. Erano 13 organismi separati, pervasi da dissidi, ma favoriti
dalla geografia e dalle discordie europee. Vinsero l'Inghilterra, il nemico
eterno, ma la loro rivoluzione veniva tradita dai nemici interni. Le loro
difficoltà potrebbero servire a stimolare gli Italiani d'oggi; e i
problemi d'allora potrebbero forse suggerire soluzioni all'Italia d'oggi.
L'imperfezione del sistema elettivo americano si dimostrò subito nella
frode commessa dai deputati che speculavano sulle cambiali o «certificati
di paga dovuta» emesse dalle singole colonie a favore dei veterani.
Il trucco era semplice, antico, ed equivalente al variare il valore dell'unità
monetaria. Ventinove deputati, in combriccola coi loro amici comprarono
i certificati al 20% del nominale; poi la nazione, ormai costituita in unità
amministrativa «assunse» la responsabilità di pagare i detti
certificati. al 100% del nominale.
La lotta fra finanza e popolo si rinnovò nella battaglia fra Jefferson
ed Hamilton, e più chiaramente quando il popolo fu capeggiato da Jackson
e Van Buren. La decade 1830-40 è quasi sparita dal libri di scuola.
I fattori economici dietro la guerra americana «Civile» sono interessanti.
Dopo le guerre napoleoniche, dopo quella «Civile», dopo Versaglia
gli stessi fenomeni si sono verificati. L'usurocrazia fa le guerre a serie.
Le fa secondo un sistema prestabilito, con l'intenzione di creare debiti.
Ogni debito creato in moneta che vale un quintale di grano viene presentato,
per il pagamento in moneta che vale cinque o più quintali. Si parla
di svalorizzazione, inflazione, rivalorizzazione, deflazione e del ritorno
all'oro.
Tornando all'oro Churchill fece pagare dal contadino indiano due staia di
grano per soddisfare tasse e interessi che poco prima aveva soddisfatto
con uno staio solo. C. H. Douglas, Arthur Kitson, Montagu Webb raccontano
particolari. Gli Stati Uniti furono venduti ai Rothschild nel 1863. Gli
Americani hanno impiegato ottant'anni per scoprire fatti che sono ancora
ignorati dal pubblico europeo. Il padre di Lindberg ne rivelò alcuni
al Congresso americano, che furono più tardi raccolti dall'Overholser
nella sua «History of Money in the USA». Una lettera dei Rothschild
alla ditta Ikleheiner in data del 26 giugno 1863 contiene le parole di fuoco:
«Pochi comprenderanno questo sistema, coloro che lo comprendono saranno
occupati nello sfruttarlo, e il pubblico forse non capirà mai che il
sistema è contrario ai suoi interessi».
I giochi prediletti dell'usurocrazia sono semplici e la parola «moneta»
non si definisce nel manuale per impiegati emesso dai Rothschild né
nel vocabolario ufficiale «Sinonimi ed omonimi della terminologia bancaria».
I giochi sono semplici: raccogliere usura all'equivalente del 60 % in su,
e variare il valore dell'unità monetaria nei momenti comodi agli usurai.
L'ignoranza
L'ignoranza dei giochi non è prodotta dalla natura, anzi dall'arte.
È stata aiutata dal silenzio della stampa, in Italia come altrove.
Inoltre quest'ignoranza è stata pazientemente elaborata. La base vera
del credito si rese nota già all'inizio del seicento ai fondatori del
Monte dei Paschi di Siena. Questa base fu, ed è l'abbondanza, o produttività
della natura congiunta alla responsabilità di tutto il popolo. Banche
e banchieri hanno funzioni utili e potenzialmente onesti. Chi fornisce una
misura dei prezzi sul mercato e allo stesso tempo un mezzo di scambio, è
utile alla nazione. Chi falsifica questa misura e questo mezzo è reo.
Una sana politica bancaria mira, e nel passato ha mirato come ha detto Lord
Overstone, a «soddisfare i veri bisogni del commercio e a scontare
tutte le cambiali che rappresentano affari legittimi». Ma, a un certo
momento verso il principio di questo secolo, Brooks Adams fu mosso a scrivere:
«Forse non è mai esistito un finanziere più capace di Samuele
Loyd. Certo, egli ha capito come pochi, anche nelle generazioni seguenti,
la macchina potente del «tallone unico». Egli comprese che, se
i traffici aumentano, con una moneta non elastica, il valore dell'unità
monetaria aumenterà. Egli vide che, con mezzi sufficienti, la sua classe
potrebbe manovrare un rialzo quasi a piacer suo, e che, senza dubbio, potrebbe
manipolarlo quando accade, valendosi dei cambi esteri.
Percepì inoltre, che una volta stabilita, una contrazione della circolazione
la si potrebbe portare all'estremo e che, quando la moneta avesse raggiunto
un prezzo fantastico, come nel 1825, i debitori si vedrebbero costretti
a rilasciare la loro proprietà alle condizioni, quali si siano, dettate
dai creditori». Ecco perché radio Londra, proclamando la liberazione
dell'Europa, e dell'Italia in particolare, non risponde mai all'interrogativo:
E la libertà di non indebitarsi, cosa ne dite? Ecco, anche perché
il Brooks Adams ha scritto: dopo Waterloo nessuna potenza ha potuto resistere
alla forza degli usurai. Ecco perché Mussolini fu condannato vent'anni
fa dal comitato centrale dell'usurocrazia. Ecco perché si fanno le
guerre, cioè si fanno le guerre per creare debiti che poi vengono pagati
in una moneta rialzata, o in altri casi, non pagati affatto.
La guerra è il sabotaggio massimo
È la forma di sabotaggio più atroce. Gli usurai provocano le guerre
per nascondere l'abbondanza, esistente o potenziale. Le fanno per creare
carestia. È più difficile imporre un monopolio di materie abbondanti
che di materie che scarseggiano. Gli usurai provocano guerre per imporre
monopoli a loro vantaggio, e per poi strozzare il mondo. Gli usurai provocano
guerre per creare debiti; per poi sfruttarne l'interesse, e per sfruttare
i profitti risultanti dai cambiamenti nel valore delle unità monetarie.
Se questo non è chiaro al lettore neofita, lascio che egli mediti le
seguenti frasi dell'Hazard Circular dell'anno 1862: «Il grande debito
che i nostri amici, i capitalisti dell'Europa, faranno in modo di far sortire
da questa guerra, verrà adoperato per manipolare la circolazione. Noi
non possiamo permettere che i biglietti statali circolino perché non
possiamo regolarli».
Di fatto, dopo l'assassinio del Presidente Lincoln nessun tentativo serio
contro l'usurocrazia venne fatto sino alla formazione dell'Asse Berlino-Roma.
L'ambizione italiana di raggiungere una libertà economica, ovvero la
libertà di non indebitarsi, fece scattare le sanzioni di bieca memoria.
Le grandi case editrici d'Italia, complici più o meno coscienti della
stampa infida italiana, non hanno pubblicato in Italia gli autori quali
Brooks Adams e Kitson che svelano questi fatti. La stampa è stata infida,
e le grandi case editrici ne sono state complici coscientemente o incoscientemente
secondo la loro competenza. Contro la malafede non si può lottare colla
pubblicazione dei fatti, ma contro l'ignoranza si potrebbe lottare.
Le case editrici hanno ricevuto le loro informazioni per tubature avvelenate,
e hanno preso il loro tono dal Times Literary Supplement e dai volumi distribuiti
per mezzo di Hachette, e di Smith and Son, o approvati dalla Nouvelle Revue
Française. Nulla o quasi nulla arrivò in Italia senza essere selezionato
dagli usurai internazionali e dai loro servi.
E il risultato si dimostrò negli snobismi, nell'ignoranza «creata».
Il neo-malthusianesimo merita un esame. In Italia come altrove i libri gialli
distrassero i loro lettori dal grande reato sottostante, cioè dal reato
del sistema usurocratico stesso. Se agli uomini d'azione e della politica
questo sembra senza importanza, è risultato nondimeno una vasta matassa
di resistenza passiva proprio nei ceti detti «letterati» o «colti»
che danno il colore alla materia stampata.
Essi leggono, e poi scrivono ed il pubblico ne riceve la spazzatura. E da
questo processo di sciacquatura deriva quella credulità che rende gran
parte del pubblico soggetto al mal inglese, cioè disposto a credere
alle fandonie trasmesse da Londra e ridistribuite gratis dai creduloni indigeni.
Ai liberali domandiamo: perché gli usurai sono tutti liberali? A coloro
che chiedono la dittatura del proletariato domandiamo: il proletariato di
un paese deve imporre la dittatura al proletariato di un altro? A coloro
che si scagliano contro il concetto di autarchia dicendo: ma costa tanto;
il grano va comperato dove si può comprarlo più a buon mercato;
si può rammentare che proprio l'importazione del grano dall'Egitto
a prezzo basso rovinò l'agricoltura italiana sotto l'antico impero.
Se questo fatto sembra troppo lontano dai tempi nostri si può anche
notare che chiunque parla di quella specie di libero commercio, finisce
col parlare dell'esportazione del «lavoro» cioè dell'esportazione
della mano d'opera, l'esportazione di esseri umani in contraccambio di derrate.
Molti cominciano a capire che l'Inghilterra, nel tentativo sadico di distruggere
l'Italia, sta distruggendo se stessa, ma il pubblico non capisce ancora
l'origine di questa furia distruggitrice.
Negate quanto volete che l'uomo puramente o esclusivamente economico esiste.
L'analisi dei motivi economici giova alla comprensione dell'avarizia. La
brama del monopolio è un male radicale. Si manifesta nell'errore del
prezzo ingiusto, condannato dalla dottrina economica della Chiesa, durante
tutta l'epoca del suo maggiore splendore. Bisogna capire che tutta la moda
letteraria e tutto il sistema giornalistico controllato dall'usurocrazia
mondiale è indirizzato a mantenere l'ignoranza pubblica del sistema
usurocratico e dei suoi meccanismi. I dettagli del tradimento militare li
conoscete, ma il tradimento intellettuale non è capito.
L'ignoranza di questo sistema e questi meccanismi non è prodotto naturale,
fu creata. Il liberalismo e il bolscevismo si accordano intimamente nel
loro disprezzo fondamentale della personalità umana. Stalin comanda
40 vagoni di materia umana per lavori su un canale. I liberali finiscono
per parlare di esportazione di mano d'opera. Il liberalismo nasconde la
sua economia nefasta sotto due pretesti: cioè la libertà della
parola e la libertà della persona, protetta, in teoria, dal processo
aperto, garantito con la formula «habeas corpus». Domandate in
India e in Inghilterra come sono rispettati questi pretesti. Domandate ad
un giornalista americano, qualsiasi, quanta libertà di espressione
gli è lasciata dagli «advertisers».
Altri fatti utili a sapere:
1. Abbiamo bisogno di un mezzo di scambio e di un mezzo di risparmio, ma
non è necessario che lo stesso mezzo serva ad ambedue questi scopi.
2. Lo Stato può prestare. La flotta che vinse a Salamina fu costruita
con danari prestati dallo Stato di Atene agli armatori. Per la semplificazione
dell'amministrazione statale e privata è preferibile un meccanismo
che può funzionare allo sportello dell'ufficio sia statale, sia privato.
PARTE III
Il perno
Tutto il commercio passa attraverso alla moneta. Tutta l'industria passa
attraverso alla moneta. La moneta è il perno. È il mezzo termine.
Sta nel mezzo fra industria e operai. Può darsi che l'uomo puramente
economico non esista, ma il fattore economico, nel problema della vita,
esiste. Vivendo di frasi, e perdendo il senso delle parole, si perde «il
ben dell'intelletto». Il commercio ha portato la prosperità della
Liguria, l'usura le ha fatto perdere la Corsica. Perdendo il senso della
differenza fra commercio e l'usura si perde il senso del processo storico.
Vagamente in questi mesi si è incominciato a parlare d'una forza internazionale,
detta
finanza, ma sarebbe meglio chiamare questa forza «usurocrazia»
ovvero il dominio dei grandi usurai congregati e congiurati. Non i mercanti
di cannoni ma i trafficanti del danaro stesso hanno creata questa guerra,
hanno create le guerre a serie, da secoli, a piacer loro, per creare debiti,
per poi sfruttarne l'interesse; per creare debiti in moneta a buon mercato,
per poi domandarne il pagamento in danaro più caro. Finché la
parola moneta non viene chiaramente definita, e finché questa definizione
non sia conosciuta dai popoli, i popoli entreranno ciecamente in guerra,
senza conoscerne il perché.
Questa guerra non fu un capriccio di Mussolini, e nemmeno di Hitler. Questa
guerra è un capitolo della lunga tragedia sanguinaria che s'iniziò
colla fondazione della Banca d'Inghilterra nel lontano anno 1694, coll'intenzione
dichiarata nell'ormai famoso «prospectus» di Paterson, dove si
legge: «il banco trae beneficio dall'interesse su tutta la moneta che
crea dal niente». Per capire questa frase bisogna capire che cosa sia
la moneta.
La moneta non è uno strumento semplice come una vanga. Contiene due
elementi: quello che misura i prezzi sul mercato, e quello che dà,
il potere di comprare la merce. Su questa duplicità gli usurai hanno
giocato. Voi capite bene che un orologio contiene due principi, cioè
quello della molla motrice, e quello della molla bilanciere, con un ingranaggio
fra le due. Quando uno vi domanda cosa sia la moneta, voi non sapete cosa
siano i biglietti da dieci lire e i pezzi di venti centesimi che avete in
tasca. Sino al seicento prima del mille, quando un imperatore della dinastia
T'ang emetteva i suoi biglietti di stato il mondo fu quasi costretto a adoperare
come moneta una quantità determinata di qualche merce d'uso comune,
sale o oro secondo il grado di sofisticazione dell'ambiente. Dall'anno 654
dopo Cristo, almeno, il metallo non era necessario agli scambi fra gente
civile. Il biglietto statale dei T'ang dell'anno 856, che è ancora
conservato, porta un'iscrizione quasi identica a quella che leggete sul
vostro biglietto da dieci lire.
Il biglietto misura il prezzo, e non il valore; ovvero i prezzi vengono
calcolati in unità monetarie. Chi vi fornisce questi biglietti? E su
che direttive vengono messi in circolazione questi pezzi di carta? E, prima
di questa guerra, chi controllava l'emissione della moneta mondiale? Se
voi volete cercare le cause della guerra presente, cercate di conoscere
chi controllava e come venne controllata la moneta mondiale. Per il momento
vi ripeto una sola indicazione presa dalla storia degli Stati Uniti: il
grande debito che i nostri amici creeranno con questa guerra, verrà
adoperato per controllare la circolazione «Noi non possiamo permettere
che i "greenbacks" circolino, perché non possiamo averne il dominio».
Questo è dall'Hazard Circular dell'anno 1862.
Mi pare che una situazione analoga esistesse nell'anno 1939. Direi che l'Italia
non volendo indebitarsi, abbia fatto rabbia ai grandi usurai. Pensateci
sopra! E pensate anche alla natura della moneta stessa, e alla trascuratezza
degli economisti in genere quando noi domandiamo cosa sia la moneta, il
credito, l'interesse, l'usura. Prima di discutere una politica monetaria,
una riforma monetaria, una rivoluzione monetaria, dobbiamo essere ben sicuri
della natura della moneta.
Il nemico
Il nemico è l'ignoranza. Al principio dell'ottocento John Adams vedeva
che i difetti ed errori del governo americano derivavano non tanto dalla
corruzione del personale, quanto da un'ignoranza della moneta, del credito
e della loro circolazione. Siamo allo stesso punto. Il soggetto è giudicato
arido da coloro che non ne capiscono la portata. Per esempio, un banchiere,
verso la fine di Dicembre scorso, mi vantò che ad una certa epoca da
lui ricordata, la moneta carta italiana valeva più dell'oro. Io suppongo
che a quell'epoca «dorata» i Rothschild volessero comprare l'oro
a buon mercato, per poi rialzarne il prezzo «a cime vertiginose».
Nello stesso modo i Sassoon e loro simili hanno approfittato del ribasso
dell'argento.
L'argento difatti scese a 23 cents l'oncia, e fu poi comprato a 75 cents
l'oncia, per far piacer ai loro padroni ebraici, e «per salvare l'India».
dove col ritorno all'oro il Sig. Churchill, come già detto, ha fatto
pagare dai contadini due staia di grano per soddisfare tasse ed interessi
che un po' prima avevano soddisfatto con un sol staio. Per combattere queste
manovre del mercato del metalli bisogna capire che cosa sia la moneta.
La moneta è oggi un disco di metallo o una striscia di carta che serve
di misura ai prezzi e che conferisce, a chi la possegga, il diritto di ricevere
in contraccambio qualsiasi merce offerta sul mercato sino al prezzo pari
alla cifra indicata sul disco o sulla striscia, senza altra formalità
che il trasferimento della moneta da mano in mano. Cioè la moneta è
qualche cosa di diverso da uno scontrino speciale come un biglietto di ferrovia
o di ingresso al teatro. Questa universalità conferisce alla moneta
certi privilegi che lo scontrino speciale non può possedere. Su quei
privilegi ritornerò un'altra volta.
Oltre a questa moneta tangibile, esiste una moneta intangibile, chiamata
«moneta di conto», che serve nelle operazioni bancarie, e di contabilità
Questa insostanzialità deve essere trattata in una discussione del
credito piuttosto che in un trattato sulla moneta.
Nostro bisogno immediato è di chiarire le idee correnti a proposito
della cosiddetta «moneta-lavoro» e di precisare che la moneta
non può essere «simbolo di lavoro» senz'altra qualifica.
Può essere «certificato di lavoro compiuto» a condizione
che questo lavoro sia fatto dentro un sistema. La validità del certificato
dipenderà dall'onestà del sistema, e dalla competenza di chi certifica,
e bisogna che il certificato indichi un lavoro utile, o almeno piacevole,
alla comunità. Un lavoro non già compiuto servirebbe piuttosto
come componente del credito che come base ad una moneta propriamente intesa.
In un senso metaforico si potrebbe chiamare il credito: «tempo futuro
della moneta».
Tutta la perizia delle zecche è stata adoperata per garantire la quantità
e qualità del metallo nelle monete metalliche; non minori precauzioni
saranno necessarie per garantire, la quantità qualità e l'opportunità
del lavoro che servirà come base alla moneta da chiamarsi moneta-lavoro.
Le stesse frodi di contabilità adoperate dagli strozzini nel passato
per frodare il pubblico nel sistema monetario metallico, saranno, naturalmente
tentate dagli strozzini di domani contro la giustizia sociale, sotto qualsiasi
sistema di moneta che verrà istituita, e con uguale probabilità
di successo finché la natura e i modi di questi processi siano chiaramente
compresi dal pubblico o almeno, da una minoranza sveglia ed efficiente.
Un solo pantano sarebbe asciugato colla creazione della moneta-lavoro. Voglio
dire che i vantaggi del sistema aureo vantati dai banchieri sono vantaggi
ai banchieri soli e, in verità, di una sola parte dei banchieri. La
giustizia sociale domanda uguali vantaggi a tutti. Il vantaggio della moneta-lavoro
deriva principalmente da un fatto solo. Il lavoro non è monopolizzabile.
E da questo solo fatto deriva l'accanita opposizione; tutto il chiasso,
naturale ed artificiale che emana dal campo degli strozzini, internazionali
ed autoctono.
L'idea che il lavoro può servire di misura dei prezzi fu corrente già
nel settecento, e fu chiaramente esposta da Benjamin Franklin. In quanto
alla monopolizzabilità: nessuno è tanto scemo da lasciare il suo
proprio conto di banca in balia altrui, ma nazioni, ed individui, ed industriali,
«uomini d'affari» sono stati prontissimi e proclivi a lasciare
il controllo delle monete nazionali, e della moneta internazionale nelle
mani altrui, ivi compresi i padroni di Churchill e i Roosevelt-Baruchiani.
Il lavoro non è monopolizzabile
La funzione del lavoro come misura comincia ad essere capita. Il pubblico
italiano ha avuto opportunità di leggere chiare esposizioni del processo,
come per esempio quando «Il Regime Fascista» racconta che l'operaio
russo deve pagare trecento ottanta ore lavoro per un soprabito che un operaio
tedesco può comprare con solo ottanta ore.
Un scritto di Fernando Ritter su il «Fascio» di Milano, in data
del 7 Gennaio corrente, parla della moneta non in terminologia astratta,
e parole generiche come «Capitale e finanza» ma in termini di
grano e concime. In quanto alla validità della moneta primitiva ovvero
la cambiale scritta su cuoio, C. H. Douglas ha lasciato la frase lapidaria:
era buona quando l'uomo che emetteva la cambiale promettendo un bue, possedeva
il bue.
Il certificato di lavoro compiuto sarà ugualmente valido quando l'utilità
del lavoro compiuto sia onestamente stimata da autorità competenti.
È da ricordare che la terra non ha bisogno di ricompense monetarie
per le ricchezze strappatele. La natura provvede con meravigliosa efficacia
che la circolazione dei capitali e derivanti materiali si mantenga e che
quello che dalla terra viene, alla terra ritorni, con aulico ritmo, malgrado
ingerenze umane.
Tossicologia della moneta
La moneta non è prodotto della natura ma dell'uomo. È l'uomo che
ne ha fatto uno strumento malefico, per mancanza di previdenza. Le nazioni
hanno dimenticato le differenze fra animale, vegetale e minerale ovvero
la finanza le ha fatto rappresentare tutte tre categorie naturali con un
solo mezzo di scambio, negligendo di prendere in considerazione le conseguenze
di tale atto.
Il metallo dura, ma non si riproduce. Seminando l'oro non si raccoglie oro
moltiplicato. Il vegetale esiste quasi per sé ma la coltivazione ne
aumenta la sua riproduzione naturale. L'animale fa il suo contraccambio
col mondo vegetale, concime contro cibo. L'uomo ammirando il lustro d'un
metallo ne ha fatto catene. Poi egli inventò una cosa anti-naturale,
ovvero fece una rappresentazione falsa, una rappresentazione del mondo minerale
che segue la legge dei mondi vegetale e animale.
L'ottocento, infame secolo dell'usura, andò oltre, creando una specie
di messa nera della moneta. Marx e Mill, malgrado le loro differenze superficiali,
sono d'accordo nell'attribuire alla moneta stessa proprietà quasi religiose.
Si è perfino parlato dell'energia «concentrata nella moneta»,
come si parla della divinità nel pane benedetto. Il pezzo di cinquanta
centesimi non ha mai creato la sigaretta o il pezzettino di cioccolato che
usciva dalla macchina automatica.
La durabilità conferiva al metallo certi vantaggi commerciali, che
le patate e i pomodori non posseggono. Chi possiede metallo può aspettare
il momento buono per scambiarlo contro merce meno durevole. Quindi i primi
strozzinaggi da parte dei detentori dei metalli, e specialmente dei metalli
che scarseggiano e non sono soggetti alla ruggine. Oltre questa potenzialità
di agire ingiustamente che la moneta metallica assorbiva dall'essere metallo,
l'uomo ha inventato una carta munita di tagliandi per fornire un quadro
più visibile dell'usura. E l'usura è un vizio o reato condannato
da ogni religione e da ogni moralista antico. Per esempio, nel De Re Rustica
di Catone troviamo questo frammento di dialogo.
«E cosa pensate
dell'usura?». «Cosa pensate, voi, dell'assassinio!»,
in Shakespeare:
«Il tuo oro è forse pecore e montoni?».
No! La moneta non è radice del male
La radice è l'avarizia, la brama del monopolio. «Captans annonam,
maledictus in plebe sit!» tuonò Sant'Ambrogio: monopolizzatori
del raccolto, maledetti fra il popolo!. La possibilità d'agire con
ingiustizia fu già conferita ai detentori d'oro all'alba della storia.
Ma quel che l'uomo ha creato, egli può disfare. Basta creare una moneta
che non goda la potenzialità di aspettare nel forziere fino al momento
che favorisce il detentore della detta moneta, e le possibilità di
strozzare il popolo per mezzo della moneta, coniata o stampata, spariranno
quasi da sé.
L'idea non è nuova
I vescovi del medioevo già emettevano una moneta che fu richiamata
alla zecca per essere riconiata alla fine d'un periodo definito. Gesell,
tedesco, ed Avigliano, italiano, quasi nello stesso tempo ideavano un mezzo
ancora più interessante per arrivare ad una maggior giustizia economica.
Essi proponevano una moneta carta sulla quale fu obbligo d'affiggere una
marca del valore dell'un per cento del nominativo al principio di ogni mese.
Il sistema ha dato risultati così lodevoli in zone ristrette che un
popolo chiaroveggente ha il dovere di meditarci sopra.
Il mezzo è semplice. Non sorpassa le capacità intellettuali d'un
contadino qualsiasi. Tutti
sono capaci d'affiggere un francobollo alla busta d'una lettera, o una marca
da bollo a un conto d'albergo. Un vantaggio di questa tassa su tutte le
altre tasse è che non può incidere che sulle persone che hanno
in tasca, al momento dell'incidenza, danaro d'un valore cento volte più
grande della tassa stessa.
Un altro vantaggio è che non impedisce le operazioni di commercio,
né di fabbricazione; cade solamente sulla moneta superflua, ovvero
su la moneta che il detentore non è stato obbligato a spendere nel
corso del mese precedente. Come rimedio dell'inflazione, i suoi vantaggi
devono essere immediatamente comprensibili. L'inflazione consiste in una
superfluità della moneta. Col sistema gesellista ogni emissione di
biglietti si consuma in cento mesi, cioè in otto anni e quattro mesi,
ovvero porta al fisco una somma uguale all'emissione originale della moneta.
Le spese dei vari uffici adesso incaricati di strappare imposte al pubblico
potrebbero ridursi al minimo e quasi sparire.
Gli impiegati non vanno in ufficio per divertirsi. Si potrebbe dare loro
opportunità di andar a spasso, o ad alzare il livello culturale del
loro ambiente, anche pagando i loro stipendi attuali senza diminuire la
ricchezza materiale d'Italia d'un solo staio di grano, o d'un litro di vino.
A chi non piace lo studio, sarebbe concesso il tempo di produrre qualche
cosa d'utile.
Un grande errore dell'economia detta liberale è stato l'oblio della
differenza fra cibo, e quel che non si può mangiare, né adoperare
come vestito. Un realismo repubblicano richiamerebbe l'attenzione pubblica
su certe realtà basilari. Philip Gibbs, scrivendo dell'Italia agli
anglo-assassini, non capisce cosa si può fare con un prodotto che non
si vende. L'idea d'adoperare il prodotto non entra nella psicologia bolscevico-liberale.
L'errore
L'errore è stato la danarolatria, cioè il fare della moneta un
Dio. Questo fu dovuto alla snaturizzazione cioè all'aver fatto della
nostra moneta una rappresentanza falsa, dandole poteri che non doveva possedere.
L'oro dura, ma non si moltiplica da sé nemmeno se mettete insieme due
pezzi d'oro uno in forma di gallina e l'altro in forma di gallo. È
ridicolo di parlare di frutto o di frutta. L'oro non germoglia come il grano.
Una rappresentazione d'oro che pretende che l'oro possiede queste facoltà
è una rappresentazione falsa. È una falsificazione. E la descrizione
«falsificazione della moneta» può derivarsene.
Ripeto: abbiamo bisogno d'un mezzo di scambio, e d'un mezzo di risparmio,
ma non è necessario che lo stesso mezzo serva ad ambedue questi scopi.
Non è necessario che il martello serva di lesina. La marca da bollo
affissa al biglietto serve da bilanciere. Nel sistema usurocratico il mondo
ha sofferto ondate alternanti d'inflazione e di deflazione; del troppo danaro
e del troppo poco. Ognuno capisce la funzione del pendolo e del bilanciere.
Bisogna portare questa capacità d'intendimento nel dominio monetario.
Quando la moneta avrà un potere né eccessivo né troppo piccolo,
allora ci avvicineremo ad un sistema sano dell'economia. Si è persa
la distinzione fra commercio e l'usura. Si è persa la distinzione fra
debito e debito ad interesse. Già nel 1878 si è parlato del debito
non ad interesse; magari di debito nazionale non ad interesse. L'interesse
che voi avete fruito nel passato è stato in gran parte illusione; ha
funzionato a breve scadenza lasciandovi con un cifra di moneta superiore
a quella che avete «risparmiata» ma posseduta in una moneta di
cui quasi ogni unità valeva meno.
Dexter Kimball facendo censimento dei buoni delle ferrovie americane durante
un mezzo secolo ha fatto interessanti scoperte a proposito della quantità
di queste obbligazioni che furono semplicemente annullate da cause contingenti.
Se la memoria mi serve la cifra raggiungeva il 70%. Un interesse è
dovuto, giustamente, da industrie ed impianti che servono ad aumentare la
produzione. Il mondo ha perso la distinzione fra il produttivo e il corrosivo.
Imperdonabile, perché questa distinzione fu nota nei primi anni della
storia conosciuta.
Rappresentare un corrosivo come produttivo è falsificare. Ridurre la
moneta ai giusti poteri, lasciarle una durata corrispondente alle durate
esistenti nel mondo materiale, ed in più il suo proprio giusto vantaggio
(cioè quello d'essere scambiabile contro qualsiasi merce in qualsiasi
momento che la merce esiste) ma non dare alla moneta, oltre a questo vantaggio,
poteri che non corrispondono né alla giustizia, ne alla natura delle
merci rappresentate o corrisposte. Per questa via si potrebbe avvicinarsi
alla giustizia sociale e alla sanità economica.
Valor militare
Il valor militare non può esistere in un clima di vigliaccheria intellettuale.
Nessuno deve arrabbiarsi se la collettività rifiuta di accettare le
proposte sue, ma è vigliaccheria intellettuale non osare formulare
i propri concetti sociali. Specialmente in un'epoca pregna d'opportunità,
propriamente una epoca che annuncia la formulazione d'un nuovo sistema di
governo.
Ognuno che possiede una competenza storica ed una documentazione storica
deve formulare i suoi concetti in relazione alla parte dell'organismo sociale
che i suoi studi gli danno un diritto di giudicare. Per formare tale competenza
nelle generazioni future, si deve cominciare nelle scuole coll'osservazione
di oggetti particolari, per poi progredire alla conoscenza dei fatti particolari
della storia. Non è necessario che l'individuo abbia conoscenza enciclopedica,
ma è necessario che ognuno che agisce pubblicamente possieda una conoscenza
dei fatti essenziali del problema ch'egli tenta di trattare.
Comincia col gioco degli oggetti esposti per un istante davanti al bambino,
nella mano che viene poi subito chiusa. Il pensiero s'impernia sulla definizione
delle parole. Testi: Confucio ed Aristotele. Terminerei gli studi obbligatori
per ogni universitario con un confronto fra i due maggiori libri d'Aristotele,
Etica Nicomachea e La Politica, e il tetrabiblon cinese. Per educazione
pubblica ed extra-universitaria basterebbe il semplice regolamento delle
librerie, cioè che ad ogni libraio fosse fatto obbligo di tenere in
vendita ed, in alcuni casi importanti, di esporre in vetrina per qualche
settimana dell'anno certi libri d'importanza capitale.
Chi conosce i capolavori, specialmente Aristotele, Confucio, Demostene,
e il «Tacito» tradotto da Davanzati, non sarà abbindolato.
Per la moneta basta che ognuno pensi per sé al principio del bilanciere,
ovvero agli effetti nazionali e sociali che deriverebbero dalla semplice
affissione d'una marca da bollo nel punto dovuto. Meglio sul biglietto che
sulla
nota d'albergo.
Si è parlato dei cavalieri di S. Giorgio senza identificarli con dovuta
precisione. Il danaro può ledere, ma la conoscenza economica oggi è
piuttosto rozza, come fu la scienza medica quando si sapeva che una gamba
rotta fa male, ma non si riconoscevano gli effetti dei microbi. Non è
tanto il danaro che compra una volta un Badoglio, ma l'effetto segreto dell'interesse
che rode dovunque. Questo non è l'interesse pagato al privato sul suo
conto di banca, ma l'interesse sul danaro che non esiste, ovvero sul miraggio
della moneta, un interesse che equivale al 60% e di più in confronto
alla moneta che rappresenta lavoro onesto, o prodotti utili all'umanità.
Ripeto: si sono perdute le distinzioni fra produttivo e corrosivo; fra la
divisione dei frutti d'un lavoro fatto in collaborazione, e l'interesse
corrosivo che non rappresenta un aumento qualsiasi di produzione utile e
materiale. È, naturalmente, inutile far dell'antisemitismo, lasciando
in piedi il sistema monetario ebraico, che è il loro strumento più
tremendo di strozzinaggio. Ai Mazziniani domandiamo perché non leggono
quelle pagine de «I doveri dell'Uomo» che trattano delle banche?
PARTE IV
L'economia ortologica, il problema centrale
In un precedente articolo si è accennato all'impossibilità di
costituire, una scienza economica o di distinguere quella parte dell'economia
che è prudenza, scaltrezza, perizia da quella parte che è o può
essere scienza, senza prima definire chiaramente i termini basilari ed elementari
e raggiungere l'accordo sulle definizioni stesse. Riassumiamo brevemente
i principali risultati cui siamo giunti in questa parte, diremo terminologica,
del nostro precedente articolo.
La
moneta è un titolo o mandato quantitativamente prefissato,
scambiabile contro qualsiasi merce o servizio senza altra formalità
che la trasmissione da mano a mano e che non frutta interesse come i buoni
del tesoro, ferroviari o altri. La moneta è
sana o valida quando
è emessa, da chi possiede una merce trasferibile o da chi ha la possibilità
di eseguire un servizio, in corrispettivo della merce o del servizio, e
quando la merce o il servizio stesso sono desiderati.
L'
inflazione si ha quando la moneta è emessa in corrispettivo
di una merce o di un servizio non trasferibile o non desiderato, o quando
è emessa in eccesso della quantità desiderata o trasferibile o
non eseguibile.
Il
credito di un singolo o di una ditta corrisponde alla fiducia
degli altri nella possibilità e intenzione di pagare del singolo o
della ditta o eseguibile. Solamente in questi anni un pubblico eletto comincia
a rendersi conto, principalmente nelle questioni degli scambi fra Stati,
che questi pagamenti, in ultima analisi, vengono effettuati in merce.
Tentando di definire la
merce, potremo chiamare così qualsiasi
materia, prima o lavorata. Per entrare però nel campo economico occorre
che qualcheduno la desideri. Per fare un secondo passo verso una scienza
economica bisognerebbe definire il problema centrale dell'economia ed i
suoi necessari componenti o fattori. Lo studio economico trae nome dalla
parola oîkos = casa. Staccato da questa sua radice il termine diviene
sofisma e teorica vuota poiché la sua ragione d'essere è appunto
di far mangiare, vestire e vivere comodamente la gente, il che implica naturalmente
l'avvicinamento della merce da dove si trova a chi ne ha bisogno o desiderio.
Gli elementi necessari del processo economico in qualsiasi società
che abbia superato la fase primitiva sono quattro:
1. I prodotti della natura.
2. Il lavoro.
3. Il trasporto.
4) Il «Monetary carrier» termine che potremo tradurre in italiano
con «mezzo di scambio», «strumento monetario».
Questo strumento è una misura, ma di carattere sui generis
Non è infatti una misura posseduta dal venditore e che il venditore
trattenga dopo aver misurato la stoffa, il grano, il liquido venduto. È
anzi portata dal compratore e da questi lasciata al venditore in corrispettivo
della merce avuta.
Tutti questi elementi sono condizionati e governati dalla volontà.
Dal desiderio, dalla fame, dal freddo, sorge la volontà di possedere.
Dal senso etico umano sorge la volontà di regolare il processo economico
in modo giusto. Qui sta tutto il problema; problema che non esiste in vacuo
ma che deve essere situato dalla scienza nel mondo e nel clima dell'intelligenza
umana qual è non in un clima intellettuale astratto. È precisamente
in questo senso che noi uomini sparsi, indipendenti, di libero arbitrio
possiamo servire a qualche cosa, nonostante i limiti della nostra capacità
e sapienza. E qui bisogna ch'io elenchi vari fatti e piccolezze di diversa
importanza, fortuiti e senza significato apparente se giudicati uno ad uno,
ma che sono in complesso indici della natura del terreno cerebrale, e dell'orientamento
intellettuale o anti-intelligente.
Bisogna che racconti anche fatti da me vissuti, non per intenzione autobiografica,
ma solo perché bisogna riferire fatti concreti. Quattro anni fa io
stampai una lista di otto quesiti per conoscere l'opinione su di essi degli
uomini più intelligenti di mia conoscenza, o che sapevo interessati
al problema. Fra questi uno rispose a proposito del quarto quesito: «Bisogna
pensarci». Il quesito era: «Se la moneta viene considerata certificato
di lavoro compiuto, le tasse non sono più necessarie». Con questo
io non intendevo affermare una novità ma mi riferivo a speculazioni
ed esperienze già provate.
Sui fogli di moneta cartacea emessa dell'Unterguggenberger a Wörgl
si legge la parola «arbeitswert» cioè valore di lavoro. Tutto
il poema senza metrica che è stampato sul verso di questa moneta merita
l'attenzione dei più profondi pensatori. Si legge anzitutto: «Langsam
umlaufendes Geld» il che rende chiara la realtà di questa moneta
emessa in contatto diretto colle condizioni effettive di quella vallata
dell'Inn, dove non c'è che terra e uomini, dove unica ricchezza sono
i raccolti, che non si producono da sé. Questa moneta è circolata
effettivamente. Si vede dallo stato dei biglietti, sgualciti e sbiaditi
per il continuo passaggio da mano a mano.
La ricchezza della Vallata di Wörgl risulta direttamente dal lavoro.
Ed il lavoro solo è posseduto in potenziale da tutti gli abitanti.
Attenzione poi alla parola Geld sinonimo in tedesco di moneta, traccia delle
invasioni teutoniche. Il francese dice argent. Lo spagnolo danaro perché
«ubicunque lingua Romana, ibi Roma». La parola dotta e greca «numismatica»
deriva dal fatto che la moneta non è prodotto della natura ma del costume,
delle abitudini sociali. La parola nómos ha avuto poi anche un significato
più antico: prato, posto dove pascolano le bestie; poi ha assunto il
significato di cibo» e infine significati meno materiali: costume,
abitudine. Tutti questi significati della parola non sono accennati da Aristotele
nell'Etica Nicomathea. Eppure egli era un uomo riflessivo.
Non conosco le vicende morfologiche della parola greca prima di Aristotele,
ma per la comprensione chiara dell'economia mi pare un gran peccato che
la parola romana pecunia, titolo a una pecora, non abbia continuato a vivere
nel suo primo significato e che il mondo sia caduto sotto il dominio del
vitello dorato, idolo artificioso, che non ha mai partorito che stragi,
paure ed avarizia. Può essere che questo che io dico sembri ai dotti
professori e specialisti di una semplicità infantile; dovrei però
rispondere che in 18 anni di curiosità economica ho trovato in alto
loco una tale ignoranza dei più semplici ed elementari fatti e rapporti
economici che sento necessariamente il bisogno di cominciare col chiarire
delle cose che sembrano «quasi infantili» o col riferire brani
lessigrafici, i più pedanteschi, per evitare guai e confusioni ulteriori.
Le tracce di tale ignoranza sono visibili nel linguaggio stesso e la mancanza
di logica e di effettiva conoscenza domina il mondo d'oggi. A titolo d'esempio,
e non per scherzare, ricordo un delegato ad una conferenza internazionale
che aveva scritto un libro in cui non distingueva fra un aratro e un'ipoteca.
Altro aneddoto: avendo il Douglas dichiarato che nel sistema commerciale
dell'ottocento la produzione espressa in moneta si crea più velocemente
di quel che la potenza d'acquisto venga distribuita, il notissimo professore
X «confuta il Douglas» per i suoi buoni allievi perché a
suo giudizio, il Douglas avrebbe
trascurato l'elemento «velocità». In realtà egli cita
il Douglas omettendo proprio le parole da questo dedicate a quel concetto.
È quindi giustificata la diffusa opinione che l'economia non sia una
scienza? Io preferisco ammettere che il dotto prof. X non sia uno scienziato
nel senso che questa parola si adopera per gli studiosi di chimica e di
fisica.
La mia generazione non fu educata nell'economia
Io presi ad interessarmene nel 1918 o 1919 quando la stampa inglese si mostrava
tanto silenziosa nei riguardi del Douglas, e cominciai ad interrogare uomini
pratici. Una delle ore più «vissute» della mia vita fu quella
che passai in colloquio col Griffeths, fondatore del Sinn Fein, e promotore
della più o meno raggiunta autarchia d'Irlanda.
Ci, trovavamo nella sua camera per sfuggire ai detectives che infestavano
l'albergo. Era l'epoca dell'«armistizio» quando i delegati irlandesi
furono invitati a Londra con garanzia di immunità. Ad un certo momento
Griffeths disse: «Tutto quello che voi mi dite è vero. But I can't
move them with a cold thing like economics», cioè io non posso
sollevare questo popolo con una cosa fredda come l'economia.
Appresi molto in quel colloquio
La vita intima dell'uomo dipende dalla moneta. Quasi nessuno ne indaga la
natura. Forse il Trollope fu il primo romanziere ad accorgersi di questa
verità. Non si può scrivere l'Histoire morale contemporaine ignorando
la motivazione economica. Si va in fondo o si rimane alle apparenze. Nondimeno
le difficoltà per chiunque vuol fare un po' di luce sono enormi. L'incomprensione
è enorme.
L'economia non è una cosa «fredda». È una cosa calda,
cocente, come la fame, la sete. Entra nelle viscere. «Quia pauper amavi»
lamenta Ovidio. I dilettanti di buona volontà, i fanatici, quelli che
non hanno pratica degli affari, o della politica, o dell'amministrazione
si prestano ad ogni attacco. La paura di un McKenna di tutto quel che, viene
«dal di fuori», di tutto quel che è amateur, è quasi
giustificata. O almeno io comprendo l'avversione d'un tale uomo per noi
autodidatti, per chiunque non sia allenato alla precisione.
Ho citato errori dei tradizionalisti. Fra noi, cioè fra i miei amici
riformatori, gli sbagli sono pure frequenti; sbagli di buona fede, provenienti
dal non aver abitudine al metodo, o dal non comprendere la mentalità
dei lettori o semplicemente dal fatto che il «terreno» è
nuovo. Solamente nell'economia, fra tutte le scienze, esistono «nemici»
in questo senso. L'errore deve servire ad un rischiaramento. Notare a proposito
del significato materiale di nómos che il Monte dei Paschi trovò
e mise in atto le basi valide del credito nella prima parte del seicento;
e cioè:
1. L'abbondanza della natura.
2. La responsabilità di tutto il popolo.
La Chiesa o gli economisti cattolici nel millennio fra Sant'Ambrogio e Sant'Antonino
da Firenze misero in luce altri rapporti veri, considerando l'interesse
come componente nel problema del giusto prezzo. Così facendo evitavano
i fanatismi di chi voleva totalmente abolire l'interesse.
La distinzione fra usura e partecipazione non fu nuova. Pur nei libri di
Mosè si distingueva fra il frutto ed il corrosivo, neschek, il serpente
che morde. Lo Stato, o chiunque fornisce una misura per gli scambi, lavora.
In quanto questa misura è stabile o varia in modo sistematico, chiaro
a tutti, lo Stato o l'emittente della moneta merita un compenso. Questa
è la base etica per le marchette di Avigliano e di Gesell o per i demurrage
charges sulla moneta. Senza parlare in particolare di questo o quel processo
economico insisto che per una chiara comprensione della verità economica
in genere tutte queste premesse devono essere comprese, messe in rapporto
l'una con l'altra e con le loro basi etiche.
Nei tempi passati anche coloro che fornivano i dischi metallici avevano
una loro funzione e attraverso mille anni di ricerche del giusto compenso
l'idea del 5% si è fatta luce. Dire che quelli che fanno i calcoli,
che tengono una contabilità sana non hanno diritto a niente, sarebbe
un assurdo da fanatico. Su questo terreno i socialisti inglesi o alcuni
fra loro combattono il Douglas, appunto perché egli cerca il prezzo
giusto per tutti i servizi e per tutte le merci. Si deve comprendere che
lo Stato emettendo moneta sana e valida serve ed ha diritto a un compenso,
compenso che differisce da qualsiasi tassa o imposta. La differenza fra
imposta e partecipazione data almeno dal sistema «dei nove campi»
dei vecchi imperatori cinesi. È una distinzione cardinale per l'economia
ortologica e volizionista.
Queste mie frasi sono disordinate? Sembrano confuse? È forse naturale
che le comuni opinioni siano confuse: il caos non è mai stato abolito
da nessuno.
Il codice di Napoleone non lo abolì
Del resto un'idea nuova, o magari una scienza, nasce dal caos. Bisogna poi
considerare non solamente la confusione esistente nelle opinioni del pubblico
ma anche le condizioni e le contingenze in cui si trova quel migliaio di
persone più o meno qualificate e competenti a collaborare nella formazione
di una cognizione vera. Il W., per esempio, non distingueva fra aratro e
ipoteca. Il vecchio X che era consigliere della Banca d'Inghilterra e simultaneamente
del Governo americano, tanto che dopo le sue dimissioni si sussurrava che
tutti e due lo impiegavano più come informatore che come consigliere,
sedeva nella vita privata su un ricco sofà e confessava: «Signora,
le confesso, io non ci capisco».
Parole che rimano con quelle di un giovane e brillante professore di Cambridge:
«Ma non capiscono!». Egli parlava dei suoi colleghi della facoltà
economica di quella Università e ripeteva con voce sempre, più
soffocata: «But they do.... not... know. They do not know!». Abbiamo
di fronte una incomprensione vera. Ed abbiamo inoltre da combattere i nostri
propri difetti di metodo e di pervicacia ed i nostri personali limiti d'intelligenza.
Veniamo al concreto e al particolare. Douglas era ingegnere abituato a far
i suoi disegni e a presentarli ai competenti. Diceva, da sé, che non
era un capo di partito, che non poteva capeggiare un partito. Dopo la visita
del Douglas agli Stati Uniti il senatore Cutting mi scriveva con amarezza
che egli aveva dato un ricevimento in onore del Douglas, invitando quanti
senatori e deputati credeva capaci di comprenderne le teorie. «Douglas
hadn't sold the idea». Douglas. che non era al corrente delle abitudini
americane, non aveva «esposto» le sue dottrine, si era insomma
condotto come un qualsiasi europeo modesto che va ad un ricevimento ed aspetta
che gli altri gli rivolgano delle domande.
La lista mandatami da Cutting dei senatori capaci di comprendere l'economia,
è breve, da un certo punto di vista, tragicamente breve. Era distinta
in due gruppi: di quelli competenti a comprendere il Social Credit, e di
quelli aderenti ad altre dottrine «eretiche» ma interessati all'economia.
La sua lista dei deputati era ancora più breve, ma egli scriveva che
naturalmente conosceva meno i membri dell'altra Camera che quelli del Senato.
La morte di questo senatore in un incidente aviatorio ha certamente procrastinato
la riforma monetaria nel mio paese. Si pensi alla posizione d'un altro senatore
più vecchio che parlando al Cutting diceva: «lo non comprendo
il Douglasismo, ma se Lei lo vuole io vi sosterrò». Evviva l'amicizia
personale! Non si può certo definire però quest'attitudine precisamente
scientifica.
Altro caso, il Brenton, conosciuto in privato con l'appellativo di «cane
malaticcio» è un bravo ragioniere. Vive in un'atmosfera di nobile
passione ed esasperazione. Per dieci anni ha battagliato quasi da solo,
calcolando le percentuali del «A» e del «B» nell'algebra
Douglasista. Disprezza il mondo e quasi tutti i suoi abitanti. È apprezzato
altamente dal manipolo dei ben disposti che possono servirsi dei suoi calcoli.
È arrivato fino ad attaccare un libro sul suo giornale senza averlo
letto, solamente perché l'annuncio dell'editore faceva capire che in
esso si trattava di altre idee economiche. La scienza si costruisce con
calma. Non che io voglia negare il valore della passione. Passione e esasperazione
aprono spesso la via a nuove idee, motivano e stimolano l'azione ecc.
Ma ora è questione di creare una scienza, un'economia ortologica e
coerente. Nel 1919 Orage lamentava che Douglas «non sapesse scrivere».
Io non capii queste parole. Gli scritti del Douglas mi parevano chiarissimi,
ed il secondo volume dove collaborò Orage mi pareva anzi inferiore
al primo. L'incomprensione e l'incomprensibilità non sono certo una
cosa semplice ed uniforme. Un non specialista crede di comprendere dove
un perito vede un mucchio d'ambiguità e dove il dilettante non ne vede
nemmeno una. Questa è soprattutto la causa che tanto separa i lettori
dagli scrittori. Non cerco perciò di riordinare queste mie pagine.
Bisogna che il lettore serio si renda conto da solo
1. Della difficoltà della materia.
2. Della difficoltà di farsi comprendere in questa materia.
Comprensione che viene sabotata dai veri oppositori, monopolisti, privilegiati,
che non vogliono che la luce si faccia. Vi paiono eccentriche le mie opinioni?
Ebbene ricordate come prima della guerra abissina molti Italiani credevano
eccentrica la mia opinione che la stampa inglese fosse bugiarda. Per un
americano questa scoperta può anche essere una riscoperta. Jefferson
scriveva ad un amico intimo: «The EngIish papers; their lies».
Evviva il buio pesto!
In America oggi si possono comprare gli scritti di Lenin, Trotski, Marx,
Stalin, in pratiche edizioni a 10 e 25 cents. Gli scritti dei padri della
repubblica non si possono comperare: o non sono stati mai stampati o sono
esauriti. Eppure dal I776 al 1860 gli Stati Uniti rappresentarono il più
interessante «esperimento statale» del mondo e con l'andar degli
anni l'interesse non è diminuito. Io ho 10 grandi volumi di Jefferson
per caso. Il padre di T. S. Eliot era jeffersoniano, e ne diede un'edizione
al figlio, il quale, non interessandosene molto la passò a me. Le lettere
di John Adams le ho viste solamente alla Biblioteque National di Parigi,
e da anni le cerco, per comperarle. Van Buren scrisse la sua autobiografia
nel 1861 ma questa fu stampata solo nel 1920, non credo per macchiavellismo
dei banchieri ma piuttosto perché la notte d'ignoranza era così
fitta che gli stessi professori e storiografi non ne comprendevano l'importanza.
Tutta la battaglia fra lo Stato e le banche combattuta negli Stati Uniti
dal 1830 al 1840 e vinta dallo Stato è quasi da tutti ignorata. Di
tutto ciò non si parla nei libri di scuola. I nostri grandi presidenti
John Adams, Jackson e Van Buren non fanno grande figura in questi libri.
E solamente in questi ultimi anni si cerca di rendere un po' di giustizia
a Andrew Johnson, che successe nell'alta carica dopo la morte del Lincoln.
Il frutto della battaglia del 1830-1840 andò perso nella confusione
della nostra guerra civile.
La nostra scienza non sorge nel vacuo
È più di ogni altra confusa e sabotata dagli interessi coscienti
ed incoscienti. I monopolisti non sono solamente i fautori della emissione
creditizia. Gli occupatori di poltrone, una volta dette cattedre, non tollerano
serenamente di essere disturbati. Il professore Scott Nearing fu cacciato.
Il Kitson mi scrive: «Tre professori che per primi adoperarono i miei
libri in classe furono cacciati dai loro posti».
Esiste il sabotaggio industriale, gli inventori hanno sempre incontrato
delle difficoltà; per esempio la storia del telefono automatico è
interessante a questo proposito. Mi sorprende che il rapporto del Tweddel
nel «Medical World» del gennaio 1931 sulla cura calcica della
tubercolosi polmonare non abbia avuto maggiori ripercussioni. In tutti i
casi, ad eccezione della questione monetaria, gli interessi sono speciali.
I sabotatori costituiscono dei piccoli gruppi. Contro una vera scienza economica
insorgono invece i più potenti dei monopolisti, con tutta la stampa
che è padroneggiata dai grandi trust, banche, ecc. E, d'altro lato,
sta il popolo indeciso. T. S. Eliot, ottimo giudice della psicologia inglese,
mi scrive: «Tutto questo interesse popolare sparirà con l'aumento
delle paghe dovute al riarmo e all'attività contingente».
La curiosità delle masse nelle grandi democrazie, anche quando per
un quasi miracolo o per molte sofferenze viene sollevata, è destinata
a venire meno mediante 10 o 15 scellini la settimana. Rimangono solamente
i pochi studiosi o i grandi appassionati. E questi ultimi commettono errori.
Hanno i difetti connessi alla loro qualità. Non osano dire: «Ho
sbagliato». Qualche volta è difficile convincerli che devono dire:
«Ho sbagliato». Hanno cariche, ecc. La loro autorità dipende...
ecc. Un altissimo dignitario mi felicita della mia versatilità. Io
non mi rallegro. E non vedo la versatilità. Un poema epico è un
poema che contiene la storia. Chi non s'intende di economia non capisce
affatto la storia. Senza andare in fondo del problema economico e di quello
specifico della moneta, io farei una cosa superficiale e non un poema serio.
Il clima intellettuale del tempo nostro si ribella. Ammira Dante ma si rivolta
contro le parole: «I guai che sopra Senna induce falseggiando la moneta»,
dove il Poeta condanna una svalutazione pre-Rooseveltiana. Dante occupandosi
di valori etici per forza doveva considerare la moneta e lo staio. Omero
considera il problema del vitto, dell'allevamento dei suini, della logistica
e dei cibi per Ulisse e i suoi marinai. L'estetica borghese vuol non solamente
che l'arte abbandoni il disegno per l'ornamento, ma vuol che anche la poesia
si riduca a giochi di parole, a pura ornamentazione verbale, «splendore
di frase» ecc.
Bisogna creare un laboratorio per l'economia, magari un laboratorio cerebrale,
in piena coscienza delle condizioni che ne determinano il funzionamento
come si fa per la chimica e la biologia. Io dico tutto quel che penso. La
prima volta che scrissi per questa Rivista, il direttore non abituato ai
miei difetti non mi fece correggere le bozze di stampa ed io non vidi le
didascalie sotto i cliché della moneta carta. Per un numismatico si
deve dire sotto il primo: «Dritto d'un biglietto emesso secondo il
sistema di Gesell dal Gesellista Unterguggenberger. Grandezza originale
8 x 14 cm.». Per la terza riproduzione con le parole aggiunte e non
mie «in magazzino» si apre un problema ben importante. Forse nessuno
sa con precisione dove sia il limite fra l'emissione di moneta e l'emissione
di credito.
Certo mio nonno non teneva la sua legna sotto un tetto. «Magazzino»
era forse la foresta oppure forse gli ammassi di tronchi d'alberi già
tagliati. La consegna era generalmente in forma di tavole segate. Non so
dove si arrestasse la «moneta» nel senso nostro, e dove cominciasse
il credito, cioè il complesso di fiducia fra lavoratori e padrone,
la disponibilità della foresta vergine, ecc. Analogamente io ho sempre
sostenuto che a un certo punto la lira era basata sulla parola del Duce.
Per me una base molto più sicura dell'oro altrui. Voglio alludere all'oro
vincolato, manipolato dagli irresponsabili, condizionato, sotto l'influsso
dei R. o l'astro dei D. Non c'è economista ai nostri giorni che non
abbia bisogno di confessare apertamente e di esaminare e riesaminare in
sé stesso il limite della sua propria ambiguità, i punti dove
egli sbaglia, se non grossolanamente come in W., per lo meno sempre in notevole
misura, commettendo queste piccole confusioni e lasciando terreni coperti
di nebbia.
I colpevoli sono quelli che non vogliono conoscere i fatti
Il prof. R., per esempio, che mi mandò tre cartoline umoristiche negando
che un paese possa avere una specie di moneta per uso interno ed un'altra
per gli scambi internazionali. Il W. che fece escludere le mie lettere da
un grande quotidiano londinese, perché l'avevo chiamato in privato
bugiardo pagato, e i gentlemen non parlano così. Lo stesso W. ammetteva
poi in lettera privata a me che lo Stato può emettere moneta direttamente
ma che egli non approvava tale procedimento. Nessuna altra scienza soffre
come la scienza monetaria delle opinioni politiche di quelli che scrivono,
intorno e a proposito di tali argomenti. Dico intorno e a proposito volendo
distinguere quest'attività dall'analisi, dalla ricerca storica, dall'attività
scientifica di coloro che indagano la natura della moneta, e i rapporti
effettivi fra la scienza monetaria e il buon governo.
La scienza di questi rapporti esiste e può svilupparsi
Il Mencio tre secoli a. C. ricorda che fra il re Shun e il re Wan passavano
mille anni e che quando la loro saggezza fu messa insieme pareva «due
parti d'un sigillo». Bisogna che almeno qualche centinaio di persone
smetta di parteggiare pro o contro per sorreggerci fra noi con un po' di
comprensione. Non desidero che le mie definizioni siano discusse, ma vorrei
piuttosto suggerimenti pratici e positivi. Come si può definire meglio
la moneta, il credito ecc.? Esistono o non esistono altri componenti fondamentali
del problema oltre la materia, il lavoro, il trasporto e lo strumento monetario,
tutti e quattro governati dalla rettitudine. dalla directio votuntatis?
PARTE V
Il dubbio circa la natura dell'economia cosiddetta «ortodossa»,
se dovesse considerarsi come tentativo sincero, può dirsi ormai superato
da almeno 50 anni. Attualmente fra i seguaci dell'ortodossia non possono
esserci che dei ciechi, o dei carrieristi in malafede. Chi indaga sinceramente
non può tardare 15 anni a rendersi conto di fenomeni visibili e comuni.
Dire che l'economia non è scienza sarebbe, d'altra parte, da disfattista
e non farebbe che ingenerare confusione. Mezzo secolo fa l'aeronautica e
la radiofonia non potevano ancora dirsi «scienze». Quello che
uomini seri possono oggi fare è di distinguere tra quella parte dell'economia
che è scienza, dominio della episteme, e quella che è tekhne o
dominio della abilità, dominio del phronesis.
Si può dire che l'arte di condurre una nave non sia una vera scienza:
eppure la scienza della navigazione esiste e si perfeziona: dalla bussola
semplice si arriva alla giroscopica. È naturale purtroppo che nelle
pubblicazioni economiche regni la confusione, dato che lo studio dell'economia
attualmente viene fatto da empirici, da uomini che mancano di una seria
preparazione terminologica. Vediamo per esempio nel mondo anglo-sassone
quali sono gli scrittori onesti e seri che hanno costruito la scienza economica
viva.
Soddy, premio Nobel per la fisica; Douglas, ingegnere, capo del Westinghouse
in India; Larrañaga, ingegnere stradale; Orage, giornalista convertito
da Douglas; Kitson, inventore della lampada Kitson; Gesell, commerciante;
ecc. Tutti uomini pratici! E dire che hanno scoperto la luna non significa
nulla, ché almeno hanno riscoperto la vera luna, mentre i professori
continuano a baloccarsi infantilmente con una luna finta di teatro; illusionisti,
capaci di aver presa sul pubblico solo all'interno della loro baracca.
Per rendersi conto della mentalità dei fondatori della cosiddetta economia
ortodossa prendiamo, per esempio, una frase di Ricardo «No commodity
which is not subject to require more or less labour for its production».
Sembra che David Ricardo non fosse mai entrato in un pollaio e che l'uovo
di gallina fosse escluso dal suo sistema economico. Eppure come misura di
valore nutritivo l'uovo precedeva l'indice dei prezzi.
Osservando direttamente i fenomeni naturali l'uomo medio sbaglierà
meno che dopo essersi infarcito la testa di logaritmi e di mitologie bancarie.
Non ho nessuna intenzione di scherzare! Il valore dell'uovo cresce e diminuisce
in rapporto al crescere e al diminuire della fame. Aristotele ci ha lasciato
una parola di significato oscuro e complesso: kreía. Utilità,
desiderabilità che il Rackham, naturalmente di Cambridge, traduce senz'altro
«domanda». La scolastica non c'illumina. Aristotele «aveva
ragione» ma intendeva dire che il valore di un'unità monetaria
«is worth what you can get for it».
Assolutamente vero, ma non può dirsi questa terminologia scientifica
Lo studente può entrare in biblioteca e consultare anche 50 pretesi
trattati d'economia senza trovarne uno che cominci euclidamente con un elenco
chiaro di definizioni dei termini più comuni, fondamentali e necessari
per discutere di questioni economiche. Cominciamo per esempio, con il termine
«moneta» Aristotele lo definisce male, ovvero non lo definisce,
ma ne parla senza veramente definirlo. E l'umanità è rimasta per
venti secoli in questo stato di semi oscurità.
Io ardirò dare alcune definizioni, pur rendendomi conto che esse non
potranno essere di grande utilità fino a che una qualche accademia
o congresso o meglio ancora un gruppo di specialisti seri e autorevoli,
non riconosca la validità di questo lavoro lessicografico. Per mio
conto vorrei ben essere un lessicografo come Lorenzo Valla e potermi annoverare
tra i seguaci di Claudio Salmasio, che a modo suo fu pure un lessicografo.
Proponendoci di creare un linguaggio scientifico dobbiamo considerare anche
il modo di. tradurre alcuni termini in lingua straniera. Qual è il
preciso significato delle due parole italiane «denaro» e «moneta»
e quale è meglio adoperare nelle definizioni economiche?
«Denaro» significa sia carta moneta che moneta metallica. Ho sentito
un alto personaggio dire: «ma la vera moneta è l'oro». L'oro
greggio non è moneta; lo scambio di monete d'oro con altra merce è
in fondo una specie di baratto: baratto di una certa quantità di stoffa
o di un certo, peso di merce, contro metallo, in precedenza pesato e misurato.
La qualità essenziale della moneta è d'essere misurata e di poter
servire come misura. Anche nel baratto di un disco di metallo prezioso con
merce, ciò che determina nel primo la qualità di moneta è
il conio dello stato. Un governo che dicesse: «non possiamo costruire
strade perché non abbiamo denaro» sarebbe ridicolo come un governo
che, dicesse: «non possiamo costruirne perché non abbiamo chilometri».
1. Proviamoci a definire che cos'è la moneta. «Money is measured
claim» La moneta è un titolo o mandato misurato. «Money is
a general claim». La moneta è un titolo non specifico ma generale.
La moneta è inoltre scambiabile, ovvero si può trasferire senza
formalità da uno all'altro, e non frutta interesse come un buono di
stato, delle ferrovie o di una qualsiasi società anonima. Consideriamo
ora i termini inglesi. «Money» è forse meglio tradurlo con
«denaro» che con «moneta»; «coin» significa
poi precisamente «moneta metallica» e per la «moneta cartacea»
non si può usare l'espressione «paper coin» come pure potrebbe
sembrare!
2. Passiamo al termine «credito». Si dice che un uomo ha credito
quando si crede che sia capace di pagare in denaro e si ritiene che egli
non cercherà di evitare o ritardare il pagamento. Il «debito»
non è precisamente l'opposto del credito. Il «credito» infatti
è sovente la possibilità di far debiti e non significa sempre
necessariamente il corrispettivo di un debito già acceso. Siamo perciò
di fronte a un termine ambiguo e mentre nella contabilità, in italiano,
si parla con maggior chiarezza di «attivo e passivo», in inglese
si deve dire «credit» e «debit» o, secondo gli scrittori
teorici, «credit» e «debt».
3. Passiamo infine all'«inflazione,» Tra le mezze verità
della pretesa ortodossia alcune si basano su fenomeni naturali e iterativi.
La cosiddetta inflazione va anzitutto distinta dall'inflazione vera e questa
si ha quanto si emette denaro «corrispondente» a merci o servizi
che nessuno vuole o in eccesso della quantità desideratane. La moneta
non ha valore quando è emessa «contra». Per esempio, emettere
denaro o moneta «contra» un obice esploso nel 1917 sarebbe inflazione
e la moneta stessa non avrebbe valore, poiché nessuno vuole quell'obice
e nessuno può consegnarlo.
Una lista breve di definizioni valide può permettere all'uomo medio
di sfuggire agli inganni, e alla perfidia assoluta e condannevole dei grandi
usurai e monopolisti. Di fatto con una definizione ovvero con un concetto
serio e giusto del denaro il Soddy, dopo la pubblicazione di una quantità
di libri oscuri per i lettori, per quanto oltremodo ponderati e chiari per
il prof. Soddy arriva nel Tomorrow's Money a scrivere «Just as it is
unthinkable that private people should have the power to levy taxes so it
is preposterous that the banks, in the teeth of all the constitutional safeguards
against it, should by a mere trick usurp the function of Parliament and,
without any authority whatever, make forced levies on the community's wealth»,
a sostenere cioè che è sbalorditivo che le banche, senza essere
minimamente autorizzate a farlo, possano prelevare per loro uso privato
la ricchezza del popolo.
Distinguiamo
Distinguiamo tra la situazione odierna italiana e quella dei paesi anglosassoni.
Distinguiamo tra paesi dove la eccessiva disponibilità di beni crea
crisi, e paesi che invece ne hanno grave penuria e torniamo un po' indietro
per accennare in breve allo storia della «nuova economia che è
poi in tanta parte vecchia sapienza o conoscenza. Quattro sono le correnti
vive nel pensiero economico d'oggi: 1) il Douglasismo; 2) il Gesellismo;
3) l'economia canonista che trae origine da S. Ambrogio e si evolve con
S. Antonino; 4) l'economia corporativa, con la sua politica di bonifica,
la battaglia del grano, gli ammassi, gli assegni famigliari, i buoni viveri,
i buoni del lavoro, il controllo statale ecc. Di quest'ultima non c'è
bisogno ch'io parli in Italia né ch'io ne scriva in italiano dato che
sono gli altri paesi che hanno bisogno di apprendere e di approfittarne.
L'economia ortologica che noi dobbiamo fondare deve contemplare alcuni fatti
trascurati dai cosiddetti «ortodossi» La merce è di durata
disuguale. Il marmo dura; i legumi si sciupano, fragole, spinaci e patate
hanno una durata relativa; sedie, case, opere di Fidia, Prassitele o Botticelli
hanno una durata notevole. L'uomo primitivo adopera uno strumento là
dove l'uomo civile ne adopera una dozzina. Non è necessario seguire
tutti i costumi e le abitudini del passato; non è necessario adoperare
lo stesso mezzo per lo scambio e per il risparmio, solamente perché
il Signor Nitti la intendeva così.
Un elenco degli uomini seri
Collaborano alla scienza economica, pur se sono degli empirici, pur se hanno
una sola scoperta al loro attivo e non sono in grado di coordinarla con
la storia o con le idee giuste e valide di altre scuole o di altri tempi
o sette economiche. Riconosciamo facilmente che un tale osservò la
capacità del vapore a sollevare il coperchio di una teiera. Questo
vale anche se l'inventore non ha pubblicato una enciclopedia o un voluminoso
trattato di fisica.
Riconosciamo che C. H. Douglas ha scoperto da sé l'insufficienza del
potere d'acquisto distribuito da sistema industriale dell'800 e del principio
del secolo XX. La sua fabbrica distribuiva potere d'acquisto più lentamente
di quel che creava i «prezzi», cioè la merce buttata sul
mercato. Creava quindi una quantità di prezzi in un mese superiore
alla capacità d'acquisto distribuita. I monopolisti, che vivono della
fame altrui, vorrebbero tagliare l'uomo secondo la misura della giacchetta.
Douglas vedeva invece la possibilità di emettere capacità di acquisto
corrispondente alla quantità della merce consegnabile e desiderata
dal popolo. In ciò c'era poco di nuovo e molto di onesto. David D.
Hume aveva già visto che la prosperità non dipendeva dalla quantità
di moneta di una data Nazione ma dal fatto che questa quantità fosse
in aumento. Il Cairoli accenna che lo «Denar merce» di Carlo Magno
non aveva sempre lo stesso valore. Il denar grano «conteneva»
meno grano nell'anno 808 che nell'anno 796.
L'uomo morale e di buona volontà può studiare questo fatto e il
concetto del prezzo giusto nel Giusto prezzo medievale del sacerdote L.
P. Cairoli (Merato, Tipografia Pessina, 1913), libro equo e sano che raggiunge
quasi una bellezza stilistica e un valore letterario per la candida sincerità
dell'autore. Fra gli scrittori utili nominiamo MacNair Wilson, che ha bene
educato il suo pubblico a riconoscere che le banche non prestano denaro
ma solamente promesse di pagamento (cfr. The Promise to Pay, Londra, Routledge).
Il Gesell, pur uscendo dall'angolo visuale libero scambista, rievoca dei
vescovi medievali. Con le sue «demurrage charge» queste marchette
alla moda di Avigliano che si devono attaccare al biglietto ogni mese per
mantenerne il valore dichiarato, egli intendeva stimolare la velocità
della circolazione della moneta, e il borgomastro Unterguggenberger a Wörgl
dimostrò l'efficacia di questo sistema. Il Gesell demolì la parte
morta di Marx con la frase lapidaria: «Marx never questioned money»
cioè Marx non interrogò mai la natura del denaro, non l'analizzò.
I vantaggi del sistema di Gesell sono almeno i seguenti:
1. Nei paesi pseudo-democratici può liberare la nazione, cioè
il governo e il popolo dal dominio dei banchieri e degli usurai. Benché
nessun gesellista puro sangue abbia mai considerato la moneta prescrittibile
dal punto di vista statale e corporativo.
2. Con un bollo proporzionale dell'1% del valore del biglietto da aggiungersi
mensilmente, una circolazione di 12 miliardi, darebbe allo stato una rendita
di 1 miliardo l'anno, quasi senza spese per la riscossione, che sarebbe
-automatica e pressoché libera da ingerenze burocratiche.
3. Invece di ammucchiare debiti coi National Bonds al modo di Roosevelt,
ogni debito statale, ogni titolo alla ricchezza della nazione, invece di
raddoppiarsi si estinguerebbe in 100 mesi cioè in otto anni e quattro
mesi.
4. I buoni del tesoro potrebbero pur continuare ad esistere in mani private,
come mezzo di risparmio per chi vuol provvedere alla vecchiaia e alla famiglia,
ma sarebbero considerati come un dividendo di Stato a una classe meritevole
di cittadini non come una necessità ineluttabile per un governo che
voglia usare del suo credito.
Lo Stato non ha affatto bisogno di pagare un «noleggio»
Il suo credito non ha bisogno cioè di prenderlo a prestito dai grandi
usurai di professione come si fa quasi in ogni paese non consapevole e troppo
legato a preconcetti dannosi, per esempio nella mia disgraziatissima patria,
in Francia nella sua grave crisi morale odierna, in Inghilterra per dominio
di tradizioni accettate senza intelligenza dei fatti nuovi del mondo.
La seconda generazione dei Social Creditors, dopo gli empirici e gli inventori,
ha dato il Butchart, che, stimolato da A. R. Orage, ha pubblicato il primo
libro di economia ortologica, Money, the views of three centuries. Over
200 Extracts from 170 writers from 1641-1935 (Nott, Londra, I935). Col secondo
volume, Tomorrow's Money, il B. è stato meno felice; ha raccolto infatti
sette scrittori di opinioni diverse, tutti meritevoli, ma non è riuscito
a fare che i singoli autori leggessero reciprocamente i capitoli da loro
redatti. Il libro vale tuttavia per la ristampa di alcuni scritti del Douglas
e per una pagina del Soddy già citata in questo articolo.
Tra i volgarizzatori si devono nominare Irving Fisher e Christopher Hollis.
Si deve distinguere: Fisher è un giornalista che scrive bene. Quaranta
pagine del suo «Stamp Scrip» meritano l'attenzione di ogni uomo
anche se professore di cattedra. Fisher non s'impegna a fondo battaglia.
Forse è ottimista e cerca di persuadere i grandi usurai americani ad
accontentarsi di mezzo chilo di carne umana invece di «shylockare»
fino all'ultimo etto e grammo. Christopher Hollis ha scritto un libro di
grandissimo valore The Two Nations (Routledge, Londra I935) ed ha continuato,
poi, a lottare in diversi libri per il gran pubblico, dove ben può
dirsi abbia mano felice; egli infatti è fra i pochi economisti che
riescono a trattare la scienza monetaria e i problemi veri dell'usura in
modo che i loro libri si vendano e giungano alla terza edizione. Questa
fase appartiene all'educazione popolare, assai necessaria nei paesi dove
persistono i governi di cosiddetta maggioranza.
Wyndham Lewis chiama il governo inglese: Fake antique, finto antico. Pur
essendo letterato e satirico ha contribuito recentemente con un libro di
altissimo valore sociologico, riservato al pubblico eletto, Count your Dead,
They are Alive (Preparation for another Great War about nothing). Non lo
cito come economista ma per indicare il ritmo con cui questi problemi penetrano
le opere di scrittori viventi e di prim'ordine.
I quattro migliori poeti americani d'oggi si occupano di problemi monetari
come, di fatto se ne sono occupati i grandi scrittori quali Dante, Shakespeare,
Aristotele, Hume, Berkeley, Montesquieu, ecc. Un'altra corrente ideale che
si orienta su queste idee, si manifesta negli scritti di coloro che si rifanno
ai fondatori della repubblica americana, cioè di Jefferson, Jackson,
Van Buren (v. il mio Jefferson and or Mussolini, pag. 114-119, i libri di
W. E. Woodward, A New American History, gli articoli del padre Coughlin
e di Buck o più specificamente la parte più efficace del libro
del Coughlin che è intitolata semplicemente Money, pag. 211-213).
Sarebbe difficile dire quali riviste inglesi e americane uno straniero dovrebbe
leggere per il fatto che la vita intellettuale in questi paesi si manifesta
in pubblicazioni effimere che durano due o tre anni (o meno e quindi cessano
di esistere subitaneamente o decadono in una specie di burocraticismo letterario
o ideologico, assumono un «protective colouring» e si adagiano
nelle idee fatte.
Dobbiamo pur dire che i fascisti inglesi hanno da un anno iniziato la pubblicazione
di periodici economico-sociali di ben altra vitalità e cioè del
«Fascist Quarterly» (1936) e del «British Union Quarterly»
(1937). Questa è la sola rivista inglese nella quale io abbia potuto
leggere scritti degli altri collaboratori fra i quali il generale Fuller,
Salazar (Portogallo), Wyndham Lewis, A. K. Chesterton, W. Joyce, Jenks.
Potrei citare altre benemerenze della stampa periodica di partiti politici.
Hugo Fack che ha il grande merito di aver pubblicato The Natural Ecogomic
Order di Gesell nel Texas a spese sue, mentre i grandi editori non ritenevano
che tale pubblicazione fosse un affare, impronta tuttora il suo giornaletto
«The Way Out» alle idee circa la Scarcity Economics o economia
della mancanza, nonostante la pubblicazione della Chart of Plenty di Kolb
(vedi recensione di Odon Por in «Rivista del lavoro» marzo I936).
La libertà di parola non esiste fra queste sette di razza liberale
Né le pubblicazioni dei gesellisti né quelle ufficiali del douglasismo
permettono la discussione aperta delle idee economiche. Sembrano ipnotizzati
e irrigiditi come musulmani decadenti. Si azzuffano fra loro. Douglas considera
le marchette della moneta prescrittibile come una tassa noiosa, inutile
e perpetua, per quanto più comprensibile della «cancellazione»
del credito douglasista e dei suoi sconti e cioè dei mezzi d'annullamento
di credito emesso. I gesellisti s'infuriano quasi sadicamente al pensiero
che la razza intera può approfittare del lavoro di coloro che sono
già morti, e delle scoperte della scienza. Il «Fig Tree»
non accenna ai progressi dei non douglasisti, sia dei gesellisti sia del
sistema corporativo. Il settimanale «Social Credit» presenta interesse
solo nel suo campo speciale. Il «New English Weekly» s'affonda
nel temperamento dei sobborghi inglesi e va quindi intonandosi al colore
di quella vita sbiadita più che a una ideologia specifica e ben definita.
Il «New Democracy» di New York è stato utile ma ha cessato
di esistere. Coughlin fa un lavoro di educazione popolare attraverso un
settimanale per il gran pubblico, non per gli iniziati, «Social justice».
Però nel mese di giugno anno XV, trovo nel suo giornale notizie che
non vengono stampate altrove o che altrove sono ridotte a poche righe soffocate
tra colonne di scandali e camouflage.
Dai signori direttori della stampa periodica a carattere generale ricevo
spesso questo invito: «Can't you write about anything except economics?».
Domando scusa ai lettori seri se ho parlato di cose troppo diverse tra loro.
Ho brevissimamente accennato a certi lavori frammentari ma sinceri di un
manipolo di scrittori sparsi, che non sono ma che potrebbero essere coordinati
se si trovasse un nucleo coerente di tecnici pronti ad assumersi una responsabilità
lessicografica. Diciamo energicamente che senza un'etica salda non si farà
economia né sana né scientifica.
Considerare soltanto il puro dinamismo senza tener conto dello «scopo»
di una politica monetaria, condurrebbe a caos. La direzione della volontà
è una componente da studiare nella scienza dell'economia. Badoglio
dicendo «il nostro oro è la volontà e le braccia dei nostri
soldati» è ben più economista di tutti i professori di Londra.
FINE