Tre secoli dopo Socrate e Platone (greci),
Giovenale (romano) da inizio all'ostilità contro lo straniero.

Contro gli stranieri

L'indignazione, tonalità dominante nelle Satire di Giovenale (60-127 ca. d.C.) trova un facile bersaglio nei Graeculi, gli stranieri di lingua greca che dalle regioni orientali dell impero confluiscono a Roma per fare fortuna. Gli argomenti affastellati contro di loro, talora contraddittori (sono sfrontati e adulatori, effeminati e sessualmente minacciosi), sono luoghi comuni tuttora presenti nei discorsi di chi percepisce lo straniero come una minaccia sociale.

Ora, dirò subito, senza riguardi, quale sia la gente più amata dai nostri ricchi e che io più di ogni altra evito. Non posso sopportare, Quiriti, una Roma greca. E poi, quanti sono in questa feccia i Greci veri? Da tempo ormai il fiume della Siria, l'Oronte, si è riversato nel Tevere e ha portato con sé la lingua e le usanze di là: l'arpa con le corde oblique, il suonatore di flauto, e poi i tamburelli esotici e le ragazze costrette a prostituirsi nei pressi del circo. Avanti, se vi piace la puttana straniera col turbante colorato. Quirino! Quel contadino della tua razza indossa scarpe greche e porta medagliette greche al collo unto da pomate greche. Uno lascia l'alta Sicione, l'altro Amidone, questo qui Andro, quello Samo, l'altro Traili o Alabanda, e vengono tutti all'assalto dell'Esquilino e del colle che prende il nome dal vimine, per diventare ?ntimi delle grandi casate e, in futuro, padroni. Intelligenza sveglia, sfrontatezza senza vergogna, parola pronta, più travolgente di quella di Iseo. Dimmi chi è quello, secondo te.
Ha pronto per noi, dentro di sé, chiunque tu voglia: grammatico, retore, geometra, pittore, massaggiatore, indovino, mago: un greco affamato sa fare tutto. Volerà in cielo se glielo ordini. In fin dei conti non era mauritano, sarmato o trace quello che si mise le ali, ma ateniese di Atene.
E io non dovrei evitare la loro porpora greca? Firmerà prima di me, si sdraierà su un letto migliore del mio, uno che è arrivato a Roma col vento che porta le prugne e i fichi secchi? Non conta proprio nulla aver respirato fin da bambini l'aria dell'Aventino, esserci nutriti di olive sabine? E poi, gente abilissima nell'adulare, elogiano le chiacchiere dell'ignorante, la bellezza dell'amico orrendo e paragonano il collo bislungo di un uomo fragile alla cervice di Ercole che tiene Anteo sollevato da terra; ammirano una voce stridula: peggio di così non strilla neppure il gallo, quando copre la sua gallina. Anche noi possiamo elogiare le stesse cose, ma solo a loro si crede.
E quale attore è meglio di un greco nel fare la parte di Taide o di una moglie o di una Doride senza veli? Ma certo: sembra che parli proprio una donna, non un attore: si direbbe che al di sotto della pancia non ci sia nulla, che tutto sia piatto, diviso da una stretta fessura [...]. E' tutto un popolo di commedianti [...]. In più, niente è inviolabile, niente è al sicuro dalla loro libidine: né la madre di famiglia, nè la figlia vergine e neppure il fidanzato ancora senza barba, non il figlio fino a quel momento innocente. In mancanza di meglio, stendono sul letto la nonna dell'amico.

(traduzione di L. Pasetti)
da: Centro Studi "La permanenza del classico" Elogio della politica, libri Arena, Bologna, 2008 pp. 117-119