Comunità e comunicazione
definiscono il soggetto
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"L'uomo è un animale politico" In questo passo della Politica, opera che condensa la riflessione
politica di Aristotele (384-322 a.C.), l'uomo è posto
a fondamento della famiglia e quindi dello Stato, che costituisce,
teleologicamente, il fine ultimo di ogni forma di comunità
. Definito zoon politikon, l'uomo è dunque un animale portato,
"per natura" (physei) a vivere in una comunità civile,
in quanto unico, tra tutti gli esseri, ad avere la parola, e il solo
in grado il bene e il male. L'uomo è per natura un animale politico, e chi vive fuori dalla comunità civile, per sua natura e non per qualche caso, o è un abietto o è superiore all'uomo [...]; ed è tale per natura e nello stesso tempo, desideroso di guerra, in quanto è isolato come una pedina tra le pedine. Perciò, che l'uomo sia un essere più socievole di qualunque ape e di qualunque animale da gregge, è chiaro. Perché la natura, come diciamo, non fa niente senza ragione, e l'uomo è l'unico essere ad avere la parola. La voce è espressione di dolore e di piacere, perciò la posseggono anche gli altri animali [...], invece la parola serve a comunicare ciò che è utile e ciò che è nocivo, e quindi anche ciò che è giusto e ciò che è ingiusto; questo infatti è proprio dell'uomo rispetto agli altri animali, l'avere, egli solo, la percezione del bene e del male, del giusto e dell'ingiusto e delle altre cose; e l'avere in comune tutto questo costituisce la famiglia e lo Stato [...]. Chi non è in grado di far parte di una comunità civile o non ha bisogno di nulla perché basta a se stesso, non è parte dello Stato, e quindi o è una bestia o un dio. (traduzione di F. Scopece)
da: Centro Studi "La permanenza del classico" Elogio della politica, libri Arena, Bologna, 2008 pp. 131 |