Gharb vuol dire Straniero ma anche Occidente .
Baghdad fu fondata nel II secolo dell'egira (VIII secolo d.C.) con il nome di Madinat al-salam, la città della Pace, per rievocare sulla terra il paradiso dell'aldilà, il dar al-salam del Corano.
Il suo fondatore al-Mansur, il secondo califfo abbaside, fu così che la chiamò sulle monete, sui pesi e sulla sua corrispondenza. La voleva sicura e inattaccabile e perciò i suoi architetti concepirono una pianta circolare. Chissà se sapevano che, prima di loro, nel sud dell'Arabia, i Sabei assegnavano al tempio della siyasa (politica) la forma del cerchio.
L'idea del confine, dello hudud, era molto presente nel paradiso del califfo al-Mansur, non solo perché la difesa della città era la sua preoccupazione principale, ma anche perché il suo ideale di comunità musulmana ben organizzata si basa va sul riconoscimento di confini che separino e controllino le differenze. Per maggior sicurezza (nel 157/773) ordinò di trasferire i mercati fuori dal cerchi; in questo modo il popolino sedizioso e ingrato rimaneva a distanza, e soprattutto lontano dal palazzo. Era questa la sua concezione di Paradiso in terra.
Sono tanto poi cambiate le cose dopo dodici secoli?
Il piccolo paradiso che creiamo quotidianamente non è forse simile a Madinat al-salam?
Chi di noi si muove sicuro senza i suoi confini?
Eppure questa guerra ha provato che Baghdad come New York dopo l'11 settembre, possono concedersi qualsiasi fantasia, fuorché quella di avere confini perché di confini le nostre città sono sprovviste. E come si fa a esistere senza hudud? Dove andarlo a cercare il senso di sicurezza su un pianeta in cui persino la difesa della libertà può mobilitare una violenza high tech più letale che mai, data la sua capacità di movimento?
Oggi che la Guerra sembra finita, Gharb, la parola che traduce Occidente, trova più che in passato il suo senso nella semantica: luogo dell'oscurità e dell'incomprensibile, luogo che mette sempre più paura. Essere estraneo, straniero in arabo ha una connotazione spaziale molto forte. Gharb è il territorio di ciò che è strano, straniero (gharib). Gharb è il luogo dove il sole tramonta e dove l'oscurità incombe: l'Occidente dove la notte addenta il sole e lo inghiotte; dove quindi tutte le cose più terrificanti sono possibili. E' là che la gharaba (stranezza) ha preso dimora.
Per proteggersi da ciò che non si comprende è necessario erigere delle barriere. Ma ciò non è più possibile! Per non sprofondare (rasi al suolo, ground zero) in un insopportabile terrore quotidiano e per affrontare ciò che ci impaurisce, l'unica reazione possibile è tentare di comprendere il proprio gharib.
Alberto Raviola, maggio 2003 (libera rielaborazione di F.Mernissi, Islam e Democrazia, Giunti, Milano, 2002)