Élites
naturali, intellettuali e Stato
Hans-Hermann Hoppe
(Italian translation of Natural Elites, Intellectuals, and
the State (Auburn, Al.: Ludwig
von Mises Institute, 1995 |
Uno Stato
è un monopolio territoriale della coercizione, unagenzia
che può dedicarsi a continue violazioni istituzionalizzate
dei diritti di proprietà e allo sfruttamento dei proprietari
privati tramite esproprio, tassazione e regolamentazione.
Ma come sorgono gli Stati? Vi sono due dottrine sullorigine
degli Stati. Una è associata a nomi quali Franz Oppenheimer,
Alexander Ruestow ed Albert Jay Nock, e afferma che gli Stati
nascono come risultato della conquista militare di un gruppo
su un altro. Questa è la teoria dellorigine esogena
dello Stato. Ma tale visione è stata severamente criticata
su base sia storica che teorica da etnografi ed antropologi
come Wilhelm Muehlmann. Tali critici osservano che non tutti
gli Stati derivano da una conquista esterna. Infatti essi
considerano cronologicamente falsa la visione secondo cui
i primi veri Stati nacquero quando pastori nomadi si imposero
con la forza su agricoltori stanziali. Inoltre tale visione
soffre del problema teorico che la conquista stessa sembra
presupporre unorganizzazione di tipo statuale tra i
conquistatori. Per cui la spiegazione dellorigine esogena
richiede una teoria più fondamentale della genesi endogena
dello Stato. Questa teoria è stata presentata da Bertrand
de Jouvenel. Nella sua ottica gli Stati derivano da unanomala
crescita di élites naturali: le transazioni volontarie
tra proprietari privati naturalmente producono un risultato
non egalitario, gerarchico ed elitario. In qualsiasi società
alcuni individui acquisiscono lo status di élite per
merito del talento. Grazie a risultati superiori in termini
di ricchezza, saggezza e coraggio, questi uomini conquistano
una spontanea autorità, mentre le loro opinioni e giudizi
guadagnano un diffuso rispetto. Inoltre, grazie ad accoppiamenti
selettivi, matrimoni e alle leggi delleredità
sia patrimoniale che genetica, è probabile che le posizioni
di autorità naturale vengano tramandate allinterno
di poche famiglie nobili.
È
ai capi di tali famiglie con una lunga storia di risultati
eccellenti, lungimiranza ed esemplare condotta personale che
gli uomini si rivolgono per risolvere i conflitti e le querele
tra loro insorte. Questi leader di élites naturali
agiscono come giudici e pacificatori spesso senza far pagar
nulla, motivati dal senso del dovere che ci si attende da
una persona autorevole o dallinteresse per la giustizia
civile quale bene pubblico prodotto privatamente.
Il piccolo ma decisivo passo nella transizione verso uno Stato
consiste proprio nella monopolizzazione della funzione giudiziaria.
Questo ebbe luogo quando un singolo membro della volontariamente
riconosciuta élite naturale riuscì ad imporre,
nonostante lopposizione di altri membri dellélite,
che tutti i conflitti allinterno di un territorio definito
fossero portato davanti a lui. Da quel momento in poi, le
parti in causa non poterono più scegliere altri giudici
o pacificatori.
Origine
della monarchia
Una volta che lorigine dello Stato viene vista come
lesito di un precedente ordine di élites naturali
strutturato gerarchicamente ci si spiega perché il
genere umano, da quando è stato soggetto a governi,
si è trovato per la gran parte della sua storia sotto
regimi monarchici (invece che democratici). Ovviamente vi
furono eccezioni: la democrazia di Atene, Roma fino al 31
A.C., le repubbliche di Venezia, Firenze e Genova durante
il Rinascimento, i cantoni Svizzeri fin dal 1291, le Province
Unite (i Paesi Bassi) dal 1648 fino al 1673 e lInghilterra
sotto Cromwell. Ma si trattava di casi rari, e nessuna di
queste comunque assomigliava lontanamente alle democrazie
moderne del tipo un-uomo- un-voto. Al contrario, anchesse
erano altamente elitarie. Ad Atene, per esempio, non più
del 5 per cento della popolazione votava ed era candidabile
a posizioni di governo. Solo dopo la fine della prima Guerra
Mondiale il genere umano abbandonò realmente lera
monarchica.
Potere
monopolizzato
Dal momento in cui un membro dellélite naturale
riuscì con successo a monopolizzare la funzione di
giudice e pacificatore, la legge e la sua applicazione divennero
più dispendiose. Invece di essere offerte gratuitamente
o in cambio di un pagamento volontario, vennero finanziate
mediante limposizione di una tassa. Allo stesso tempo
la qualità della legge si deteriorò. Invece
di sostenere gli antichi diritti di proprietà ed applicare
universali e immutabili principi di giustizia, un giudice
monopolista, che ora non temeva più di perdere clienti
con un comportamento meno imparziale, cominciò a tradire
le leggi esistenti a suo vantaggio. Come fu possibile questo
piccolo ma determinante passo, da parte di un re, con cui
furono monopolizzati la legge e lordine e che, comera
prevedibile, portò a un rincaro e a un degrado della
giustizia? Certo altri membri dellélite naturale
opponevano resistenza a tentativi del genere, ma ciò
avvenne perché il re solitamente si schierava assieme
al popolo o alluomo comune.
Appellandosi al sempre diffuso sentimento di invidia, i re
promettevano al popolo una giustizia migliore e più
a buon mercato facendo pagare il conto, attraverso la tassazione,
alle aristocrazie (i competitori del re). In secondo luogo,
le monarchie si procurarono laiuto della classe intellettuale.
Il
ruolo degli intellettuali
Cè da aspettarsi che la domanda dei servizi intellettuali
cresca al crescere del benessere. Ad ogni modo, la gran parte
della gente è preoccupata da questioni piuttosto mondane
e fa scarso uso di ricerche filosofiche. A parte la Chiesa,
le sole persone ad aver bisogno degli intellettuali erano
i membri di élites naturali come insegnanti
per i loro bambini, consiglieri personali, segretari e librai.
Il lavoro degli uomini di studio era precario e la paga normalmente
bassa. Inoltre, anche se i membri delle élites raramente
erano essi stessi intellettuali (cioè persone che dedicavano
tutto il loro tempo alla ricerca del sapere) ma più
spesso uomini interessati ad imprese terrene, essi erano di
solito almeno altrettanto brillanti dei propri
intellettuali e nutrivano una stima solo moderata dei loro
risultati. Non cè da sorprendersi, allora, che
gli uomini di studio si risentissero di una immagine di sé
tanto inflazionata. Quanto era ingiusto che coloro a cui avevano
insegnato le élites naturali fossero
in condizione di superiorità e conducessero una vita
confortevole, mentre essi gli intellettuali
fossero al confronto poveri e dipendenti. Non cè
neppure da meravigliarsi che gli intellettuali fossero inclini
a dare il loro appoggio ad un re che tentasse di imporsi come
monopolista della giustizia. In cambio della giustificazione
ideologica al potere monarchico, il re era in grado di offrir
loro non solo un impiego di status più elevato, ma,
in quanto intellettuali della corte reale, anche la possibilità
di rendere finalmente la pariglia alle élites per la
loro mancanza di rispetto. Ma lavanzamento della classe
intellettuale era ancora modesto. Sotto il governo monarchico
rimaneva una netta distinzione tra il governante (il re) e
i governati, e i governati sapevano che non sarebbero mai
potuti divenire governanti. Pertanto vi era considerevole
resistenza nei confronti di qualsiasi crescita di potere del
sovrano, non solo da parte delle aristocrazie naturali, ma
anche da parte della gente comune. Era quindi estremamente
difficile per il re aumentare le tasse, e per gli intellettuali
le opportunità di impiego rimanevano molto limitate.
Oltre a ciò, una volta saldamente arroccato, il re
non trattava i suoi intellettuali granché meglio di
quanto facessero le élites naturali. E dato che il
re controllava territori più ampi di quanto le élites
avessero mai fatto, uscire dai suoi favori divenne anche più
pericoloso e rese la posizione dellintellettuale in
qualche modo più instabile. Un esame delle biografie
di eminenti pensatori da Shakespeare a Goethe, da Cartesio
a Locke, da Marx a Spencer mostra pressappoco lo stesso
percorso: fino a tutto il diciannovesimo secolo, il loro lavoro
veniva patrocinato da donatori privati, membri della nobiltà,
principi o re. Entrando o uscendo dai favori dei loro mecenati,
essi cambiavano frequentemente impiego ed erano geograficamente
assai mobili. Pur comportando insicurezza finanziaria, questo
contribuiva non solo ad un cosmopolitismo unico degli intellettuali
(come indicato dalla conoscenza di numerose lingue), ma anche
da una inusuale indipendenza di pensiero. Se accadeva che
un donatore o patrono non li sosteneva più, ce nerano
molti altri che avrebbero felicemente colmato il vuoto. Infatti
la vita culturale fioriva al meglio e lindipendenza
degli uomini dingegno era massima laddove la posizione
del re o del governo centrale erano deboli mentre quella delle
élites naturali rimaneva relativamente forte.
L
avvento della democrazia
Un cambiamento fondamentale nella relazione tra Stato, élites
naturali e intellettuali avvenne con la transizione dal potere
monarchico a quello democratico. Fu la crescita del prezzo
della giustizia e la corruzione delle antiche leggi compiuta
dai re, quali giudici e pacificatori in condizione di monopolio,
che motivò la storica opposizione alla monarchia. Ma
la confusione sulle cause di questo fenomeno prevalse. Cerano
coloro che giustamente riconoscevano che il problema stava
nel monopolio e non nellesistenza di élites o
di nobiltà. Ma questi si trovavano di gran lunga in
inferiorità rispetto a quanti, erroneamente, davano
la colpa al carattere elitario del governo e, volendo mantenere
il monopolio della legge e della sua applicazione, proponevano
la semplice sostituzione del re e della vistosa pompa reale
con il popolo e la presunta morigeratezza delluomo
comune. Da qui il successo storico della democrazia.
È ironico il fatto che lidea monarchica fu distrutta
dalle stesse forze sociali che i re prima avevano aizzato
e mobilitato quando cominciarono ad estromettere le autorità
naturali rivali dal ruolo di giudici: linvidia delluomo
comune verso il suo vicino superiore e il desiderio degli
intellettuali di conquistare una posizione che presumevano
meritata nella società. Quando le promesse del re di
una giustizia migliore e più a buon mercato si rivelarono
false, gli intellettuali rivoltarono i sentimenti egalitari
che il re aveva precedentemente corteggiato contro gli stessi
governanti monarchici. Per cui apparve logico che anche i
re dovessero essere abbattuti e che le politiche egalitarie,
che i monarchi avevano avviato, dovessero essere portate alle
loro conclusioni definitive: il controllo monopolistico del
sistema legale da parte delluomo comune. Mentre agli
intellettuali, secondo loro, sarebbe spettato il ruolo di
portavoce del popolo. Come lelementare teoria economica
poteva prevedere, con la transizione dal potere monarchico
a quello democratico un-uomo-un- voto e la sostituzione della
sovranità del re con quella del popolo, le cose peggiorarono.
Il prezzo della giustizia crebbe astronomicamente mentre la
qualità delle leggi continuò a deteriorarsi.
Ciò a cui si ridusse in sostanza questa transizione
fu la sostituzione di un sistema di governo di proprietà
privata un monopolio privato con un sistema
di governo a proprietà collettiva un monopolio
pubblico. Si creò così una tragedia dei
beni collettivi. Ognuno ora, non solo il re, divenne
autorizzato ad impossessarsi della proprietà privata
altrui. Le conseguenze furono un maggior sfruttamento da parte
del governo (più tassazione); lo scadimento del diritto
fino al punto da far scomparire lidea di un corpo di
principi di giustizia universali ed immutabili, rimpiazzati
con lidea che il diritto consistesse nella legislazione
(legge creata, invece che scoperta ed eternamente data);
ed un aumento nel tasso di preferenza temporale sociale (più
orientato al presente). Un re possedeva il territorio e poteva
passarlo a suo figlio, per cui almeno cercava di preservarne
il valore. Un governante democratico, invece, era, ed è,
solo un temporaneo gestore che cerca di massimizzare qualsiasi
tipo di entrata corrente del governo a spese del valore capitale
che viene così sprecato. Ecco alcune delle conseguenze:
durante lera monarchica, precedentemente alla prima
Guerra Mondiale, le spese governative, di rado superavano
il 5 per cento del prodotto nazionale. Da allora, sono salite
in media al 50 per cento circa. Anteriormente alla prima Guerra
Mondiale, gli impiegati del governo erano di solito meno del
3 per cento della popolazione attiva. Da allora sono cresciuti
fino al 15 o al 20 per cento. Lera monarchica era caratterizzata
da una moneta-merce (loro) e da un potere dacquisto
del denaro che cresceva gradualmente. Al contrario, lera
democratica è lera del denaro di carta il cui
potere dacquisto è sempre diminuito. I re si
indebitavano profondamente, ma almeno durante i periodi di
pace tendevano a ridurre il peso del loro debito. Durante
lera democratica, invece, il disavanzo del governo è
cresciuto in tempi sia di guerra che di pace a livelli incredibili.
I tassi di interesse reali durante lepoca monarchica
erano gradualmente scesi fino a circa il 2 e mezzo per cento.
Da allora in poi i tassi di interesse reali (quelli nominali
aggiustati dellinflazione) sono cresciuti fino circa
il 5 per cento uguali agli indici del quindicesimo
secolo. Anche la legislazione quasi non esisteva fino alla
fine del diciannovesimo secolo. Oggi, in un solo anno, vengono
approvate decine di migliaia di leggi e regolamenti. Il tasso
di risparmio sta declinando al crescere dei redditi invece
di crescere, e gli indicatori della distruzione delle famiglie
e della criminalità si muovono costantemente verso
lalto.
Il
destino delle élites naturali
Mentre allo Stato le cose andavano molto meglio sotto il regime
democratico e al popolo andavano assai peggio
dal momento in cui aveva cominciato a governare sé
stesso, cosa dire delle élites naturali e degli intellettuali?
Per quanto riguarda le prime, la democratizzazione ha avuto
successo là dove i re avviarono solo un modesto inizio:
la definitiva distruzione delle élites naturali e della
nobiltà. I patrimoni delle grandi famiglie vennero
dissipati, in vita e nel momento della morte, attraverso la
confisca delle tasse. Le tradizioni di indipendenza economica
delle casate, di lungimiranza intellettuale, di guida morale
e spirituale si persero e furono dimenticate. Di uomini ricchi
ve ne sono oggi, ma è frequente che essi debbano le
loro fortune direttamente o indirettamente allapparato
statuale. Per cui sono spesso più dipendenti dai continui
favori politici di quanto lo siano molti di gran lunga meno
facoltosi. Essi non sono più, come una volta, capi
di antiche famiglie eminenti, bensì nouveaux
riches. La loro condotta non è caratterizzata
da virtù, saggezza, dignità o gusto, ma è
un riflesso della stessa cultura proletaria di massa orientata
al presente, dellopportunismo e delledonismo che
il ricco e il famoso condividono con chiunque altro. Di conseguenza
e grazie a Dio le loro opinioni non hanno più
peso sullopinione pubblica di quelle della maggioranza
delle altre persone. La democrazia ha realizzato ciò
che Keynes aveva solo sognato: leutanasia della
classe dei rentier. Laffermazione di Keynes secondo
cui nel lungo periodo saremo tutti morti esprime
perfettamente lo spirito democratico dei nostri tempi: edonismo
orientato al presente. Anche se è perverso non pensare
al di là della propria vita, questo modo di pensare
è divenuto la norma. Invece di nobilitare i proletari,
la democrazia ha proletarizzato le élites ed ha sistematicamente
corrotto il pensiero e il giudizio delle masse.
Il
destino degli intellettuali
Daltro canto, mentre le élites naturali venivano
distrutte, gli intellettuali acquisivano una posizione sociale
più elevata e potente. In ultima analisi essi hanno
ampiamente raggiunto il loro obiettivo e sono diventati la
classe dominante, controllando lo Stato e il monopolio della
giustizia. Non intendiamo dire che i politici democraticamente
eletti siano tutti intellettuali (anche se ci sono certamente
più intellettuali oggi che divengono presidenti di
quanti un tempo divenissero re); dopo tutto, essere un uomo
di studio richiede abilità e talenti ben diversi dallavere
ascendente sulle masse e successo nel raccogliere denaro.
Ma anche i non-intellettuali sono il prodotto dellindottrinamento
di scuole finanziate con le tasse, di università e
di professori impiegati pubblici, e quasi tutti i loro consiglieri
sono reclutati tra queste fila. Non vi è quasi un solo
economista, filosofo, storico o scienziato sociale di rango
che sia assunto privatamente da esponenti dellélite
naturale. E quei pochi superstiti delle vecchie élites,
che un tempo avrebbero potuto acquistare i loro servizi, non
possono più permetterselo finanziariamente. Oggi, invece,
gli intellettuali sono di norma stipendiati statali, anche
quando lavorano per istituzioni o fondazioni formalmente private.
Quasi del tutto protetti dalla volubile domanda dei consumatori
(poiché di ruolo) sono cresciuti drammaticamente
di numero e il loro compenso è in media ben al di sopra
del genuino valore di mercato. Allo stesso tempo la qualità
della loro produzione intellettuale è continuamente
scaduta. Ciò che si scopre sono per lo più lavori
irrilevanti e incomprensibili. Peggio, nella misura in cui
si trova qualcosa di significativo e comprensibile questo
è tremendamente statalista. Vi sono eccezioni, ma se
quasi tutti gli intellettuali sono impiegati nelle multiple
branche dello Stato, allora non deve sorprendere che la maggior
parte delle loro sempre più voluminose pubblicazioni
sia, o per commissione o per omissione, propaganda statalista.
Ci sono molti più propagandisti del governo democratico
oggi di quanti ve ne siano mai stati del governo monarchico
in tutta la storia umana. Tale apparentemente inarrestabile
deriva statalista è ben illustrata dal destino della
cosiddetta Scuola di Chicago: Milton Friedman, i sui predecessori
e i suoi seguaci. Negli anni Trenta e Quaranta del Novecento,
la Scuola di Chicago era ancora ritenuta, e giustamente, una
frangia di sinistra, considerando che Friedman, ad esempio,
sostenne listituto della banca centrale e la moneta
cartacea in luogo del gold-standard. Egli appoggiò
con tutto il cuore il principio del welfare state con la sua
proposta di unentrata minima garantita (imposta negativa
sul reddito) su cui non riuscì a mettere un limite.
Sostenne una tassa progressiva sul reddito per raggiungere
i suoi obiettivi esplicitamente egalitari (e contribuì
personalmente ad applicare la trattenuta alla fonte). Friedman
approvò anche lidea che allo Stato fosse permesso
imporre tasse per finanziare la produzione di tutti i beni
con un effetto positivo sul vicino o che secondo lui avevano
tale effetto. Ciò implica, ovviamente, che non vi sia
quasi nulla che lo Stato non possa finanziare con le tasse!
Per di più, Friedman e i suoi seguaci proponevano la
più superficiale delle superficiali filosofie: il relativismo
etico ed epistemologico. Non esistono verità morali
definitive e tutto della nostra conoscenza del reale è,
nel migliore dei casi, solo ipoteticamente vero. Eppure essi
non dubitarono mai che debba esistere lo Stato e che questo
debba essere democratico. Oggi, mezzo secolo dopo, la Chicago-Friedman
School, senza aver cambiato sostanzialmente nessuna delle
sue posizioni, viene vista come lala destra di libero
mercato. Tale scuola, infatti, definisce la linea di confine
delle opinioni rispettabili nella destra politica che solo
gli estremisti sorpassano. Questa è lentità
dello spostamento dellopinione pubblica che hanno portato
gli impiegati statali. Consideriamo ulteriori indicatori della
deformazione socialista provocata dagli intellettuali. Se
si dà unocchiata alle statistiche sulle elezioni,
si troverà nel complesso che più tempo una persona
spende allinterno delle istituzioni educative, si prenda
ad esempio chi ha conseguito un Ph.D rispetto a chi ha solo
un B.A., e più è probabile che costui sia ideologicamente
statalista e che voti partito democratico. Inoltre, più
alto è lammontare di tasse utilizzate per finanziare
listruzione, più bassi sono il punteggio Sat
[Scholastic Aptitude Test] e simili misurazioni della performance
intellettuale, e sospetto anche maggiore sia il declino delle
tradizionali norme morali e di condotta civile. Oppure si
consideri il seguente caso rivelatore: nel 1994 si parlò
di rivoluzione quando il Presidente del Congresso,
Newt Gingrich, sostenne il New Deal e la Social Security ed
approvò la legislazione sui diritti civili, cioè
le affirmative actions e lintegrazione forzata, che
sono responsabili della quasi completa distruzione dei diritti
di proprietà privata e dellerosione della libertà
di contratto, di associazione e di disassociazione. Che razza
di rivoluzione è quando i rivoluzionari accolgono con
tutto il cuore le premesse e le cause stataliste dellattuale
disastro? Ovviamente ciò può essere etichettato
rivoluzione solo in un ambiente intellettuale che è
statalista nellanima.
Storia
e idee
La situazione appare senza speranza, ma non è così;
innanzitutto perché non può continuare allinfinito.
Lera democratica non può costituire la
fine della storia, come i neo-conservatori vogliono
farci credere, poiché vi è anche un lato economico
del processo. Gli interventi sul mercato sono destinati inevitabilmente
a causare più problemi di quelli che si presume curino,
e conducono a sempre maggiori controlli e regolamentazioni
finché non si raggiunge il socialismo compiuto. Se
lattuale tendenza persiste, si può predire con
certezza che il welfare state democratico dellOccidente
crollerà come le repubbliche popolari dellEst
nei tardi anni Ottanta. Per decenni, i redditi reali in Occidente
sono rimasti stagnanti o sono addirittura scesi. I debiti
del governo e i costi dei programmi di sicurezza sociale
hanno fatto avanzare la prospettiva di un tracollo economico.
Allo stesso tempo la tensione sociale è cresciuta a
livelli pericolosi. Forse si deve attendere un collasso economico
perché cambi lattuale trend statalista. Ma anche
nel caso di un collasso è necessario qualcosaltro,
poiché questo non comporterebbe automaticamente un
arretramento dello Stato. Le cose potrebbero anche peggiorare.
Difatti, nella recente storia occidentale, vi sono stati solo
due casi evidenti in cui i poteri del governo centrale si
sono davvero ridotti, anche se solo temporaneamente, in seguito
ad una catastrofe: nella Germania Occidentale dopo la Seconda
Guerra Mondiale, con Ludwig Erhard, ed in Cile, sotto il generale
Pinochet. Quel che è necessario, oltre alla crisi,
sono le idee idee corrette e uomini capaci di
comprenderle e applicarle quando si presentano le opportunità.
Ma se il corso della storia non è inevitabile, e non
lo è, allora una catastrofe non è né
necessaria né fatale. Gli eventi storici sono fondamentalmente
determinati dalle idee e da uomini che agiscono ispirati da
idee, siano esse vere o false. Ma solo fintanto che dominano
dottrine sbagliate la rovina è ineluttabile. Quando
invece vengono adottati e prevalgono sullopinione pubblica
i giusti ideali e le idee, almeno in principio, si
possono cambiare quasi istantaneamente non si verificherà
alcuna catastrofe.
Il
ruolo degli intellettuali
Questo mi riporta al ruolo che spetta agli intellettuali nel
necessario, radicale e fondamentale cambiamento dellopinione
pubblica, e il ruolo che anche i membri delle élites
naturali, per quel che ne è rimasto, devono svolgere.
Ad entrambe le parti è richiesto un arduo impegno,
ma, per prevenire il disastro o almeno risollevarsene con
successo, tale impegno, per quanto elevato, va accettato come
un naturale dovere. Anche se la maggioranza degli intellettuali
sono corrotti e ampiamente responsabili delle attuali degenerazioni,
è impossibile realizzare una rivoluzione ideologica
senza il loro aiuto. Il dominio degli intellettuali statali
può essere infranto solo da intellettuali anti-intellettuali.
Fortunatamente, le idee di libertà individuale, proprietà
privata, autonomia contrattuale, associazione, responsabilità
personale e di governo quale nemico primo di libertà
e proprietà, non moriranno finché esisterà
la razza umana, semplicemente perché sono vere e la
verità si sostiene da sola. Inoltre, i libri degli
autori del passato che hanno espresso queste idee non spariranno.
Tuttavia sono necessari pensatori viventi che affrontino tali
opere e che siano in grado di conservare la memoria, riformulare,
riapplicare, affinare e avanzare queste idee, e siano capaci
e intenzionati a esprimerle in prima persona, oltre a opporre,
attaccare e contraddire apertamente i loro colleghi intellettuali.
Di questi due requisiti competenza e carattere
il secondo è il più importante, specialmente
di questi tempi. Da un punto di vista puramente scientifico
le cose sono relativamente semplici.
La maggior parte degli argomenti statalisti che si sentono
giorno dopo giorno sono stati già confutati con facilità
come insensatezze morali ed economiche. Non è neppure
raro incontrare uomini di cultura che in privato non credono
a ciò che nellufficialità declamano al
suono delle fanfare. Essi non sbagliano semplicemente, ma
di proposito affermano e scrivono cose che sanno non essere
vere. A loro non manca lintelletto, manca la morale.
Ciò implica che dobbiamo essere preparati a combattere
non solo lerrore, ma anche il male e questo è
un obiettivo molto più difficile e ardito. Oltre a
una buona conoscenza richiede coraggio.
Come intellettuali contro gli intellettuali, ci si deve attendere
lofferta di bustarelle ed è sorprendente
quanto taluni siano facilmente corruttibili: poche centinaia
di dollari, un bel viaggio,unopportunità di essere
fotografati con un potente troppo spesso sono sufficienti
a comprare un uomo. Queste spregevoli tentazioni vanno fuggite.
Inoltre, nel combattere il male si deve essere pronti ad accettare
che probabilmente non si avrà mai successo.
Non ci sono ricchezze in palio, nessuna magnifica promozione,
nessun prestigio professionale. Difatti la fama
intellettuale va guardata sempre col massimo sospetto. In
realtà non solo si deve accettare che si sarà
marginalizzati dallestablishment accademico, ma ci si
deve attendere che i propri colleghi faranno il possibile
per rovinarti. Basta guardare a Ludwig von Mises e a Murray
N. Rothbard, i due più grandi economisti e filosofi
sociali del ventesimo secolo, che furono nella loro essenza
inaccettabili e non impiegabili dallestablishment accademico.
Eppure durante tutte le loro vite non hanno mai ceduto di
un millimetro, non hanno perso la dignità, né
si sono arresi al pessimismo. Al contrario, di fronte alla
costante avversità sono rimasti impavidi ed anche gioiosi,
ed hanno lavorato ad un livello di produttività sbalorditivo.
Essi erano soddisfatti di essere devoti alla verità
e a nientaltro che la verità.
Il
ruolo delle élites naturali
È qui che quanto è rimasto delle élites
naturali entra in gioco. I veri intellettuali, come Mises
e Rothbard, non sono in grado di fare ciò che è
necessario senza le élites naturali. Nonostante tutti
gli ostacoli, fu possibile per Mises e Rothbard farsi ascoltare
e non essere condannati al silenzio. Essi continuarono a insegnare,
a pubblicare e a tenere discorsi ispirando persone con le
loro intuizioni e idee. Ciò non sarebbe stato possibile
senza il supporto di altri. Mises ebbe Lawrence Fertig e il
William Wolker Fund, che pagavano il suo salario alla Nyu,
e Rothbard ebbe il Ludwig von Mises Institute che lo sosteneva
aiutandolo a pubblicare e a promuovere i suoi libri, e forniva
la cornice istituzionale che gli permetteva di dire e scrivere
ciò che era necessario fosse detto e scritto e che
non poteva esserlo allinterno dellaccademia o
dei media dellestablishment statale.
Una volta, nellera pre-democratica, quando lo spirito
dellegualitarismo non aveva ancora distrutto la maggioranza
degli uomini con ricchezza, mente e giudizio indipendenti,
taluni intraprendevano lobiettivo di sostenere uomini
di cultura impopolari. Ma chi oggigiorno può, da solo,
permettersi di assumere privatamente un intellettuale come
segretario personale, consigliere o precettore dei suoi figli?
E coloro che ancora potrebbero sono spesso profondamente coinvolti
nella sempre più corrotta alleanza big business big
governement e promuovono esattamente gli stessi intellettuali
cretini che dominano laccademia statalista. Basta pensare
a Rockfeller e Kissinger come esempio.
Quindi lobiettivo di sostenere e mantenere in vita le
verità della proprietà privata, della libertà
contrattuale, di associazione e disassociazione, di responsabilità
personale, e di combattere linganno, le bugie, il male
dello statalismo, il relativismo, la corruzione morale e la
mancanza di responsabilità oggi può essere intrapreso
solo riunendo le risorse e sostenendo organizzazioni come
il Mises Institute. Unorganizzazione indipendente dedicata
ai valori fondamentali della civiltà occidentale, intransigente
e molto lontana, anche geograficamente, dai corridoi del potere.
Il suo programma di studi, insegnamenti, pubblicazioni e conferenze
non è niente meno di unisola di moralità
e decenza intellettuale in un mare di perversione.
A dir la verità il primo obbligo di una persona onesta
è verso sé stesso e la sua famiglia. Si dovrebbe
nel libero mercato fare quanti più soldi
possibile, poiché tanto più denaro uno guadagna
quanto più porta benefici ai suoi simili. Ma ciò
non basta. Un intellettuale deve essere devoto alla verità,
indipendentemente se ne ricava o meno un vantaggio nel breve
periodo. Allo stesso modo, le élites naturali hanno
obblighi che si estendono ben oltre loro stessi e le loro
famiglie. Migliori risultati raggiungono come uomini daffari
e professionisti e vengono riconosciuti come persone di successo,
più diventa importante che essi siano desempio:
che si battano per essere allaltezza dei più
elevati modelli di condotta morale. Ciò significa accettare
come loro dovere, come nobile dovere, difendere apertamente,
con fierezza e con quanta più generosità possono
i valori che sanno essere giusti e veri.
In cambio riceveranno ispirazione intellettuale, nutrimento
e forza, assieme alla consapevolezza che il loro nome vivrà
per sempre come individui esemplari che si sono elevati al
di sopra delle masse ed hanno donato un durevole contributo
al genere umano.
Il Ludwig von Mises Institute può essere una istituzione
potente, un modello per la restaurazione di un apprendimento
genuino, e quasi ununiversità per chi insegna
o fa ricerca. Anche se non vedremo le nostre idee trionfare
durante la nostra vita, sappiamo e saremo sempre orgogliosi
che gli abbiamo dedicato tutto noi stessi, e che abbiamo fatto
ciò che ogni persona onesta e nobile doveva fare.
Traduzione
di Novello Papafava, 2005
|