IVAN ILLICH: I PERICOLI DELLA MODERNITÀ
IL PROFETA DELLA CONVIVIALITÀ RACCONTA OSPITALITÀ E DOLORE di Franco La Cecla
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Ecco tre momenti di uno dei più originali e anticonformisti pensatori contemporanei. Tre
momenti distanziati nel tempo e nello spazio. Nel 2001 a Oakland (California), nel 1998 a
Città di Castello vicino a Perugia e ad Amsterdam nel 1996. Tre occasioni per confrontare la
continua evoluzione del pensiero di Illich: dal seminario californiano su Ospitalità e dolore
all’incontro italiano su L’udito e l’ascolto, per terminare con la conferenza olandese sulla
velocità. Tre esempi della multiformità di questo personaggio difficilmente classificabile.
Partigiano in Italia negli ultimi anni della seconda guerra mondiale e contemporaneamente
seminarista. Teologo, prete, ma attivo nella resistenza al nuovo colonialismo sostenuto dalla
chiesa. Illich è un personaggio scomodo che racchiude in sé la dimensione di teologo, storico,
sociologo, economista, linguista: parla correntemente oltre mezza dozzina di lingue (inglese,
spagnolo, italiano, tedesco...). Divide il suo tempo tra il Centro di documentazione interculturale di Cuernava in Messico e l’università tedesca di Brema. Senza tralasciare appuntamenti in giro per tutto il mondo: conferenze, seminari, dibattiti…
Tra i suoi libri in italiano ricordiamo: Conversazioni con Ivan Illich (a cura di David Cayley, 1994), Nello specchio del passato (1992), H2O e le acque dell’oblio (1988), Lavoro-ombra (1985), Per una storia dei bisogni (1985), Il genere e il sesso (1984), Nemesi medica (1977 e 1991), Energia ed equità (1974), Rovesciare le istituzioni (1973), La convivialità (1974 e 1993).
La modernità occidentale è figlia della compassione istituzionalizzata che crea un nuovo statuto della sofferenza e della povertà. Un processo che trasforma l’ospitalità e la percezione del dolore. Tutto inizia alla metà del quarto secolo dopo Cristo quando, sotto l’influenza cristiana, sorgono i primi veri ospizi per i senzatetto finanziati dalla comunità. L’effetto? La distruzione della pratica spontanea e personale dell’ospitalità. Mentre la storia del «corpo in pena» ci racconta la trasformazione della compassione (esperienza vissuta in prima persona) in «gestione del dolore» negli ospedali. Luogo istituzionale in cui ai malati viene conferito uno statuto. Queste le premesse del seminario tenuto recentemente da Ivan Illich a Oakland (California) a cui ha partecipato Franco La Cecla, antropologo, autore tra l’altro di Saperci fare (1999), Non è cosa (1998) e Mente locale (1996). Una versione ridotta di questo articolo è stata pubblicata su La Stampa.

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