Agostino d'Ippona diceva che pensava di sapere cosa era il tempo
fino a quando, interrogato, si rendeva conto della difficoltà
di definirne il concetto: la stessa cosa, penso, avviene per noi
e per molti uomini del passato a proposito della idea di libertà.
Ci avviciniamo di più a capire ciò che avvertiamo
come il suo contrario ossia l'impossibilità di agire secondo
una scelta di volontà (apparentemente libera): la costrizione,
l'intrusione, il limite. Come medievista oso espormi al dileggio
di parlare di libertà riferendomi a secoli che Voltaire e
d'Alembert definivano sbrigativamente dominati dalla prepotenza
di pochi e senza legge, parere smentito dalle ricerche moderne a
cominciare da Alessandro Passerin d'Entrèves fino a Francis
Oakley.
In ogni caso il mondo dei fatti è distinto da quello in
cui si muovono i pensieri: Gugliemo d'Ockham e il suo confratello
Gugliemo di Baskerville ce lo ricordano.
Cominciamo con il dire che le cose andavano molto diversamente per
gli antichi che vivevano in un mondo dove non regnava un dio onnipotente
ma molte divinità simili più a supereroi che al Dio
biblico: se Poseidone era nemico di Ulisse, questi poteva sempre
rivolgersi a Ermes. I vari poteri spesso in conflitto disegnavano
interstizi di libertà a favore dell'individuo.
Quanto ai filosofi la libertà era o vittoria della ragione
sulla ignoranza per gli allievi di Socrate, o adesione all'armonia
del cosmo per gli stoici, o conoscenza superiore che vince gli impulsi
generando immunità dalle passioni per i seguaci di Plotino...
A proposito della libertà umana invece il Dio biblico e cristiano
solleva alcuni problemi come la predestinazione e il merito alla
felicità ultraterrena, la "servitù" del
peccato, la tragedia della Cacciata dall'Eden, tutte idee sorte
da una unica dirompente idea biblica, quella della onnipotenza divina.
Il Dio onnipotente della Bibbia prolunga la sua attenzione, la sua
potenza e la sua scienza senza limiti al mondo degli umani e da
là, da "sopra la volta del mondo", domina la scena
non solo proponendo un modello inarrivabile di assoluta libertà
ma anche condizionando con la sua scienza perfetta gli eventi della
natura e le scelte umane. Come Sommo Bene inoltre stabilisce un
indiscutibile discrimine fra bene e peccato.
Cosa diviene allora per l'uomo la libertà? L'assenza di
costrizione risiede nella capacità di decisione delle creature
razionali (ma in pieno e reale possesso della loro razionalità:
con l'esclusione dunque dei folli, dei bambini, e secondo qualcuno,
anche delle fragili donne) mentre la costrizione o servitus viene
vista come risultato dello stato di peccato che a sua volta genera
l'incapacità ad essere responsabile. Ma - questo è
il punto -, poiché il peccato che ha condotto l'uomo fuori
dall'Eden, ha segnato negativamente le sue capacità razionali
e insieme alle doti fisiche la volontà, tutti, in fondo,
sono da considerarsi un po' bambini. E allora? «La percezione
della libertà per i 'medievali' è strettamente soggetta
alla moralità del comportamento: l'uomo veramente libero
è quello che non può peccare» (Claudio Fiocchi),
ossia andare contro alla legge di Dio*. Detto con le parole di Agostino
«nessuno è veramente libero se non quegli uomini beati
che sono vincolati dalla legge divina». È già
troppo per noi, ma, da vecchio, Agostino peggiora ulteriormente
la sua percezione e definizione di libertà: il "peso
del peccato originale" (che noi moderni possiamo interpretare
come il limite naturale della condizione umana) si fa più
grave e la predestinazione divina sembra bloccare l'autonomia delle
scelte annullando l'autodeterminazione. Sul tema l'"ultimo
degli antichi", Severino Boezio, un secolo dopo, traccia definitivamente
l'inquietante equivalenza tra libertà, possesso della ragione
e capacità e/o possibilità e Anselmo d'Aosta riafferma
che «la libertà di peccare non è libertà».
Se per un cristiano credente il peccato è qualcosa di ben
definito e riconoscibile, allora sembra che la libertà non
possa essere che sinonimo di virtù. «Gli uomini liberi
ripete Tommaso coniugando fede e filosofia platonica
sono quelli che obbediscono alla ragione» che coincide con
la norma divina. Notoriamente si tratta di una minoranza, sana,
perbene e colta, in una parola litterata.
Per fortuna ci sono i maestri francescani: per l'irlandese Duns
Scoto la volontà umana è in sé libera e capace
di scegliere indipendentemente da quello che la ragione le sottopone;
insomma «la libertà è una forma di autodeterminazione
a partire da una indeterminazione sulla quale la ragione non ha
potere costrittivo». Più semplicemente è la
volontà non l'intelletto a decidere le scelte e le azioni
umane
L'inglese Gugliemo d'Ockham va ancora più in là
notando che chi può peccare è libero, dato innegabile
che ciascun uomo conosce per esperienza. «La legge del Vangelo
scrive è legge di libertà perché
non impone agli uomini una condizione servile sia nell'ambito temporale
che in quello spirituale». E occupandosi delle accuse di eresie
mosse dall'istituzione ecclesiastica, accuse che conducevano anche
al rogo o all'esilio, afferma che nessuna sanzione materiale (o
temporale) può essere inflitta a qualcuno per qualcosa che
attiene alla coscienza, alla fede e alla libera vita interiore.
L'italiano Marsilio da Padova, rettore all'università di
Parigi, lo ribadisce: solo i comportamenti pericolosi per la convivenza,
non le convinzioni e i pensieri, possono essere puniti con sanzioni
materiali.
Ma arrivando alla concretezza delle vite personali - di ciò
scrive Gherardo Colombo - ci possiamo domandare cosa avveniva nel
mondo degli individui e delle istituzioni: per rispondere ci vorrebbe
una indagine estesa alla sfera dei poteri, della economia, del diritto,
in quei secoli che chiamiamo medievali. Dieci secoli e cambiamenti
enormi nella struttura della società: l'osservazione dà
già l'idea della impossibilità in questa sede di una
risposta seria, più seria di quella data da Voltaire e d'Alembert.
D'altra parte riconosciamolo nel tranciare giudizi
frettolosi, politici e non storici, loro avevano delle buone ragioni,
ossia l'urgenza della lotta contro l'ancien régime visto
come prolungamento del medioevo.
Concentriamoci brevissimamente sul diritto. Marc Bloch teneva
separati i fatti economici dalle loro forme giuridiche come se «il
diritto non facesse altro che rivestire i rapporti sociali»
(Jacques Chiffoleau): questa separazione per noi è difficile
perché come non essere d'accordo con Pierre Bourdieu sul
fatto che «non si deve o non si dovrebbe dimenticare che se
il diritto fa il mondo sociale è anche vero che è
fatto da lui»? Come si può parlare di libertà
dei contadini "liberi" - giuridicamente distinti dai "servi"
- quando essi vengono definiti da una legge di Enrico II d'Inghilterra
«vili e miserabili persone» appunto perché la
loro libertà non è sostenuta dalla capacità
economica di mantenere la famiglia; o della libertà dei sudditi
del re di Francia non interpellati, neppure attraverso le loro esili
e timide rappresentanze, prima di essere mandati in guerra al macello;
o ancora della libertà delle donne sottomesse in casa e in
chiesa, che solo se dotate di un talento e di una volontà
straordinarie riescono a conquistare il diritto di imparare a leggere
e scrivere? Della importanza della educazione per la libertà
tutti sono d'accordo. Senza contare che quasi nessuno, uomo o donna,
può scegliere chi sposare; che i più non sceglievano
il proprio mestiere né il luogo dove vivere e che ottenere
giustizia per aver subito un torto era cosa rara se non si era signori
o ricchi mercanti o anche professori universitari a Parigi o a Bologna...
Certo, esisteva una indiscussa libertà, quella di morire
se ci si ammalava seriamente. Un panorama che secondo Le Goff e
altri storici si prolunga, se non inalterato abbastanza costante,
in quel "lungo medioevo" durato nelle campagne d'Europa
fino a otto generazioni fa.
Ma d'altra parte per concludere con più ottimismo (anche
solo retroattivo) mi piace ricordare che già Guglielmo d'Ockham
sosteneva che "sulle cose che nel regno o nella città
interessano tutti, devono essere ascoltati tutti, anche le donne".
* Il Laboratorio di filosofia medievale (testi
raccolti in Libertà a confronto ed. Cuem, settembre 2006)
tenuto all'Università degli studi di Milano e guidato da
Claudio Fiocchi, mi è stato utile per questa breve riflessione.