Note in margine al concetto di benessere (DANIELE PISANI)
ProgettoZero
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Oggetto di contesa, l’esatto significato del benessere rimane estremamente incerto. L’accezione predominante lo riduce nell’alveo di un ambito tecnico-scientifico-economico (si parla comunemente, ad esempio, di via per il benessere e società del benessere) talvolta contrassegnato da tinte soggettive: si pone così in qualche modo misurabile, esattamente quantificabile, non fosse tuttavia per il fatto che nella sua determinazione subentrano inevitabilmente fattori individuali, irriducibilmente soggettivi, e tali, se non da inficiare, perlomeno da relativizzare le misurazioni compiute. Ad ogni buon conto, si tende ad immaginare il benessere come adempiuto in un’esistenza umana priva di dolore, miseria, sofferenza (con il rischio di renderla in tutto indistinguibile da quella animale). I tentativi di contendere il concetto di benessere all’appiattimento sul piano tecnico-scientifico-economico cui oggi viene comunemente sottoposto, asserendo che esso non è misurabile in base a indicatori come la ricchezza (ma anche la salute), non sono, dal canto loro, sufficienti a definire un modo propriamente altro d’intenderlo. L’ambiguità fondamentale del concetto di benessere rimane la tacita convinzione – tanto più pericolosa in quanto implicita, non detta eppure immanente – che l’ambito della conquista del benessere sia il tempo, o più esattamente, il progresso. Il benessere viene – più esattamente – inteso come qualcosa che, cario, sarebbe i riversa I mente conseguita a patto di….
Ma questo a patto di è già sufficiente a depotenziare la carica eversiva con cui il termine potrebbe venire impiegato: e questo non tanto perché il tempo, inteso come spazio vuoto, costituisce lo spazio precipuo del pensiero tecnico-economico che si vorrebbe sottoporre a critica - ma che, invece, viene implicitamente assunto - quanto, e soprattutto, perché quel che in tal modo avviene è che s'instaura la convinzione - e, accanto ad essa, la pretesa - che il benessere sia disponibile, sia perseguibile: a patto di, beninteso. Da questo punto di vista il benessere intrattiene un rapporto con il suo opposto, qualunque esso sia, insospettabilmente affine a quella oggi sussistente tra la vita e la morte: come la vita, cioè, tende a venire intesa nei termini di una proprietà privata del cui possesso a tempo indeterminato si pretende di essere assicurati e garantiti, e di cui si finge di credere che durerebbe in eterno, se solo non intervenissero incidenti, errori umani o cos'altro a porle fine, così si crede che il benessere sia lì, disponibile per tutti, e solo momentaneamente impedito, vuoi da incapacità individuali vuoi da contingenti inefficienze, inerzie, malfunzionamenti del sistema politico e sociale. È come se a dettare legge fosse, anche in quest'ambito, una sorta di trasposizione dell'idea della mano invisibile: e il mondo non fosse intento ad altro che a impedire, in un immenso quanto incomprensibile complotto universale, l'ottenimento di un generalizzato, addirittura universale stato di benessere. Del resto, che la possibilità, il Capability Set in quanto ventaglio di opzioni disponibili costituisca il motore del benessere è, a sua volta, un'idea nonostante tutto intrisa d'ideologia liberista.
Ora, la questione è che l’a patto non costituisce affatto, come invece si vorrebbe, un ostacolo che si frappone momentaneamente sulla via che conduce alla piena soddisfazione che il benessere rappresenterebbe (Wohlstand: il termine tedesco, ad esempio, che sta per benessere contiene un'implicita accezione del benessere come stato di pienezza, sorta di versione profana di un pieno adempimento che, però, si pretende dato, addirittura garantito). L'errore consiste anzi proprio nel concepire il benessere come perseguibile: perché esso lo sarebbe soltanto in quanto compimento, teleologicamente guidato o meno che sia, in un futuro - o in un altrove - non ancora dato, considerato raggiungibile una volta compiuti i dovuti miglioramenti e accorgimenti, a patto volerli e di porli in atto. In tal modo, ponendosi come una sorta di miraggio di un possibile miglioramento, esso tende a facilitare la sopportazione della sua attuale latitanza con la speranza di un suo futuro soddisfacimento; è esattamente per questa ragione che finisce però con lo svuotare l'unico autentico spazio di contesa che ci sia dato - l'hic et nunc- del suo precipuo carattere, quello di campo di battaglia sociale e politica (lo stesso avviene con i tentativi di riflettere sul benessere in termini soggettivi: giacché anche in tali casi viene presupposta come possibile e auspicabile una sua futura diffusione generalizzata). Nel momento in cui si consideri il benessere come perseguibile, detto in altri termini, si viene a creare, una confusione di piani che contribuisce a lasciare inalterata la situazione data: nell'accettazione del fatto che, oggi, il benessere possa non esser dato, ma che pure, certamente, si ovvierà a questa passeggera mancanza, è implicita la convinzione che da porre in questione non sia l'attualità tout court, o perlomeno nei suoi caratteri strutturali, ma soltanto alcuni suoi marginali aspetti, sistemati i quali andrà tutto al meglio. Quando invece, forse, nostra ambizione dovrebbe piuttosto essere quella di non aggirare il deserto che ci separa oggi, come sempre ci separerà, da quel coacervo di speranze cui diamo il nome di benessere: perché quanto vi è di più vano, ingenuo e controproducente e il miraggio di un benessere per tutti da perseguire all'interno del nostro mondo, così come (così come siamo).