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Educarsi al benessere (FABIO TESSER*)

Il bilancio del benessere deve tener conto dei desideri. Il fraintendimento generazionale sugli agi porta sovente a dare ai giovani ciò che mancava agli adulti, senza capire ciò di cui hanno veramente bisogno e che non possiedono.
Spesso si danno oggetti invece di espressioni di affetto, si danno ci danno cose invece che vivere esperienze insieme.

Capaci di ben-essere.

Ogni essere umano nasce come qualcosa di nuovo, qualcosa di mai esistito prima.
Ognuno di noi nascendo ha la capacità di ben-essere. Ognuno ha un suo modo originale di vedere, ascoltare, toccare, gustare e pensare, E dunque ognuno - uomo e donna - ha un suo proprio irripetibile potenziale di possibilità e di limiti.
Può essere espressivo, pensante, consapevole, creativo, può essere produttivo: in altre parole costruirsi e vivere il benessere.

Sembra che chi vive nel benessere sia un vincente ma per vincente non intendiamo chi fa perdere gli altri: vincente è chi reagisce in modo autentico, chi è credibile, degno di fiducia, sensibile, genuino sia come individuo sia come parte della società.

Le persone autentiche realizzano il loro benessere apprezzando quella degli altri; non dedicano la loro vita a fabbricarsi una propria immagine ideale di sé. Semplicemente sono se stessi, e appunto per questo non sprecano energia ne a recitare una parte ne a simulare ne a manipolare. Sanno che amare è diverso dall'agire come se si amasse, e che vi è differenza tra l'essere stupidi e agire da stupidi, fra l'essere intelligenti e mostrarsi intelligenti.
Senza sensi di colpa godono del proprio benessere e senza invidia partecipano al benessere degli altri.

Esperienze e modelli.

Oggi vivere molte vite insieme, essere molte persone nello stesso tempo, è un potenziale che si dischiude nelle società complesse e che non c'era nelle società semplici.

Ma è un potenziale non accessibile a tutti, tanto da configurare nuove diseguaglianze.

I poveri saranno coloro che dispongono dì scarse risorse personali e culturali per darsi una biografia sensata; i privilegiati coloro che riusciranno a cogliere il potenziale della complessità raccontandosi via via una storia.

II terreno sii cui bisogna lavorare è il terreno dell'esperienza.

Questo è l'unico spazio dove sia possibile un lavoro educativo che abbia qualche chance.

Ciò significa costruire occasioni, opportunità in cui le parole e i gesti coincidano. L'esperienza è fatta di tempo e di spazio, è fatta con il corpo, necessita di confini fisici, di relazioni con l'ambiente: noi facciamo esperienza di benessere quando abbiamo tutte queste coordinale.

La maggior parte delle esperienze dei giovani, ma anche di molti adulti, oggi e la negazione stessa della possibilità dell'esperienza.

È un vissuto che si srotola in un mondo senza coordinate, senza confini, senza possibilità di metri di misura verificabili.

Offrire occasioni di esperienza vuoi dire offrire possibilità di vivere esperienze di cui si possono stabilire coordinate, confini.

Mangiare, dormire, stare insieme, muoversi sono tutte azioni che comportano tutte queste condizioni, se vengono fatte con l'attenzione e la consapevolezza necessarie.

Non sono necessari degli spazi speciali.

Anziché moltiplicare gli spazi artificiali per produrre esperienza o benessere, occorre piuttosto rendere la vita un'esperienza.

In cui le coordinate di spazio, di tempo, I confini che ci separano dagli altri, l'ambiente che ci circonda, siano consapevolmente messi in atto.

Questo e il compito dell'educatore al benessere: rendere presente quello che c’è e permettere alle persone di riconoscerlo.

Oltre all'esperienza, fondamentale per apprendere il benessere, sono necessari i modelli.

Quando sì dice che è importante che i giovani dispongano di "adulti significativi", adulti che in qualche modo sembrano realizzati, non è perché ne calchino le orme, ma perché guardando a loro possano venire richiamati a creare anch'essi propri percorsi autonomi di benessere.

L'impressione che si ha è che invece molti giovani abbiano oggi di fronte a sé figure di adulto così stemperate da non evocare in loro nessuna istanza, da non richiamarli a un processo di investimento di una qualche significatività.

Il fatto educativo e un po' il convitato di pietra nella nostra società. È cioè presenza silenziosa e ingombrante, di cui raramente si tentano traduzioni operative. Perché educare è un processo lungo e difficile. È costruzione quotidiana di atteggiamenti e di mentalità. È rispondere a I bisogni di adolescenti, giovani ed adulti, facendo in modo che essi entrino in meccanismi di responsabilità e partecipazione

  * Educatore Progetto Operatori di strada –Treviso