Gli italiani, soprattutto i giovani, vogliono andare a lavorare all'estero (Fonte)

Economia. Secondo una ricerca Eurispes, il 37,8% degli italiani si dice pronto a trasferirsi all'estero. La percentuale sale al 46,1% tra gli elettori del centrosinistra

Trascinati dalla crescita europea, anche il fatturato dell’industria italiana è risultato in crescita a dicembre 2005, ma - sempre nello stesso mese - gli ordini erano in calo, quindi le prospettive sono poco rosee. Lo comunica l'Istat, puntualizzando che gli incassi sono saliti del 5,5% su base annua ma che gli ordinativi sono scesi dell'1,1%. In particolare, il fatturato è aumentato del 4,4% sul mercato interno e dell'8,5% su quello estero, trainato soprattutto dal settore energetico (+27,9%). Gli ordinativi, invece, hanno segnato sì un incremento del 3,7% sul mercato interno, ma hanno avuto un vero e proprio crollo del 9.6% su quello estero.

Andando a spulciare settore per settore, si capisce che l’aumento per le vendite è stato maggiore per le raffinerie di petrolio (+ 25,9%) e per le macchine e gli apparecchi meccanici (+ 14,5%) oltre agli apparecchi elettrici di precisione (+8,2%) ma il tessile ha avuto un tracollo totale, a testimonianza della pressione della competizione internazionale: -4,4% su base tendenziale, -6,5% in media annua.
Fra i settori colpiti dalla febbre asiatica, ovvero dalla crisi da concorrenza dei paesi dell’estremo oriente, l'industria delle pelli e delle calzature a dicembre segna un +5,3% rispetto a dicembre 2004 ma segna un -0,3% su base annua. Insomma c’è da chiedersi se l’Italia è ancora il bel paese dove sviluppare iniziative imprenditoriali, dove conviene vivere, dove esistono i requisisti per sviluppare e far crescere la propria professionalità.

E il tema a quanto pare non è di lana caprina visto che già quasi quattro milioni di italiani vivono all'estero, ma, stando ai risultati di alcuni sondaggi di questi giorni, coloro che si trasferirebbero all’estero sono molti di più, il 37,8%, secondo un sondaggio diffuso proprio ieri dall'Eurispes. Se poi si va a vedere fra classi di età si vede che fra i giovani tra i 18 e i 24 anni la percentuale sale al 54,1% e si attesta su valori analoghi per le persone di età tra i 25 e i 34 (50,5%).

Sono coloro che hanno studiato a non trovare sbocchi credibili, soprattutto laureati e diplomati, mentre solo il 14,1% di coloro che hanno la licenza elementare farebbe la stessa scelta.
Insomma è chiaro: di fronte ad uno scenario di economia in crisi, di industria legata a vecchi schemi, di sistema politico bloccato e di assenza di prospettive, i non occupati e gli studenti sono pronti a trasferirsi, ma evidentemente le speranze da liberalizzazione dei servizi stimola anche liberi professionisti, commercianti e lavoratori autonomi.

E pare che l’esito delle elezioni sarà determinante, visto che fra quelli pronti con la valigia in mano abbondano i votanti di centro-sinistra e sinistra (46,1% e 42,7%) seguiti da coloro che si collocano al centro (39,3%), mentre continuano a pascere nella triste mangiatoia nazionale gli elettori di centro destra, fra i quali la percentuale di emigranti in pectore scende addirittura al 20,6%.

Insomma non volesse mai il cielo le prossime elezioni le vinca Berlusconi. La parte sveglia del paese è pronta e ha già le valigie pronte, lasciando la nazione in mano agli elettori di centro destra.
Uno scenario triste, se si pensa che fra le mete ambite c’è proprio la Spagna di Zapatero, specie per dirigenti, organi direttivi, quadri e imprenditori. Non tramonta mai il fascino della Francia e tiene la Gran Bretagna, specie fra studenti.

Il tema centrale resta quello del lavoro: gli intervistati si recherebbero in altri Paesi perché questi offrono maggiori opportunità lavorative. I dati non sono di sondaggisti americani ma del Ministero dell'Interno, elaborati dall'Eurispes. E la dinamica alla fine è quella di un secolo fa: in testa ai Paesi dove poi, alla fine, effettivamente gli italiani si trasferiscono non c'è la Spagna, ma la Germania, con 20% dei soggiornanti, seguita dall'Argentina e poi dalla Svizzera.
Stiamo parlando di 1.944.526 famiglie, la maggior parte delle quali ha spostato definitivamente la propria residenza in altri paesi europei (1.058.998 famiglie), di cui il 56% proviene dalle regioni meridionali e dalle Isole, con la Sicilia in testa.

In un secolo, restiamo la nazione dell’industria assistita, dei palazzinari furbetti e dei grandi lavoratori costretti ad emigrare. Quello della ricerca e delle professioni qualificate resta un triste sogno per una nazione-delusione.