1.1 - Knowledge workers
Padre Teilhard De Chardin, illustre paleontologo,
dopo decenni di ricerche sull'evoluzione pubblicava, a metà del
secolo scorso, una serie di opere che proponevano una straordinaria
"sintesi evocativa" (credo ancora ineguagliata) sul percorso complessivo
seguito nella sua vicenda dalla specie umana. Al centro del pensiero
di Teilhard è la visione di una continua costruzione lungo i secoli,
e poi acceleratasi vieppiù negli ultimi due, della "noosfera", di
una interconnessione crescente delle menti umane intorno alla conoscenza.
"Comprendere, scoprire, inventare...E' certo che sin dal primo
risveglio della sua coscienza riflessa, l'uomo è stato posseduto
dal demonio della ricerca. Ma, sino a un'epoca molto recente, questo
bisogno profondo rimaneva, nella massa umana, latente, diffuso o
non organizzato. Nel passato, in ogni generazione, i veri ricercatori,
i ricercatori per vocazione o per professione, sono ben riconoscibili;
ma non rappresentano molto più di un pugno di individui, generalmente
isolati, di un tipo piuttosto anomalo, il gruppo dei "curiosi".
Oggi, invece, senza che ce ne accorgiamo, la situazione si trova
totalmente capovolta. Sono centinaia di migliaia gli uomini che,
in questo momento, stanno indagando in tutte le direzioni della
materia, della vita e del pensiero, non più isolati ma sotto forma
di "équipes" organizzate, dotate di una forza di penetrazione che
nulla sembra poter arrestare. E, anche in questo campo, il movimento
si generalizza, si accelera, al punto che bisognerebbe essere ciechi
per non vedervi una corrente essenziale delle cose. Con piena evidenza,
la ricerca, che rappresentava fino a ieri un'occupazione di lusso,
è sul punto di diventare una funzione di primaria importanza, e
persino la funzione principale dell'umanità. Qual è il significato
di questo grande avvenimento? Non vi trovo da parte mia che una
sola spiegazione possibile: quella, precisamente, che l'enorme eccesso
di energia liberato dalla concentrazione della "noosfera" su se
stessa è naturalmente, evolutivamente, destinato ad essere assorbito
dalla costruzione e dal funzionamento di quello che ho chiamato
il suo "cervello". Simile in questo, sebbene su scala immensa, a
tutti gli organismi che l'anno preceduta, l'umanità si "cefalizza"
progressivamente. Per occupare il nostro cosiddetto tempo libero,
non vi è dunque alcun mezzo biologico fuori di quello di dedicarlo
a una nuova opera, di una natura più elevata: vale a dire a uno
sforzo generale e collettivo per vedere. La "noosfera": una immensa
macchina per pensare" . Dove quest'ultimo termine va considerato
in modo esteso, come complesso organico di informazioni sul reale,
di pratiche, di esperienze, di interrelazioni atte ad aumentare
ed estendere la quantità, la qualità e la speranza di vita della
specie nel suo complesso. Straordinarie, anche perché scritte nei
bui anni 40, sono le pagine di Teilhard sulla comunità scientifica
internazionale, vista come principale luogo sociale di generazione
del nuovo valore. Con gli occhi di oggi (e i miei) descrivibile
come una rete di menti, di progetti, di scambi cooperativi finalizzati
al raggiungimento di un obbiettivo evolutivo "generale". Che gli
scienziati degli anni 30 o 40 usassero come tecnologia di comunicazione
al più il telefono o il telegramma poco importa. Tramite convegni,
scambi di lettere e di articoli, soggiorni di studio formavano una
rete profondamente interconnessa. Sempre meno limitata da barriere
interne e esterne di esclusione corporativa. Abbastanza aperta,
per esempio, da accordare una cattedra a un oscuro impiegato dell'ufficio
brevetti di Berna, Albert Einstein. O da consentire il dialogo tra
Niels Bohr e Werner Heisemberg, nonostante che i due scienziati
si trovassero nelle opposte parti dell'abisso hitleriano. Questo
inizio di "noosfera" (peraltro sviluppatasi, passo dopo passo, nei
secoli precedenti) ha enormemente accelerato il cammino evolutivo
della specie umana negli ultimi due secoli. La comunità scientifica
era già ben avanti sul cammino della globalizzazione attiva agli
inizi del Novecento. Scienziati russi, indiani, cinesi, arabi già
allora contribuivano attivamente, e spesso con posizioni di riferimento,
allo sviluppo di discipline come la botanica, la biologia, la medicina,
la psicologia, la fisica, la paleontologia. Se ne rese ben conto
Theilard che lavorò lunghi anni a Pechino, sui ritrovamenti fossili
del più antico scheletro allora ritrovato.
Dopo la seconda guerra mondiale, in un mondo in
(relativo) equilibrio ma in sostanziale pace questo delle "noosfere"
è, nei fatti, divenuto rapidamente il paradigma dominante. E lo
è divenuto spontaneamente, diffondendosi dal mondo scientifico alle
categorie professionali del mondo occidentale. Per prime quelle
ad elevata intensità di conoscenze ma poi anche oltre. Il contesto
politico nato nel dopoguerra è stato uno dei maggiori fattori di
spinta su questo fenomeno di progressiva internazionalizzazione
e poi di globalizzazione delle conoscenze, delle comunicazioni e
dei rapporti professionali. Il relativo venir meno degli stati nazione,
la bipolarizzazione del mondo industriale intorno a due blocchi
ha visto la nascita di istituzioni sovra e multinazionali, (Onu,
Fmi, Banca Mondiale, Nato, Cee); i mercati aperti hanno generato
organizzazioni d'impresa internazionalizzate e multinazionali, sistemi
mediatici interconnessi (basti pensare ai circuiti televisivi).
In breve: si è formata una infrastruttura di ambiti e di esperienze
globali non più limitata, come nel primo dopoguerra, alla sola comunità
scientifica di punta, ma progressivamente estesa all'intero corpo
sociale. Politici, militari, medici di varia specializzazione, tecnologi
in miriadi di settori, operatori mediatici, amministratori, manager.
Già negli anni 60 non vi era settore professionale "alto" che non
avesse cominciato ad assimilare, e adattato al proprio contesto,
il paradigma della "noosfera", dello scambio aperto di conoscenze,
esperienze, soluzioni. D'altro canto l'impulso primario della "noosfera"
dominante, quella scientifica, era invincibile: la generazione continua
di nuove conoscenze di base rendeva (e rende) impossibile la vita
professionale in isolamento, basata su un solo insieme di conoscenze
statiche ricevute una volta per tutte all'università. Di qui il
proliferare di media (riviste, newsletter...) di settore, di congressi,
di periodici luoghi di scambio conoscitivo.
1.2 - Le due facce di Internet
Mi piacerebbe che qualcuno meglio attrezzato di me documentasse meglio
questo processo che ha caratterizzato la vita materiale e professionale
di milioni di "operatori delle conoscenze" lungo lo scorso secolo.
E di cui Internet è stato solo un epifenomeno, esploso spontaneamente,
come nuovo e più potente "attrezzo" della "noosfera" scientifica in
chiusura del millennio. Questo è l'iceberg, la montagna che spesso
non si vede (o non si vuol vedere) "spiegando" Internet. Di qui la
"sorpresa" della sua improvvisa e subitanea esplosione dal basso ,
dal 1994 in avanti. Ma poco c'è da sorprendersi. Su Internet ha cominciato
a correre la "luce" che già fluiva, ingrossandosi nelle venature della
"noosfera" già da più di 200 anni. I suoi canali tecnologici erano
soltanto più potenti, flessibili e meno costosi rispetto ai precedenti.
E soprattutto essi stessi, in quanto dominio di ricerca e tecnologia,
erano terreno di sviluppo auto-moltiplicativo della "noosfera" stessa.
Internet, infatti, non è e non è mai stata soltanto un telegrafo,
un telefono, un telex, una rete di fax o un sistema televisivo. Ovvero
un media statico, uno strumento di comunicazione definito, monofunzionale.
Che, raggiunto il suo stadio di maturità e di diffusione, esauriva
nel suo uso "normale", predefinito e standardizzato il suo ciclo evolutivo.
Internet, figlia del computer programmabile, è un ecosistema dinamico,
che evolve sui ritmi dell'hardware e del software e sulle più avanzate
frontiere delle telecomunicazioni (reti ottiche avanzate). Il termine
"noosfera" mi pare utile perché identifica la progressiva convergenza
intorno a reti, strutturate o meno, di comunità professionali o di
conoscenze in cui lo scambio intellettuale è continuo, e forma la
base per l'aggiornamento continuo dei partecipanti. Si tratta di un
fenomeno antico come l'umanità, e alla base della sua evoluzione civile
e culturale. Forse il primo sistema di giochi a guadagno condiviso
sviluppato dall'uomo. Ma che, negli ultimi due secoli, è progressivamente
divenuto ingrediente essenziale nella vita di qualsiasi operatore
professionale. Ma non solo questo: vi è anche un "quarto" fattore
evolutivo, derivante dalla massa critica della rete stessa che spinge
a ulteriore innovazione. Prova ne è la continua ricerca su nuovi protocolli
e standard (come la "famiglia" Xml per il Web) per aggiungere dosi
di intelligenza intrinseca alla rete stessa, intesa come sistema di
informazioni e di comunicazioni più intelligibili a tutti i suoi partecipanti
(siano essi esseri umani o computer). Strumento, quindi, ma anche
frontiera. Internet così possiamo leggerla su almeno due coordinate
di fondo: la prima, come frontiera dinamica o spazio di possibilità;
la seconda, come accesso aperto a un gioco a generazione condivisa
di valore. E' l'incontro ortogonale tra queste due coordinate (la
prima sull'asse passato-futuro dello sviluppo delle conoscenze e degli
strumenti, la seconda sul piano orizzontale e globale della vita della
società umana) che ne fa la novità, l'identità, il ruolo di "laboratorio
aperto mondiale".
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