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Seconda parte
Allassenza di interesse
di Freud per lambiente in cui è immerso lindividuo, Sullivan
oppone limportanza che ha per la formazione del carattere dellindividuo
il reale rapporto tra le persone e la loro reciproca comunicazione. Da questo
punto di vista le relazioni interpersonali infantili acquistano una grande
importanza e significato, dato che dalla loro maggiore o minore drammaticità
e risoluzioni possono verificarsi caratteri e modelli di comportamento normali
o devianti visibili nelletà adulta. Soprattutto è importante il rapporto
comunicativo tra il bambino e la famiglia, in particolare con la madre;
primariamente come rapporto empatico cioè sentito più che
capito, cioè a livello emozionale più che di elaborazione intellettuale.
Una comunicazione inadeguata porta a disturbi mentali in cui i processi
mentali sono ostacolati dallansia (lansia costituisce anche
unatmosfera che coinvolge le persone che entrano in rapporto). Rapporti
infantili molto carichi di ansia determineranno nelladulto difese
abnormi nel tentativo (spesso non riuscito) di trovare sollievo da tale
emozione e di raggiungere il bisogno di sicurezza interpersonale.
Sullivan cercò di occuparsi di psichiatria fin dal 1920 e i suoi primi
contatti furono con soggetti schizofrenici ricoverati nellO.P. allo
Sheppaed and Enoch Pratto Hospital di Towson, in Maryland. Per molti anni
tentò di applicare la tecnica e la teoria psicoanalitica alla terapia degli
schizofrenici, senza ottenere alcun risultato; si rese conto, presto, che
la tecnica classica non riusciva a comunicare in modo utile col paziente,
anzi il più delle volta provocava un aumento dellansietà psicotica.
In quel tempo, da parte di vari studiosi venivano prospettati nuovi orientamenti
tecnologici a causa dellinsoddisfazione per gli scarsi risultati
terapeutici, specie ad opera di Rank e di Ferenczi che ponevano in risalto
limportanza del rapporto umano fra analista e paziente. Per Ferenczi,
lanalisi non si basa sulla fama o sullaffabilità del medico,
che deve essere sincero ed onesto tanto da ammettere anche i propri errori,
deve tenersi fermo nella propria posizione, controllare il proprio narcisismo
e controllare le proprie reazioni emotive; deve avere una certa umiltà e
sviluppare una vera empatia. Ferenczi era sorpreso dalla somiglianza che
riscontrava in alcuni punti fra le sue idee e quelle di Sullivan. A differenza
di Freud, che non credeva nelle possibilità transferenziali delle psicotico
(poiché questo tiene per se la libido e non è capace di trasferirla sullanalista)
Sullivan si convinse, per la notevole esperienza che andava facendosi nel
vivere a contatto con questi malati, che negli schizofrenici esistono fenomeni
di transfert ma sono così enormemente ingigantiti da non essere percepibili
obiettivamente: lo schizofrenico, cioè, non stabilisce in principio un rapporto
emotivo col terapista come persona reale, perché non vede solo limmagine
che di lui si è fatto interiormente. E da questa sua esperienza quindi
che, in contrasto con la psichiatria di Kraepelin, Sullivan affinò le sue
notevoli capacità cliniche per capire i fenomeni schizofrenici, e cominciò
a sviluppare quellapproccio metodologico che sarà poi la base della
teoria interpersonale della psichiatria. La personalità, a suo parere, è
una entità ipotetica che non può essere studiata indipendentemente dalla
situazione interpersonale. Lindirizzo di Sullivan è molto vicino alle
concezioni che portarono Reich allanalisi sul carattere,
con la differenza che Sullivan la applica alla terapia dei soggetti schizofrenici.
Sullivan sapeva lavorare con la personalità fragile dello psicotico, evitando
tutto ciò che ne può accrescere lansia, per fare aumentare la fiducia
in se e la sicurezza nei rapporti sociali. Non faceva interpretazioni premature,
perché queste aumentavano le difese. Coglieva lansietà nascosta nella
razionalizzazione, nella collera e nel silenzio, nel cambiare argomento
e in tanti altri atteggiamenti difensivi: ne localizzava le origini e la
faceva rivivere al paziente fino a lenirla senza tuttavia reprimerla e scotomizzarla.
Sullivan parlava molto con questi pazienti anche se loro rimanevano zitti,
ma faceva loro sentire il suo interesse e il suo calore. Educato alla tradizione
umanistica della psicologia e delle scienze sociali in America, Sullivan
condannava il materialismo freudiano, il dogmatismo e il rituale europeo.
In merito alla terapia in genere, Sullivan sottolinea limportanza
di una osservazione attenta e attiva dei processi interpersonali che si
svolgono nel colloquio psichiatrico. In particolare, il terapeuta deve essere
pronto a cogliere le interferenze dellangoscia sulla comunicazione.
Uno dei principali compiti terapeutici e, secondo Sullivan, quello di rimuovere
le cosiddette deformazioni paratassiche che risultano dalla tendenza ad
attribuire ad altri le caratteristiche proprie di persone che hanno avuto
un ruolo importante nel proprio passato. Questo è un concetto analogo a
quello freudiano di traslazione. Nella teoria sviluppata da Sullivan i postulati
sono pochi mentre è grande lelasticità: in essa sarebbe almeno in
parte evitata la dicotomia tra teoria e pratica che è molto mancata in
altri indirizzi. Notevoli somiglianze al pensiero di Sullivan si ritrovano
nella Horney e nel pensiero di Fromm. Questi studiosi, nutriti dal pensiero
umanistico e sociale dellEuropa degli anni venti, mettevano in evidenza
il Se nel contesto degli specifici campi culturali, dei vari tipi di rapporto
umano, e di particolari modelli di relazioni interpersonali. Molto vicino
anche il pensiero di Ferenczi. Nata nel 1885 ad Amburgo, da famiglia protestante,
Karen Horney si laureò in medicina nel 1913 a Berlino dove trascorse la
maggior parte della sua vita allepoca dellascesa e della caduta
del terzo Reich; nutrì scarsa attitudine per la politica attiva, pur interessandosi
molto di questioni sociali e sostenendo con generosità cause liberali. La
Horney ha senza dubbio fornito un contributo di grande interesse per lo
studio della nevrosi dal punto di vista delle difese dellIo. Il suo
merito è anche quello di aver segnalato il ruolo etiologico che nelle nevrosi
deve essere attribuito alle contraddizioni della vita moderna, che stimola
contemporaneamente lindividuo verso la competizione e verso lamore
fraterno, che predica la libertà e vincola sempre più lindividuo alle
esigenze collettive. Molti dei risultati clinici della Horney sono stati
in seguito fatti propri dallo sviluppo della psicologia dellIo. La
psicoterapia ha per la Horney come scopo principale il riconoscimento delle
difese dellIo attraverso unattenta e profonda osservazione delle
reazioni del paziente nella situazione analitica. La critica alla teoria
delle pulsioni: nel 1939, con la pubblicazione dellopera Nuove
vie della psicoanalisi la critica alla teoria pulsionale si fa ben
più profonda e precisa. La Horney contesta lorientamento biologico
di Freud che a suo parere lo porta a concepire le manifestazioni
psichiche come risultato di forze chimico-fisiologiche , a dare unenorme
importanza ai fattori ereditari e costituzionali ed a sottolineare le influenze
ambientali. Inoltre, il fatto che la teoria della libido sia una teoria
istintivistica, dal momento che non è possibile cambiare ciò che la biologia
determina, porta la terapia a dei limiti che in se stessa non ha. Anche
la natura sessuale della libido non è provata. Anzi, linterpretare
qualunque sentimento, tipo di paura o ostilità, come derivato da una frustrazione
di impulsi libidici è per lei errato in quanto non cè un nesso
causale che collega gli impulsi e le attitudini non sessuali con le manifestazioni
di libido. (cfr. Horney K. Nuove vie della psicoanalisi,
Bompiani, 1956,, pag. 60). La sostituzione di un impulso al piacere con
un altro, non prova che essi abbiano tra loro unaffinità. Dal fatto
che per Freud la personalità dipenda in gran parte dalla natura sessuale
della persona, deriva il concetto di nevrosi, vista come il risultato di
una regressione dalla fase genitale a quella progenitale, dovuta ad una
frustrazione di impulsi istintivi. Secondo la Horney, invece, la reazione
spropositata di un nevrotico di fronte alla frustrazione dipende dal fatto
che le sua aspettative sono eccessive e contraddittorie e che viene minacciata
la sua sicurezza, dal momento che molti dei suoi bisogni e desideri sono
provocati dallansia. Nella revisione critica che la Horney fa del
modello freudiano, rientrano anche alcuni concetti fondamentali quali il
complesso di Edipo, il narcisismo, listinto di morte, la struttura
tripartita. Anche Eric Fromm, come la Horney, nellelaborare la propria
teoria parte da unanalisi critica della teoria freudiana. Scopo del
suo lavoro è stato quello di integrare la teoria psicodinamica dellinconscio
di Freud con la teoria della critica storico-sociale di Karl Marx. Fromm
parte dal presupposto che la vita interiore delluomo si plasma sul
contesto storico e culturale in cui vive. Per lui il problema fondamentale
della psicologia è quello del rapporto tra lindividuo e il suo mondo,
e non quello del soddisfacimento e della frustrazione delle pulsioni, come
sosteneva Freud. Questo rapporto è in continua evoluzione, è dinamico e
non statico, non è innato ma acquisito nel processo di acculturazione. La
comprensione della vita umana scrive Fromm deve basarsi sullanalisi
di quei bisogni delluomo che sorgono dalle condizioni della sua esistenza
(cfr. Moreno M. Venti argomenti per un seminario di psicoterapia,
pag. 50, Boringhieri). Questi bisogni peculiari delluomo vengono da
Fromm riassunti in cinque punti: il bisogno di trascendenza, cioè il bisogno
di elevarsi mediante la creatività; il bisogno di radicamento; il bisogno
di identità; il bisogno di uno schema di riferimento. Luomo di oggi,
nella moderna società industriale, è privo di strutture orientative, dai
legami primari della famiglia, della patria, della religione, per cui si
sente solo ed impotente. Cerca allora dei legami sociali mettendo in atto
alcuni meccanismi psichici nevrotici quali: il masochismo morale (bisogno
nevrotico coercitivo di dipendere dagli altri e di affidarsi a loro); il
sadismo (bisogno di dominare, di sfruttare le sofferenze altrui); laggressività
distruttiva; il conformismo (bisogno di annullare le distanze fra se e gli
altri). Per Fromm il modo normale di rapportarsi allaltro è rappresentato
dallamore. Clara Thompson, allieva di Ferenczi e seguace di Fromm,
legata alle idee di Sullivan, critica a sua volta il biologismo di Freud.
Linterazione dinamica fra le persone per la Thompson
è alla base della malattia mentale e causa di frustrazioni che può produrre.
Lo stesso sviluppo della persona è per la maggior parte indotto dai divieti
e dalle richieste dellambiente socio-culturale. Sostenitrice della
nuova disciplina della psicologia sociale , la Thompson critica il biologismo
freudiano e accusa la teoria freudiana di essere solo quantitativa in quanto
attribuisce il disturbo psichico al mancato deflusso delle energie pulsionali.
Per la Thompson alla base della malattia mentale sta la relazione interpersonale
a causa delleccesso di frustrazioni che può produrre. In ogni patologia
è determinante il fattore socio-culturale. Inotre la Thompson non accetta
luniversalità del conflitto edipico che vede come la interiorizzazione
dei rapporti familiari dominanti nella nostra società patriarcale e monogamica.
Ma la critica maggiore è verso il principio di morte; i comportamenti aggressivi
e ripetitivi non sono, come sosteneva Freud, manifestazioni della pulsione
di morte ma reazioni allaggressività sociale. A differenza del pessimismo
di Freud, la Thompson ha una visione ottimistica della vita. Dalla sua esperienza
terapeutica, Clara Thompson ci ha tramandato questo messaggio: Non
credo che esista un analista capace di ottenere buoni risultati terapeutici
senza dare incoraggiamenti al paziente quando ciò gli sembra necessario,
anche se ogni analista sa benissimo che il suo aiuto bloccherà emotivamente
linsight. Cioè un buon analista capisce sempre quando il paziente
ha raggiunto il limite della sopportazione, e allora saggiamente gli somministra
un calmante verbale. La cosa più importante per ogni psicoterapeuta
è laver fatto un sincero sforzo analitico per capire il proprio carattere
e illuminare gli angoli oscuri, perché in qualunque tipo di terapia la sua
personalità è lo strumento che gli consente di capire il paziente, e tutte
le imperfezioni dello strumento costituiscono ostacoli più o meno gravi
al suo lavoro. Questi sono gli studiosi attorno ai quali negli Stati
Uniti si è andata formando la scuola culturale nel cui ambito
si tende a sottolineare il ruolo dellambiente culturale e sociale
nella genesi dei disturbi nervosi e limportanza delle relazioni interpersonali
in ogni momento della vita umana. Il termine neofreudiani è
giustificato dal loro impegno di revisione di alcuni concetti psicoanalitici
fondamentali della teoria classica, specie da parte della Horney e di Fromm.
La Horney e Fromm avevano vissuto gli anni del marxismo tedesco e successivamente,
dopo il Trenta, avevano preso contatto con la cultura americana. Questa
duplice esperienza la Germania di Weimar e lAmerica del capitalismo
avanzato confermò loro quel relativismo culturale che la sociologia
e lantropologia cercava di dimostrare. Il modello culturale monolitico
dellEuropa veniva pertanto infranto dalla presenza di alcune culture
che apportavano quadri diversi e molteplici. Questo è uno dei punti dal
quale è partita la critica a Freud di aver ignorato le moderne conoscenze
della antropologia e della sociologia, e di sostenere che la natura
umana sia sempre la stessa in tutto il mondo. I neofreudiani non concepiscono
la civiltà come un dato omogeneo e universale, ma come una variabile che
muta nei diversi contesti socio-economici e culturali. La funzione
storica del culturalismo è stata quella di correlare la psicoanalisi con
la psichiatria, la sociologia e lantropologia tramite i rapporti interpersonali,
diminuendo limportanza della dinamica intrapsichica caratteristica
dellottica psicoanalitica freudiana. (cfr. Vegetti Finzi S.,
Op. cit., pag. 193).