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PSICOLOGIA
& SOCIETA PSICOLOGIA & SOCIETA
FACCIA A FACCIA
Vidi
che aveva occhi luminosi e scarpe da ciclista. Entrò trafelata e prima ancora
che si sedesse, la conoscevo da sempre ed ero di buon umore. Lui entrò di
sbieco. Non vide la mano che gli porgevo e si muoveva come in un acquario.
Non capii nulla delle sue parole e un velo di nebbia mi ombrava la vista.
Nessun sentimento sembrava raggiungermi. Non gli credevo e glielo dissi.
Finalmente si animò: Speravo di sentire queste parole
Sono qui
perché io non mi credo. Quellaltro invece stacca assegni che
sembrano alberi di Natale: ricami e palline colorate, stelle filanti la
firma. Cura delle apparenze ma pianta senza radici. Sta seccando mentre
intorno di agita la festa di bontà che lui stesso intrattiene. Un giorno
parlo della mia noia. Riuscirà lui a dirmi labisso di vuoto che ho
intravisto dietro il calore fragile della festa e potrà finalmente desiderare
radici da affondare nella terra. Lavoro oscuro e senza gloria. Finalmente
un segreto dentro.
Tra impressioni ed espressioni, nellalternanza di parole e silenzi,
si dipana lincontro terapeutico muovendo più linguaggi; il dire, il
fare, il sentire del corpo si intrecciano, viaggiano insieme o disuniti,
chiedono comunque di incontrare la concretezza di un ascolto. Chi sceglie
di portare il suo disagio dallo psicoterapeuta sa già che non è questione
di guarire, se ciò vuol dire tornare a star bene come
prima. Ha in mente piuttosto uno stare meglio che è più
vicino allidea di trasformare, trasformarsi un po,
riattivare un processo che sembra essersi arrestato, rimettere in moto qualcosa
che, per un caso, ha preso ad agire a vuoto e che, nella ripetizione, fa
male.
Allora ci si dà il tempo di essere gli eventi con lentezza che è
propria della narrazione e ormai così nemica del vivere. E lascolto
ascolta questa storia: un dire di parole, di gesti, di segni sottili, di
sogni , di movimenti, di interruzioni. Ma ciò che si cerca non è nei fatti
che vengono narrati. È necessaria la parola per poter andare oltre: toccare
la sensazione profonda che la sostiene e trasformare così il racconto di
un fatto, una traccia di memoria in esperienza viva.
Lascolto non è solo gesto di accoglimento. Produrre quello stare
meglio che ci si attente. E per questo deve essere vivo e lasciarsi
contaminare.
Contaminato è lo spazio della relazione terapeutica perché chiude in un
sol cerchio gli infiniti moti dellanima e del corpo che il contatto
attiva. Non solo i giochi delle reciproche proiezioni, ma tutti i movimenti
sottili dellempatia e della simpatia e le voglie di potere e di poter
fare i toni caldi della compassione e la noia e la tristezza, il piacere
e la rabbia impotente, le spinte e le rinunce.
E tutte le voci del corpo che, con le sue pesantezze, i tremori, il caldo
gioco degli occhi e i tempi del respiro dice che è lì, anchesso parola,
storia, presenza.
Chi si tiene fuori ha fallito. Chi si sottrae alla contaminazione dellincontro
paziente-terapeuta ha già perso il gioco.
Capire qualcosa su di sé sta allesperienza dellincontro
come leggere un testo sta al vivere lavventura che vi è narrata.
Non fa male, ma è unaltra storia.