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PSICOLOGIA & SOCIETA’ PSICOLOGIA & SOCIETA’

IL PROBLEMA DELL’ “ASTINENZA” NEL RAPPORTO PSICOTERAPEUTA – PAZIENTE

La necessità dell’astinenza nel rapporto psicoterapeuta nel rapporto col paziente è particolarmente evidente nella situazione psicoanalitica: è proprio l’astinenza dell’analista che stimola nel paziente l’amplificazione di quei meccanismi transferali (“nevrosi di transfert”) che, resi evidenti nel “qui ed ora” del setting terapeutico, possono poi essere più agevolmente interpretati e dissolti. Qui “astinenza” significa neutralità, non specificazione di sé come persona specifica, schermo che accoglie le proiezioni dell’altro mentre controlla al massimo le proprie risorse personali.
Nella concezione terapeutica di Moreno, ideatore dello psicodramma, il problema dell’ ”astinenza” non si pone, dato che è proprio la “partecipazione” del terapeuta come ‘altro’ specifico e ben caratterizzato che porta verso il cambiamento cercato. Moreno è convinto che l’elemento “salutare” nel rapporto psicoterapeutico sia l’esperienza di contatto umano il più diretto ed esplicito possibile offerta dal terapeuta e dai membri del gruppo. Egli individua la strategia per il superamento del transfert (di cui sottolinea le caratteristiche di stereotipia e inadeguatezza alla situazione) nello sperimentare quelle forme nuove, creative ed adeguate di relazione con se stesso e con gli altri che possono essere appositamente costruite sul palcoscenico psicodrammatico. La sua metodologia privilegia la “relazione reale” rispetto alla “relazione di transfert”. Le esperienze di rapporto reale vengono indicate, nel setting terapeutico, dalla specifica e  trasparente umanità di cui lo psicodrammatista riesce ad essere portatore. Egli non funge da “specchio”, da “eco”, del paziente; non si propone all’altro come una presenza neutrale: egli dà al paziente stimoli e risposte “reali”.
Ciò naturalmente richiede, come presupposto essenziale perché tale impostazione consegua i benefici desiderati, che egli possieda una struttura di personalità armonica, equilibrata, spontanea, creativa, non distorta dagli inevitabili condizionamenti transferali (o, come correntemente si dice, controtransferali).
Nello psicodramma, dunque, il terapeuta si mostra con le sue peculiari caratteristiche di personalità proprio per non attivare massicciamente quei meccanismi proiettivi che stanno alla base del transfert: questo però non significa che egli non affronti per altra via i fenomeni transferali. Nello psicodramma il transfert viene spostato dalla figura del terapeuta a quella degli “io-ausiliari”. Costoro sono chiamati ad “incarnare” i fantasmi del protagonista, ad accogliere e riflettere le proiezioni di questi. Il paziente (“protagonista”) tratta i suoi meccanismi di transfert interagendo (“acting-in”) coi personaggi scenici che ricoprono il ruolo delle figure interiorizzate, dopo averle esternalizzate sul palcoscenico psicodrammatico.

GIOVANNI BORIA
Direttore di psicodramma moreniano e
Responsabile dello studio di Psicodramma,
via Cola Montano 18, Milano