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PSICOLOGIA & SOCIETA’  PSICOLOGIA & SOCIETA’
BREVI NOTE SUL RAPPORTO PSICOTERAPEUTA / PAZIENTE

Per meglio mettere a fuoco il nocciolo della questione che attiene il rapporto psicoterapeuta – paziente occorre precisare preventivamente che l’ottica da cui si muove questa sintetica riflessione, disimpigliata da grandi e piccoli “dogmi”, è quella psicoanalitica.
È d’uopo partire quindi per questo breve excursus dall’assunto freudiano del 1917. “….Evidentemente le faccio un grosso favore se la respingo da me, là dove sono gli Adler, gli Jung e altri. Ma non posso farlo, io devo avanzare le mie pretese su di lei, devo affermare che Lei è uno splendido analista, il quale ha afferrato irrevocabilmente la sostanza della questione. Chi riconosce che il transfert e la resistenza sono la chiave di volta del trattamento (mia la sottolineatura), senza rimedi appartiene alla schiera dannata.” (Lettera del 5/6/1917 di Freud a Groddeck – carteggio Freud-Groddeck Adelphi – Milano 1973).
Il percorso del pensiero psicoanalitico ha avuto tanti approdi, quello di Kohut a proposito del nostro discorso  mi sembra il più condivisibile. Secondo questo moderno ed innovatore Autore la questione è così posta: “…. Nella mia opinione quindi l’esistenza della psicoanalisi risiede nell’immersione empatica protratta dall’osservatore scientifico nell’osservato….” (La guarigione del Se – Boringhieri Torino 1980). Nella mia prospettiva inoltre, facendo tesoro della preziosa esperienza Rogersiana, il rapporto a due analitico – empatico si fa al tempo professionale ma anche e soprattutto genuinamente umano superando la presunta neutralità dello psicoterapeuta. Tuttavia è evidente che non può trattarsi di relazione ingenua, che anzi, il rapporto è finalizzato all’obiettivo finale sancito fin dall’inizio da un chiaro contratto in cui il sofferente chiede una prestazione, che prevede delle precise competenze professionali, per risolvere un disagio generalmente espresso con un sintomo. Tutto ciò aumenta di più l’importanza del training formativo personale dello psicoterapeuta che essenzialmente gli consente di prendere contatto e saper gestire gli elementi originali del proprio Se. Ed è per questo che diventa decisiva a mio avviso l’analisi del vissuto corporeo mediante psicodistensione analitica di gruppo e individuale ma anche mediante l’espressività corporea e figurativa oltre che l’analisi mediata del verbale. Qualche considerazione per finire sull’analisi terminabile ed interminabile, assillo lasciatoci in sospeso da Freud. Ritengo giustificato separare l’espressione sintomatologica portata dal paziente dalla sua “realtà” interiore. Entrambe le “realtà” ci possono guidare nella decisione per procedere allo “svezzamento” del rapporto instaurato. Sottolineando che l’arte del “tagliare” è altrettanto preziosa di quella del “cucire” nel rapporto psicoterapeuta/paziente come lo è in quello esistenziale.

LUIGI FASCE – Presidente AIPAC
“Associazione Italiana Psicoterapia Analitica a meditazione corporea figurativa e verbale”
–v.lo S. Antonio 5 Genova