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RAPPORTO FRA TERAPEUTA E PAZIENTE

Di Franca Maisetti
Direttrice dell’Istituto  Neofreudiano di Psicanalisi di Milano

Il rapporto fra terapeuta e paziente è del tutto particolare. In esso è scontata una diversità di posizione. Il paziente è colui che chiede di essere aiutato e il terapeuta colui che è chiamato ad aiutare. Il primo si suppone si ponga in una situazione di fiducia, il secondo in una posizione di responsabilità. La richiesta implicita, e spesso esplicita, del paziente è relativa al mondo degli affetti e non è escluso che, appunto nella dinamica degli affetti, venga fuori il desiderio erotico di possedere ed essere posseduto. E’ compito del terapeuta decodificare tale desiderio attraverso l’interpretazione delle varie simbologie  connesse al desiderio in sé e alla figura del terapeuta desiderato. Agire un rapporto erotico equivale ad  aumentare la confusione che alberga nel mondo interno nel paziente, confusione che lo ha messo in stato di sofferenza. Un rapporto erotico fra terapeuta e paziente non è un rapporto d’amore ma di violenza mascherata d’amore e sicuramente destabilizzante un equilibrio precario. L’incapacità da parte del terapeuta di analizzare il transfert  e specialmente il controtransfert, rimanda ad un mondo di confusione che somiglia  molto a quella del paziente che dovrebbe curare. Un rapporto erotico fra i due risulterebbe quindi come porsi sullo stesso livello di due bambini che giocano a fare i grandi. Questo discorso interessa sia il terapeuta uomo che il terapeuta donna. Se è vera la statistica che vorrebbe il maschio più suscettibile di errore rispetto alla femmina, questo potrebbe forse dipendere da una innata capacità femminile di ricondurre le emozioni in una sfera di “maternage” , dove porsi come contenitore delle parti infantili  avide e predatorie, rientra nella cultura della donna che definiremo “concava”  in contrapposizione alla natura maschile “convessa”. Personalmente non credo che la capacità di un terapeuta dipenda dal sesso.