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LA PAROLA AL DISAGIO
IL SOGGETTO HANDICAPPATO, APPUNTI .
Il
sistema essere vivente può essere concepito come un tubo con tanti filtri
attraverso i quali passano gli stimoli e arrivano le risposte. Questo sistema
ce l'hanno piante, animali, uomini ed è rigido e fragile ed a suo modo perfetto:
es. la tigre è un animale forte, però è in via di estinzione perché non
riesce ad adattarsi all'ambiente che cambia. Questo non avviene nell'uomo,
perché nel tubo ci sono più filtri per cui questo sistema è imperfetto,
molto fragile , ma elastico e resistente. Essere normali vuol dire godere
di queste tre qualità (fragilità, elasticità, resistenza). Più una persona
le ha sviluppate, più riesce ad adattarsi e a vivere. Se si ha un deficit
(fisico e mentale) significa andare indietro lungo questa scala, quindi
diminuiscono l'elasticità e la resistenza, diventando perciò eccezionalmente
rigida e fragile la persona diventa grave. Come si affrontano la rigidità
e la fragilità? Non certamente pagando delle persone che suppliscano a dei
problemi concreti. Es. se una persona vuole un bicchiere d'acqua e non riesce
a riprenderla, un'altra persona può dargliela, ma se quest'ultima non ha
un'adeguata formazione non riuscirà a "leggere" il vero bisogno
della richiesta che magari può essere diverso. Per cui non solo bisogna
spendere per la soluzione pratica dei problemi (attrezzature), che di per
sé è una premessa, ma anche per la formazione, creare quindi una nuova cultura.
Se si riesce ad agire correttamente sulla persona si ottengono due tipi
di vantaggi: uno di tipo soggettivo: es. uno va dal parrucchiere e quando
esce si sente meglio e si comporta meglio anche se magari è peggio; uno
di tipo oggettivo: una realtà che funziona, migliora la vita, la capacità
di sviluppo e di autonomia.
Gli obiettivi sono sempre due: 1) possibilità di miglioramento; 2) impedire
la regressione. Tutto ciò è importante per definire un obiettivo. Se c'è
regressione dobbiamo chiederci da che cosa dipende (frantumazione del sé)
e per fare ciò dobbiamo conoscere funzionalmente la persona. Assistere significa
curare. Curare in senso medico significa che un individuo sano ha bisogno
di riparazioni come una macchina. Cartesio diceva che l'uomo dovrebbe definirsi
rotto, non malato. Per l'handicappato è meno possibile o impossibile, quindi
bisogna orientarsi in un altro modo. Un modo di intervenire è quello cartesiano
per cui l'handicappato viene nascosto, lasciato perdere, poi si è cominciato
a fare qualcosa per cui si dice: il soggetto grave magari non ha una serie
di competenze (voce, vista, ecc.) e quindi si interviene dove c'è il guasto,
a livello settoriale, ma il risultato non c'è perché manca la sintesi dell'intervento
e chi fa la sintesi. C'è bisogno quindi di fare un tipo diverso di intervento
che è quello centrato sul sé e cioè: il sé di una persona normale è fatto
in maniera tridimensionale, come un contenitore in cui entrano degli elementi,
si mescolano ed escono. Il sé di un soggetto grave è fatto come un punto
su cui non succede niente. Quello di un artista è come una lastra di vetro
dove tutto scivola. Quello di uno molto grave è simile ad un contenitore
tortuoso, è quindi difficile far entrare ed ancora più difficile far uscire.
Un altro modo di intervenire è considerando il sé la totalità della struttura
che la persona ha. Si effettua l'intervento modellando su una scala di priorità.
Concludendo, l'intervento riabilitativo
in un'ottica esistenziale deve essere: 1) sistematico (non eterno ma sistematico),
2) convergente (verso lo stesso obiettivo), 3) pluridimensionale (sapere
in quale contesto quell'individuo va determinato).
Questo tipo di intervento serve a dare: 1) Dignità (più una persona è autonoma
più ha dignità); 2) Felicità; 3) Benessere (il benessere non è efficienza).
Tutto ciò si ottiene a condizione di lavorare al rallentatore, e
al microscopio (ciò che non ha senso per noi ha senso per lui) e di curare
senza guarire. Tutti gli interventi devono essere fatti sulla base dei
bisogni espressi dall'utente. A volte però non c'è la possibilità che l'utente
possa esprimerli, chi si occupa di lui deve allora farlo diventare interprete
con una grande responsabilità con termini etici e con moltissima umiltà.
Il primo di questi bisogni è il contenimento psicologico, il secondo è l'intervento
di calamitaggio, il terzo è di costruire una comunicazione, il quarto di
questi bisogni è quello di avere una parte di tipo sociale, costruire cioè
un modello di comportamento.
Vincenzo Lombardi
L'INSERIMENTO E L'INTEGRAZIONE
L'osservazione
delle esigenze dell'handicappato ha portato operatori, amministratori, educatori
a sostenere l'importanza della socializzazione. Quest'ultima è un fine dell'educazione
della persona. È anche un mezzo importante nella progressiva attuazione
da parte dell'individuo di uno dei suoi attributi, la socialità. Esiste
una differenze sostanziale tra inserimento e integrazione: l'inserimento
è l'affermazione di un principio circa il semplice passaggio da un contesto
ad un altro. Integrare vuol dire promuovere la persona dell'altro ad essere
se stessa, a mantenere la sua identità e ad espandersi progressivamente
in un rapporto di intimità, di amore e di collaborazione con il mondo circostante.
L'inserimento presuppone l'integrazione, ma avviene che un handicappato
inserito in una classe o in un gruppo di coetanei, spesso non riesca ad
integrarsi con essi. La scelta dell'inserimento generalizzato degli alunni
portatori di handicap nella scuola ha portato indubbi effetti positivi:
la presa di coscienza del problema da parte della scuola, la condivisione
delle responsabilità educative, la maggiore integrazione sociale degli stessi
ragazzi disabili.
Vi sono stai e vi sono
tuttora notevoli problemi per l'attuazione della legge. Fra essi la diffusa
mancanza di competenze specifiche da parte degli insegnanti nell'affrontare
realtà complesse e diverse; una organizzazione scolastica non ancora del
tutto matura ad assolvere alle proprie specifiche funzioni; l'indifferenza
da parte della comunità scolastica che invece sarebbe chiamata a condividere
le responsabilità dell'integrazione sociale dell'alunno portatore di handicap;
un diffuso pregiudizio da parte dei genitori degli alunni normali che manifestano
una insofferenza verso le esperienze di integrazione.
L'insegnante di sostegno
ha un'importanza decisiva per il benessere dell'handicappato nella scuola.
Spesso l'educatore sociale si trova a dover operare come l'assoluto disinteressamento
e ostruzione da parte degli insegnanti impegnati nello svolgimento dei programmi,
il pietismo e l'ostilità dei compagni di classe, senza contare l'apatia
o l'aggressività del soggetto con deficit.
Sono situazioni che portano
presto l'operatore allo scoraggiamento. Fortunatamente non tutte le esperienze
sono così negative. In molte classi si è formato un rapporto di collaborazione
tra i vari educatori ed educando normodotati e handicappati. Come è stato
espresso più volte, la scuola ha un'importanza enorme nella formazione personale
dei disabili, ma non può esserle affidato tutto il peso di queste responsabilità.
Centri specializzati devono affiancarla con tecniche più mirate alle diverse
patologie, senza contare che la socializzazione non termina con l'orario
scuola. Infatti è altrettanto fondamentale la presenza degli handicappati
nelle altre istituzioni: palestre, parrocchie, luoghi di divertimento che
riempiono la giornata dei ragazzi.
Gaia Valmarin
Roma, via A. Govoni 8