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MODELLO A RETE

È la risposta organizzativa che la Regione Lombardia intende attuare nel settore dei servizi per tossicodipendenti.Vi si configura una strategia complessa, che tiene conto degli interventi già attuati, della necessità di un loro sviluppo e di una reale integrazione operativa fra gli stessi. Il tentativo è di realizzare un "sistema" che tenga insieme la complessità e la diversità degli attori, realizzando un fruttuoso dialogo operativo fra pubblico e privato. Un "sistema" che connetta e contemporaneamente salvaguardi la specificità culturale e di approccio di ogni singola unità di offerta. Un lavoro di orchestrazione non facile quello previsto dal progetto obiettivo regionale, che di interconnettere diversità finora scarsamente interattive.
Una "rete" appunto  che realizzi un coordinamento funzionale fra i vari soggetti fortemente integrati  ma nello stesso tempo diversificati, paritari, autonomi. Le diverse unità d'offerta (NOT, strutture ospedaliere, comunità residenziali e diurne, strutture di aggregazione e socializzazione) sono ritenute parte integrante di un possibile "percorso" di riabilitazione differenziato e personalizzato, che esige un forte coordinamento privato a livello locale.
La pratica terapeutica conferma infatti l'assenza di risposte risolutive standardizzabili, all'interno di un processo di progressiva segmentazione e diversificazione della richiesta di intervento.
Ciò da origine alla costruzione di una "catena terapeutica" fortemente individualizzata in funzione delle particolarità irriducibili di ogni soggetto. La funzione fino ad ora ricoperta dall'ente pubblico era consistita sostanzialmente nell'attivazione di servizi specialistici in ogni USSL (NOT) e  nell'erogazione di sostegni economici nei confronti del  privato sociale. Lo strumento di integrazione con le comunità era sostanzialmente la convenzione, in cui era preminente se non esclusivo l'aspetto economico (definizione della retta giornaliera).
Il "salto" sancito dalla nuova normativa consiste nel considerare queste unità d'offerta del privato sociale come parte integrante di un sistema coordinato dell'ente pubblico.
A fronte di un finanziamento per ogni ingresso in comunità viene richiesto di conseguenza l'adeguamento di tali strutture a precisi standard di tipo strutturale, organizzativo e di personale.
A due livelli. La nuova normativa regionale stabilisce che le attività di riabilitazione, prevenzione e cura delle tossicodipendenze debbano essere autorizzate (l.r.51). La procedura di autorizzazione prevede la documentazione da parte del richiedente del possesso di alcuni requisiti specifici.
Se tali strutture intendono accedere successivamente e, tramite convenzione, al finanziamento pubblico, devono adeguare le loro condizioni strutturali e professionali agli standard stabiliti dalla Regione.
In tal modo l'ente pubblico intende svolgere una funzione di sostegno e contemporaneamente di garanzia ed efficacia degli interventi attuati dalle singole unità d'offerta private.
La nuova normativa prevede il progressivo adeguamento entro 3 anni di ogni unità d'offerta agli standard gestionali e professionali fissati dalla Regione.
Lo standard regionale di fine triennio prevede novità significative in materia di qualificazione professionale. In sintesi, per ogni funzione esercitata dall'unità di offerta è previsto l'inserimento di specifiche figure professionali quali l'educatore, l'assistente sociale, lo psicologo e lo psichiatra. Questo in relazione al numero degli utenti di ogni
struttura, alle funzione della stessa e per un monte ore congruo alla necessità di impostazione dei piani di trattamento individuali.
A partire dal 1990 e nell'arco di un triennio le strutture del privato sociale che intendono convenzionarsi dovranno dotarsi di standard che intendono qualificare professionalmente gli interventi in essa attuati.

Osvaldo Poli - psicologo NOT

di Montichiari - BS