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PREVENZIONE & PSICOLOGIA DI COMUNITA'
In
questo numero trovano spazio rilevante esperienze di prevenzione primaria
realizzate in diverse città dell'Italia settentrionale. Abbiamo infatti
pensato che un giornale come il nostro che vuole informare su quanto accade
di significativo in campo psicologico non può omettere di evidenziare un
settore che in questi ultimi anni si va sempre più sviluppando. Si tratta
di uno "spaccato" come meno storia e passato rispetto alla psicologia
clinica, ma ugualmente , se non più, "rivoluzionario" che si basa
su alcuni principi di fondo, ben illustrati nel contributo di Contessa.
In Italia si parla di Prevenzione Primaria da oltre un decennio, ma ancora
enormi sono le difficoltà ad avviare progetti specifici sia per "l'incomprensione"
dei politici e degli amministratori, sia per l'arretratezza culturale generale
delle nostre comunità, sia per le difficoltà operative che diventano a volte
ostacoli insormontabili.
Per fornire esempi che facilitano da un lato la comprensione di almeno alcuni
dei procedimenti utilizzabili in psicologia di comunità, e che, dall'altro
lato, servano come testimonianze della reale possibilità di agire secondo
questa ottica, riportimo in breve alcune esperienze fra loro diverse e tipiche
per la loro focalizzazione.
Chi volesse ulteriori informazioni in merito può rivolgersi direttamente
agli Enti e/o alle persone che sono indicati come responsabili delle iniziative
illustrate.
Speriamo in questo modo di dare un'ulteriore spinta ad un settore della
psicologia che noi crediamo in nettta espansione.
PROMETEO IN AZIONE: quale prevenzione primaria del disagio?
Sono
ormai numerose le realtà nelle quali si prova a varare un intervento o un
progetto di Prevenzione Primaria del Disagio. Le USSL hanno fra i loro compiti
la prevenzione fin dalla costituzione, ma sembrano essersene accorte solo
ora. La Scuola, dopo un lustro di disattenzione su questo tema, è stata
resesibilizzata sia da un Progetto Giovani promosso dal Ministero, sia dalla
nuova Legge sulla Droga. I Comuni stanno allineandosi a questa onda di attenzione
e di sensibilità.
Oggi dunque il problema non
è più quello di convincersi a fare prevenzione, ma semmai è quello di "come"
farla. I primi interventi preventivi in Italia risalgono alla fine degli
anni settanta, per cui abbiamo alle spalle più di dieci anni di esperienze,
di errori e di piccoli successi. Quello che si spera faranno i promotori
di prevenzione è di non buttare via la storia, ma anzi di farne tesoro.
La prevenzione è affare difficile, complesso e rischioso e non merita lo
spreco di denaro per la riscoperta dell'acqua calda o peggio la ripetizione
degli errori già noti.
Certo non siamo negli USA dove esiste una apposita rivista scientifica
sulla Prevenzione Primaria, ma anche da noi non mancano i libri e gli articoli
che trattano a fondo il tema. In Italia i professionisti della Prevenzione
non arrivano al centinaio, raggruppati in meno di una ventina di équipes.
Gli orientamenti e le esperienze di tutti questi pionieri sono diversi,
ma su alcune questioni c'è un consenso generale. E sono proprio questi concetti
generalmente accettati che dovrebbero costituire la base minima di partenza
dei futuri progetti di P.P.
Il primo concetto acquisito
è che la Prevenzione non si fa con l'informazione. Salvo casi rari di integrazione
fra queste due azioni (quella preventiva e quella informativa), è acclamato
che l'Informazione non solo è inutile ma spesso è anche dannosa. La spiegazione
dettagliata ai non operatori tecnici di cosa sia il "crack", quando
non è inutile, arriva anche a stimolare qualche giovane a farne l'esperienza.
Questo dovrebbe seppellire tutti i propositi di USSL, Scuole e Comuni di
far stampare l'ennesimo librettino illustrativo sulla droga e la tossicodipendenza.
Il secondo concetto acquisito è che la Prevenzione Primaria è un intervento
scientifico, mirato e programmato, quindi non coincide con il semplice ed
ordinario funzionamento dei servizi. Affermare che la Prevenzione si fa
facendo funzionare bene le istituzioni ed i servizi è una banalità ed una
tautologia. La Prevenzione può anche essere un progetto di cambiamento dell'assetto
e del funzionamento dei servizi e delle istituzioni, ma tale progetto è
appunto una speciale azione, mirata e programmata.
Il terzo concetto acquisito discende dal secondo: se la P.P. è un progetto
vero e proprio, essa richiede un metodo specializzato e dei professionisti
esperti. Le azioni casuali e volontaristiche, le iniziative effimere e pasticcione,
il buon senso e il folclore sono solo soldi e fatica sprecati, oltre che
fonte di cocenti delusioni e facili ritorsioni.
Il quarto concetto acquisito è che la P.P., come azione di cambiamento,
mette in moto implacabilmente conflitti e difese. Ogni cambiamento dell'esistente
produce resistenze psicologiche e variazione di interessi concreti: non
esiste cambiamento indolore. I conflitti e le difese implicano scelte politiche,
assunzioni di responsabilità, opzioni magari lungamente negoziate ma infine
coerenti.
Vogliamo tenere conto di tutto ciò che in fondo è patrimonio di oltre dieci
anni di lavoro in Italia? Se siamo d'accordo abbiamo un punto di partenza
per iniziare a discutere, seriamente, dei diversi modelli e della loro efficacia.
GUIDO CONTESSA
Da Notizie ARIPS n.30, 1990
PREVENZIONE A PORTOMAGGIORE (FE): UN PROGRAMMA INTEGRATO DI SOCIO-COMUNICAZIONE
Quando,
nel mese di marzo del 1988, il servizio sociale della USL 32 di Portomaggiore
si accinse a progettare un intervento di prevenzione delle tossicodipendenze
rivolto agli adolescenti scolarizzati, le idee potevano apparire ancora
un po' confuse, i progetti potevano mostrare contorni sfumati, il piano
generale poteva sembrare più intuibile che accertabile. A distanza di due
anni, attuato il progetto nelle sue varie fasi, crediamo di poter affermare
che l'intuizione si è dimostrata giusta e che gli aspetti teorici, culturali
e metodologici da noi proposti hanno prodotto una serie di cambiamenti significativi
sul territorio di una parte, e nella mentalità di Enti ed Istituzioni dall'altra.
Sin dall'inizio del nostro lavoro, poche cose ci erano molto chiare; tra
queste quelle che non sarebbero state più accettabili: ad esempio, non sarebbe
più stato accettabile effettuare interventi estemporanei e casuali, o troppo
settoriali, né tali da poter essere fruiti attraverso modalità passive.
Ciò che era chiaro, al contrario, era la necessità di legale gli interventi
al contesto e agli interessi dei giovani a cui erano rivolti e calibrarne
la realizzazione attraverso tappe intermedie e verifiche periodiche. I punti
cardine del lavoro, da un punto di vista progettuale e metodologico erano
stati, perciò, il coordinamento e l'attenzione alle caratteristiche soggettive
dei partecipanti: non si poteva considerare l'individuo adolescente o l'istituzione
scuola come oggetti di intervento, ma come agenti di una piccola comunità
volta al cambiamento. Occorreva coltivare un duplice convincimento: il primo
che non esiste agenzia educativa, servizio, istituzione, che da sola racchiuda
in sé la risposta esaustiva in termini di prevenzione: ne possiede sempre
e solo una parte; il secondo che l'acquisizione di nuove capacità collettive
passa attraverso l'apprendimento, la creazione e l'appropriazione condivisa
di nuovi modelli relazionali ed educativi. Se si presuppone che la tossicodipendenza
non sia una malattia, ma il risultato peculiare e diverso, per ciascun individuo,
delle interazioni di fattori patogeni e di tipo psicologico, socioambientale
e relazionale, ne consegue che la prevenzione va pensata ed attuata in modo
strategicamente sinergico e integrato tra le varie istituzioni ed agenzie
preposte o anche solo interessate alle problematiche giovanili.
Pu convinti che la tossicodipendenza,
la devianza, la violenza, l'emarginazione, non sono da considerarsi fenomeni
equivalenti, è pur vero che hanno almeno un comune denominatori che, per
semplicità, definiamo come disagio alla convivenza.
Ci è sembrato naturale, di conseguenza, perseguire obiettivi legati
alla comunicazione intesa, per i giovani, come scambio reciproco e sensibilizzazione
alla consapevolezza delle potenzialità relazionali e sociali di cui ciascuno
è portatore, e per gli adulti come motivazione a divenire attivi e protagonisti
di situazioni limitanti dei processi degenerativi dello sviluppo giovanile.
Per informazioni: A. Terracciano, v. G. Matteucci, 26 Forlì
LA QUALITA' NELLE COMUNITA' RESIDENZIALI. QUALI STANDARD?
Le comunità residenziali si stanno avviando ad una sempre maggiore formalizzazione e professionalità. La Regione Lombardia ha definito i livelli minimi di qualità strutturale, ma ancora molti problemi restano aperti. Il primo è la questione dei controlli e delle risorse che la Regione impegna per l'effettiva adeguatezza agli standard di legge. Il secondo riguarda gli standard degli aspetti "tangibili" della Qualità: il livello educativo-terapeutico del Progetto, la trasparenza delle attività comunitarie, la professionalità e la tutela lavorativa degli operatori. L'incontro di studio proposto da Comunità Nuova e Arips intende avviare un dibattito che, a partire da una valorizzazione dell'esistente, persegua una sempre maggiore Qualità, a difesa degli utenti, degli operatori e del territorio.
Data: 3 maggio 1991 Orari: 9-13
Sede: sala Nuovo Spazio, via M. Melloni 3, Milano
Per informazioni: Comunità Nuova - 02/483021938
Arips - 02/26112010- 030/2620589
UN'ESPERIENZA DI PREVENZIONE: COLOGNE E "LA ZATTERA"
Dalla
primavera del 1988 il gruppo "La Zattera" in collaborazione con
l'Amministrazione Comunale di Cologne e con altri gruppi ed associazioni
ha realizzato una serie di attività nell'ambito della prevenzione delle
tossicodipendenze e del disagio giovanile. L'avvio ha visto come protagonisti
dell'intervento soprattutto volontari riuniti in un gruppo o presi individualmente
e solo recentemente, grazie anche ad un'esplicita presa di posizione in
tal senso delle forze politiche, l'iniziativa si è fatta più rispondente
anche formalmente al coinvolgimento delle realtà assistenti sul territorio,
congruentemente con le specifiche competenze di ciascuno.
Avviato da una ricerca sui giovani e le loro esigenze e supportato da interventi
diretti soprattutto a moltiplicare le occasioni interessanti e stimolanti
del tempo libero, attualmente il progetto si propone differenti attività.
Innanzi tutto si dedicheranno energie e spazi alla formazione degli operatori
e dei volontari che operano in gruppi e associazioni che già in passato
hanno collaborato con l'iniziativa.
Lo scopo è quello di migliorarne la professionalità e quindi di moltiplicare
i risultati degli interventi specifici realizzati.
La scuola è un ambito privilegiato per realizzare un intervento di prevenzione
ed esiste anche rispetto ad esso una proposta di intervento che tende a
valorizzarne la caratteristica educativa e la focalizzazione sui processi
valoriali: si ipotizzano attività didattiche di animazione psicopedagogica,
di educazione alla salute - per quanto riguarda gli allievi; di formazione,
aggiornamento e sperimentazione per gli insegnanti; di animazione socio-culturale
e ricreativa per tutta la comunità.
Ai genitori sarà inoltre rivolto un altro tipo di intervento, realizzato
in collaborazione con l'Associazione Genitori di Cologne, che ha lo scopo
di migliorare le loro capacità educative.
Due altri settori, già avviati, sono poi di particolare importanza: si tratta
di quello informativo e del tempo libero.
Si incentiverà la partecipazione di rappresentanti delle associazioni locali
e dei giovani della redazione e conseguente composizione del giornalino
locale già diffuso in passato. Nell'area del tempo libero si moltiplicheranno
le iniziative cultural-ricreative quali la realizzazione di cineforum, concerti,
grandi giochi e feste, gite, attività teatrali ed espressive in genere.
Oltre all'intelligenza delle proposte, va sottolineato come questo progetto
tenga conto dell'esistente in tutte le differenti aggregazioni presenti
sul territorio e faccia il possibile per incrementare la sinergia e le occasioni
di connessione fra tutti i diversi elementi, interpretando adeguatamente
la principale caratteristica delle iniziative di prevenzione che è quella
di stimolare la collaborazione nel rispetto delle diversità esistenti.
Per informazioni: sig. Tamanza, Gruppo "La Zattera", Cologne, BS.