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G. Zanarini "DIARIO DI VIAGGIO" e

D. Fabbri "LA MEMORIA DELLA REGINA"

(Guerini & Associati, Collana Network FRASE)

Esistono attualmente due scuole di pensiero che suscitano molto interesse e curiosità nel mondo della formazione. Una è quella della psico-socio-analisi che si ispira a L. Pagliarani, l'altra è quella che possiamo chiamare "della complessità", ascrivibile a molti padri, ma rappresenta con vigore la scuola piagenetiana di Zurigo.
Ne parliamo insieme perché, malgrado le rilevanti diversità hanno tre tratti comuni: entrambe vivono un momento di successo; tutt'e due le scuole esprimono teorie semantiche; entrambe cercano di influenzare la formazione a partire da pratiche diverse come la psicoterapia o la filosofia epistemologica. I tre tratti comuni probabilmente sono intrecciati e i due libri citati, che appartengono al paradigma della complessità, ne sono un'ottima prova. Entrambi i volumi si fanno leggere per il loro linguaggio di mirabile chiarezza ed intensità. Hanno uno stile diretto da "monologhi scritti", ma insieme una precisione linguistica e concettuale, che ne fanno due ottimi esempi di divulgazione ad alto livello.
Le teorizzazioni espresse sia da Zanarini che da Fabbri hanno un evidente valore semantico, nel senso che non sono nuovi "modi di pensare" ma semmai nuovi "modi di dire" pensieri circolanti nelle scienze sociali dagli Anni Trenta. Per esempio, la eccitante enfasi del ruolo dell'osservatore nei processi sociali che Fabbri mette nel suo libro è una acquisizione dei sociologi della Scuola di Chicago, operante appunto nella terza decade del secolo. La scoperta che i processi di apprendimento sia di ordine insieme cognitivo ed emotivo, fu in epoca moderna (senza dunque risalire al mondo classico, che pure ne era assai conscio) uno dei centri del lavoro di K. Lewin nel periodo della Seconda Guerra Mondiale. D'altro canto lo stesso Fabbri pone ripetutamente l'accento sulla funzione della retorica nel processo scientifico (concetto anche questo già largamente accettato, almeno da Kuhn in poi, senza risalire ai Sofisti).  Il fatto che Zanarini e Fabbri insomma presentino teorie semantiche, cioè dicano in modo diverso cose note, non è criticabile giacché forse è questo il cammino di ogni scienza. Quello che forse è criticabile è una certa astoricità delle loro teorie nel senso che le radici, cioè le teorie euristiche (modi di pensare) cui essi evidentemente si legano vengono piuttosto trascurate. Questa assenza di continuità può essere una debolezza, ma forse anche una forza che spiega il successo attuale di certi paradigmi. Presentandosi come novità non solo teorica ma anche sostanziale, ottengono successi nella comunità dei formatori, che essendo giovanissimi ha memoria piuttosto corta. D'altra parte questa mancanza di radici si spiega anche colla evidente estraneità che Zanarini e Fabbri hanno col mondo della formazione. Entrambi sono ottimi ricercatori, filosofi, epistemologi, accademici, ma molto lontani dal dibattuto e dalla prassi che la formazione italiana ed europea hanno portato avanti negli ultimi trenta anni. Entrambi assimilano ripetutamente, per esempio la formazione con l'educazione, andando a ripescare concetti già usati a cavallo del Sessantotto (Illich, Rogers, Milani per fare tre nomi) nel dibattito sulla scuola dell'Obbligo.

La descrizione che Zanarini fa (ed onestamente critica) delle tecniche di lettura, usate in aula per stimolare il pensiero della complessità e la presentazione di Fabbri del LEO (Laboratorio di Epistemologia Operativa), sono una prova lampante che la loro esperienza in aula è limitata all'università cioè ad un luogo dove si fa istruzione, forse anche un po' di educazione, ma giammai formazione. L'enfasi sulla soggettività in formazione, senza la minima citazione di Spaltro, è una prova evidente della assenza di autori dalla scena della formazione (giacché non oso credere che sia mera trascuratezza da competizione mercantile).
Il consiglio ai lettori è quello di affrontare i due libri che hanno molti pregi, ma il consiglio ai formatori è quello di usare prudenza critica, realismo operativo e rispetto per la continuità storica.

Guido Contessa