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LA FORMAZIONE IN PSICOLOGIA CLINICA:
UN PROGETTO INNOVATIVO

(1° parte)

nel "Documento sulle aree teorico-tecniche della psicologia clinica" realizzato dal Direttivo Nazionale della Divisione Clinica della SIPs sono analizzati la centralità della funzione della psicoterapia all'interno della psicologia clinica, il suo sviluppo storico, la sua condizione attuale e le prospettive che si dischiudono per un progetto futuro di intervento più ampio e globale sulla salute e sul benessere individuale e sociale.
A più riprese, giustamente, l'OMS ha messo l'accento sul bisogno di un'azione psicologica a vasto respiro mirata ad una prevenzione primaria effettiva (oltre che ad una prevenzione secondaria) rispetto alla quale una presenza della figura dello psicologo, accanto al medico, nei servizi di base, nella consulenza familiare, nella scuola, nei processi di vita, diviene effettivamente indispensabile.
Tutto ciò, però, non può essere considerato in opposizione al ruolo  centrale che la psicoterapia deve assumersi in questo ampliamento dell'intervento. Non dobbiamo infatti ridurre arbitrariamente il concetto di approccio psicoterapeutico al solo momento della cura, e per lo più di una cura assimilata al setting privato ed individuale, magari di una psicoanalisi di lunga durata. Per psicoterapia invece si deve intendere (in un'accezione che è ormai condivisa dal mondo scientifico e dal pensiero comune) quell'insieme di sistemi, di paradigmi teorici, di ipotesi che si riferiscono al funzionamento psicosociale dell'essere umano, sia a livello individuale che sociale.
D'altronde la socialità della psicoterapia, al di là della accezione medica del termine su cui si è insistito esageratamente in passato, va ritrovata nel fatto che questi sistemi teorici, a differenza degli impianti di tipo più strettamente filosofico, nascono dalla pratica clinica, dall'operatività che il disagio richiede come risposta attiva. Al di là delle singole tecniche e delle molteplici metodologie di cui è composta, la psicoterapia è stata ed è ancora la pratica fondante dei modelli di personalità, a cominciare dalla metateoria psicoanalitica, che pure da iniziali esigenze ed applicazioni di cura si origina. Ampiamente dibattuta in occasione dell'approvazione della legge 56/89 sull'ordinamento dello psicologo, è stata d'altronde la fondatezza della concezione che vede l'atto psicoterapeutico (al di là delle rivendicazioni mediche) come squisitamente e profondamente radicato nella scienza psicologica.
Dunque nella psicologia clinica noi ritroviamo fondamentalmente complessi modelli teorici e ampie aree teorico-tecniche che l'attraversano longitudinalmente, toccando nelle loro articolate formulazioni: la teoria generale della personalità, il funzionamento generale dello psichismo, il suo sviluppo evolutivo, i processi di connessioni con il corporeo, il funzionamento dello psichismo familiare e gruppale, lo studio delle trasformazioni negli stati di vita, lo studio delle cause delle alterazioni e degli squilibri delle condizioni di benessere, la comprensione dell'acquisizione di nozioni e capacità, la diagnostica dei disturbi e, soltanto alla fine, le tecniche e le metodologie curative e di intervento. Le aree teoriche  sono modelli ipotetico-deduttivi, nati dalla pratica clinica e confermati da una congruenza al loro interno, sia da una verifica applicativa, sia dalla loro continua acquisizione di nuovi dati che giungono da tutti i campi della scienza concernenti l'uomo.
Nel documento della Divisione Clinica ci si sofferma sul concetto-base secondo cui non è possibile parlare oggi di una psicologia univoca, in nessuna delle sue branche esplorative ed applicative. Dietro ogni ramo della psicologia ci sono comunque le differenti aree teoriche con ipotesi, proposizioni, spiegazioni differenti; aree che, tanto per intenderci, a volte vengono chiamate riduttivamente "approcci clinici" o "scule di psicoterapia". Dunque, riassumendo, è la pratica psicoterapeutica (vista naturalmente in senso lato) che ha prodotto, intrecciandosi con le ricerche sperimentali, queste grandi aree teoriche, le varie ipotesi sulla struttura della personalità; e da queste discendono, successivamente, le indicazioni per l'intervento operativo nei diversi settori applicativi.
Un secondo concetto importante è che la psicodiagnostica appartiene anch'essa, come terminologia e visione epistemologica, alle aree teoriche e da essa improntata. Tolta l'illusione di asetticità e obiettività (del resto da tempo demistificata dal mondo della scienza) resta da chiarire come tale appartenenza alle teorie non privi la psicodiagnostica della presenza di un ampio spettro, di una casistica articolata, al fine di non escludere alcun aspetto delle condizioni, delle esigenze e delle richieste concrete di qualsivoglia utenza, sia che si rivolga al servizio pubblico che alla psicoterapia dei centri privati. Potremmo dire che, anzi, al di là di una concezione intesa solo come classificazione dei disturbi, una psicodiagnostica che riconosca di appartenere ad un qualsiasi determinato paradigma teorico (purché solido e fondato) è in grado di guardare ai meccanismi di insorgenza del disagio, ai fattori che lo provocano e che determinano le alterazioni del Sé. Perciò è in grado di spaziare in un'area molto più vasta, di situazioni possibili, di quanto non possa fare una metodologia che si basasse solo sulla raccolta di una casistica di disturbi, che di per sé non può essere mai esaustiva di tutte le  possibilità. Un modello teorico per sua natura può essere piegato alo studio di qualunque variazione, fornendo al contempo e in modo inscindibile una strada per la comprensione di tutti i complessi fenomeni che abbiano contribuito a generare la patologia.
La nosografia psichiatrica, invece, per quanti sforzi siano stati compiuti nel catalogare e nell'omologare minuziosamente sintomi e sindromi, risulta (come da più parti la letteratura dimostra) standardizzata nelle definizioni piuttosto che aderente alle situazioni reali. È comunque priva della capacità di comprensione della dinamicità del disturbo che è legata alla storia concreta del soggetto e che solo un modello teorico può prendere in considerazione, sia attraverso gli effetti che nell'attuale si riscontrano nella struttura di personalità, sia attraverso il modo in cui questi si sono man mano stratificati.
Ciò ci permette di passare ad un altro punto, anch'esso estremamente pregnante, che riguarda il dibattito sugli ambiti di competenza che la psicologia clinica può ricoprire in situazioni di tipo "pubblico" o "privato". È stato detto infatti che mancherebbe alle aree teorico-tecniche (o in altri termini, ai vari approcci e alle varie scuole di psicoterapia) una valenza pubblica, una capacità di rispondere alle esigenze di un servizio pubblico, per il fatto che la fenomenologia indagata dalle pratiche psicoterapeutiche si definirebbe solo in base alla particolare teoria che fonda l'intervento. In altre parole si vorrebbero considerare autoreferenti tali approcci, nel senso che la problematica "nascerebbe" dalle condizioni stesse della relazione terapeutica o per meglio dire dalla maniera di guardare alla relazione. Perciò la problematica "reale" che si presenterebbe ai servizi pubblici non potrebbe per principio rientrare nella pratica psicoterapeutica sviluppata nei centri privati. (E non per questioni di durata o di costi del trattamento).
Ora, per rispondere a questa affermazione, basta ricordare che un approccio psicoterapeutico, o meglio (com'è preferibile dire per non cadere nell'equivoco di considerare le sole tecniche) un'area teorica esplora con le sue varie proposizioni scientifiche tutti gli aspetti del funzionamento umano e dunque anche l'ambito della relazione (tra paziente e terapeuta, medico e malato, insegnante e allievo e così via).
Il fatto che una parte (ma solo una parte) delle ipotesi del modello sia nata a partire dalla relazione non ci deve ingannare facendoci affermare che il modello si esaurisce tutto all'interno della relazione. Conosciamo bene le applicazioni possibili di una metateoria generale costruita a partire da un approccio psicoterapeutico nei campi più disparati, che vanno dall'antropologico all'artistico, al sociologico, e così via.

La metateoria è una teoria generale che comprende al suo interno anziché una teoria della tecnica; è solo quest'ultima a coincidere in serie con una serie di fenomeni che nascono all'interno della relazione e sono in una certa misura generati dalla particolare angolazione scientifica da cui li si guarda. Non bisogna dunque confondere la pratica psicoterapeutica con la teoria generale; i modelli di cui parliamo non sono privi di una teoria generale, e quelli che ne sono privi non possono che ridursi a mere tecniche empiriche. L'esistenza di modelli e teorie generali permette trasposizioni da un piano scientifico all'altro, sperimentazioni e verifiche ad ampio respiro, impostazioni di ricerche, operazioni di predittività, anche in relazione a quella particolare categoria di eventi così unici e irripetibili quali sono i trattamenti psicoterapeutici.

Luciano Rispoli