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LO PSICOLOGO
PERPLESSO
Diario di un viaggio nel XXII Congresso degli psicologi
italiani
Oggi,
nell'era dei computer e del Concorde non si usa più, ma nel secolo scorso
i diari di viaggio di esploratori, uomini di avventura, ricchi aristocratici
in cerca di emozioni, furono materiale indispensabile per aggiornare mappe
geografiche e conoscenze antropologiche e/o archeologiche.
Il mio diario di psicologo italiano iscritto alla SIPS inizia in una giornata
di rigido inverno scorso quando ricevetti un'elegante brochure che annunciava
il XXII Congresso degli Psicologi Italiani. Vi si trovavano chiaramente
definiti il titolo e le date del congresso, i costi e le modalità di iscrizione
e le notizie per le prenotazioni alberghiere.
Ricordo che pensai con un certo compiacimento che la sede del congresso
era per me, forlivese, estremamente comoda e che l'organizzazione si stava
dando da fare se con tanti mesi di anticipo già si iniziavano ad avere informazioni
cui avrebbero fatto seguito note più dettagliate, specie per il contenuto.
Attesi le ulteriori informazioni e dimenticai.
A primavera avanzata ricevetti un secondo depliant pressoché identico al
primo nei contenuti e nelle informazioni, ma diverso nel formato. Fui un
po' seccato di dover sostanzialmente provvedere all'iscrizione ad un convegno
in cui non si sapeva il programma, la scansione dei lavori ed i vari contenuti
che si sarebbero trattati, ma ero privilegiato dalla vicinanza del luogo
ed il non dover computare spese alberghiere o di ristoranti mi spinse ad
accettare questa iscrizione "alla cieca".
Aspettai con una certa impazienza di ricevere sia la conferma dell'iscrizione
fatta sia copia dettagliata del programma, ma a me personalmente non giunse
nulla.
Il 28 maggio partii da Forlì con una sola notizia certa: "apertura
del Congresso alle ore 10 presso il Teatro Nuovo di Dogana, Repubblica di
San Marino". L'inaugurazione non fu nulla d splendido o di maestoso:
il palco era spoglio, non c'era un impianto audio ed il primo relatore ci
ha confidenzialmente parlato passeggiando fra le file delle poltroncine
del teatro; l'auditorio non superava le 120-150 persone che si sperdevano
nell'ampiezza della sala atta a contenere il doppio o il triplo delle persone.
Per quanto riguarda il programma dei lavori ci era stato distribuito un
foglio di "linee generali del programma" dove, a fianco della
scansione giornaliera, figuravano le scritte generiche di relazione, sessione
di lavoro, giornata particolare per Assemblea SIPS.
Il mio stupore e la mia incredulità sui problemi organizzativi e logistici
crebbe ancora quando alle 14.00 (40' prima della riapertura dei lavori)
vidi arrivare un camioncino da cui scese una squadra di operai che, in diretta,
iniziò ad abbellire e preparare la sala del teatro con piante, striscioni,
pannelli.
Onore al merito va dato a quei relatori che, incuranti delle condizioni
generali, hanno saputo nella prima giornata offrire validissimi spunti di
riflessione ai partecipanti. Uguale onore ritengo venga attribuito a quegli
psicologi che si erano avventurati nel convegno all'inizio così incerto.
Alle 13 del 28 maggio arrivò anche il programma dettagliato che fu avidamente
accolto dai partecipanti. Sarebbe troppo lungo proseguire specificatamente
nel diario di questo particolare viaggio ma altri due fatti, fra i tanti
personalmente vissuti, meritano di essere citati. Il giorno 30 per personale
interesse volevo seguire una tavola rotonda che si teneva, secondo le indicazioni
del programma, alle ore 9 a Montegiardino, sala di via Bandirola. La "passeggiata"
in macchina per arrivarvi fu indimenticabile; una strada che si perdeva
sulla cresta della montagna sammarinese e fra i campi che declinano verso
il mare. Magari non era proprio il luogo più funzionale dove collocare un
gruppo di lavoro che faccia parte di un convegno nazionale, ma la giornata
era piacevole e l'aria profumata. La cosa peggiorò di molto quando ci trovammo
con i relatori e con gli altri partecipanti nell'aia di una bella casa ristrutturata
in attesa, per un'ora, che qualcuno venisse ad aprire la porta. Né la situazione
migliorò quando un fattorino in scooter ci portò la chiave; entrati ci trovammo
di fronte a stanze completamente spoglie dove due tavoloni impolverati,
una batteria di sedie pieghevoli di legno (stile cinema paradiso) e una
lavagna luminosa ci attendevano quali unici mezzi per dare vita al gruppo
di lavoro. Ancora una volta facemmo "buon viso a cattivo gioco"
e dimostrammo che gli psicologi italiani possono e sanno essere produttivi
nonostante le condizioni ambientali. Il lavoro fu molto proficuo ed entusiasmante.
Infine, data la non semplicità degli spostamenti, ebbi occasione di offrire
un passaggio a delle colleghe con le quali parlammo della situazione alberghiera.
Con rammarico, in quanto romagnolo, cioè abitante di una terra che ha tradizioni
turistiche, devo dire che la loro fu una lunga lista di lamentele che non
coinvolgeva soltanto le mie passeggere. Le colleghe avevano prenotato tramite
le informazioni della brochure inviata ed avevano constatato di persona
come diversi altri colleghi oltre a loro avessero disdetto le prenotazioni
fatte per lo scadente livello degli alberghi ed avessero personalmente cercato
alternative. Il tutto, esse mi riferirono, a macchia di leopardo su un territorio
in cui, senza un mezzo a disposizione, si finiva per essere intrappolati.
Questo riassunto del mio personale
diario di viaggio nel XXII Congresso degli Psicologi Italiani spero possa
offrire maggiori spunti per migliori conoscenze e futuri progressi. Sostanzialmente
posso dire che i contenuti affrontati, relativamente alle situazioni che
ho frequentato, sono sempre stati validi ed interessanti, e che gli psicologi
italiani hanno dimostrato un valido spirito di adattamento e molta motivazione
ad incontrarsi. Esprimono invece molte perplessità in relazione agli aspetti
organizzativi e funzionali che certo devono avere presentato problemi di
non poco conto. Infine mi chiedo: se è vero, come tutti affermiamo, che
stiamo vivendo nel mondo dell'immagine, che l'estetica ed il piacere del
bello devono entrare nell'ambito lavorativo, non finiremo - proprio noi
psicologi - a fare come quel tale che
predicava bene, ma razzolava
male?
Stefano Pasqui