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SULLE STRATEGIE DELLA FOLLIA
"Se
la follia è l'allontanarsi dalla norma, quanto più diminuisce la saldezza
della norma, tanto meno intenso insensato è lo scostarsi da essa" scrive
E. Severino in occasione del Congresso internazionale, organizzato a Milano
il 17 maggio scorso nella sede del Piccolo Teatro.
Erano invitati scienziati, filosofi, psicoanalisti, artisti e teologi
per un discorso sulla filosofia oggi, in una giornata di studi in occasione
della nuova edizione dell'Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam.
Erasmo aveva analizzato la funzione
della follia nel simbolico della cultura occidentale, i vari relatori analizzano
le varie follie che guidano oggi il tempo e ne sono generate.
Quale follia è alla base dell'arte? In quale follia sociale siano tutti
imbarcati? Che relazione c'è fra psicologia, follia e creatività? È questo
un problema che, fin dai tempi di Aristotele e di Democrito ha affascinato
e dato spunto a buona parte della letteratura medica e filosofica. Su questi
temi hanno parlato J. C. Rabant, J. Hoet, J. Pigeaud, A. Rosselli, Y. Hersant.
Ha chiuso le relazioni J. Starobinski con un affascinante discorso su "Unità
e pluralità della follia". Una difficoltà che si incontrano nella lettura
di autori recenti, dice Starobinski, nasce dall'impiego di un concetto unitario
e globale di follia.
La letteratura romantica ne ha fatto un mito imparentato al sogno: follia
e sogno si alleano così contro la ragione. Questa estensione del senso della
nozione di follia, arriva a fare di essa un modo di conoscenza, come il
sogno, quasi fosse un pensiero che corre al di fuori dei limiti tracciati
dalla ragione e dalle concatenazioni logiche richieste dall'intendimento.
Arma a doppio tagli la follia: affianco al privilegio della visione estatica
che coglie con immediatezza la verità del mondo, il pericolo dello smarrimento
senza ritorno. Nel pomeriggio, dopo l'intelligente comicità di A. Bergonzoni
sulla follia che nasce dal pensiero comico e sulla comicità che nasce dal
pensiero folle, si sono succeduti: A. G. Gargani sui nuovi criteri di impiego
del simbolismo che hanno stabilito nuove linee di confine tra ciò che è
significante e ciò che è nonsenso, tra il dicibile e l'indicibile, tra il
ragionevole e l'irragionevole, la norma e la devianza, la ragione e la follia.
Tutte queste contrapposizioni, dice l'autore, nono hanno fondamento oggettivo.
Il nonsenso e la follia risultano figure intagliate dalla cultura dell'oggi.
L'uomo sottoposto a condizionamenti ed automatismi della nostra civiltà
sviluppa oggi una follia da imprigionamento. Sospinto il pensiero al suo
limite esterno c'è il delirio.
E. Drevermann, sul progresso mortale che genera ed è generato dalla
spirale dell'ansia; M. Baldini sul linguaggio degli innamorati, dei poeti
e dei mistici, che lo portano sino al punto di rottura, riuscendo talvolta
a compiere anche importanti scoperte; J. Galtung, sulla follia della guerra
in relazione anche all'ultimo conflitto nel Golfo Persico, all'irrazionalità
e alla falsità generate da questa costosissima follia; E. Laszlo sulla follia
dell'epoca moderna, la profonda crisi di trasformazione dell'umanità, il
degrado dell'ambiente, la diseguaglianza economico-sociale, il razzismo,
il pericolo verso cui consciamente ed inconsciamente ci stiamo avviando
precipitosamente; C. Sini sul pensiero di Erasmo contro la guerra e su come
un testo del 1514 sia ancora di una sconcertante attualità. E. Severino
ha concluso la giornata con una relazione sulla follia nascosta. Per la
nostra cultura non esiste più nessuna verità assoluta, in nome del divenire
dell'uomo.
Sul fondamento, egli dice, della fede nel divenire, nessuna devastazione
o violenza può essere follia. Se la verità non esiste e l'essere è divenire,
non esistono limiti inviolabili. La riuscita dell'agire è la sua giustificazione.
Nell'ottica del divenire ciò che spetta a ogni cosa è di essere prodotta
e distrutta, ciascuno di noi è sospinto dal nulla all'essere e dall'essere
al nulla.
La follia è quindi dentro di
noi ed è inseparabile dal problema della verità, entrambe nascoste.
Converrebbe discoprirle.
Franca Maisetti