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COSI' VA IL MONDO…

AIF - Associazione Italiana Formatori - "prestigiosa confraternita" di professionisti della formazione raggruppa 1515 iscritti di cui 555 lombardi e soprattutto milanesi. In questo ultimo biennio, sotto la guida di Domenico De Masi che ne è stato presidente, molto di è fatto per l' "estetica" sia in termini di discussine teorica, sia di "immagine": lussuose brochure varie che informano sulle diverse iniziative; lussuosa - benché illeggibile - la rivista firmata da F.M. Ricci; "originali" e "per abbienti" i luoghi dei seminari e per i convegni. Ma a guardare un po' più attentamente … non è tutto oro quello che risplende. La quota associativa, infatti, anch'essa non alla portata di tutte le borse - £. 270.000 + 30.000 per spese postali per il '92 - dà diritto a partecipare alle assemblee, a qualche incontro e dibattito, a ricevere la rivista e tutta la promozione delle attività formative direttamente progettate e gestite da AIF. Tutto il resto è a pagamento con quote per i soci scontate ben (!!!) al 20% rispetto ai costi per gli esterni. Fra le diverse attività realizzate ci sono anche un corso formatori di primo livello ed uno di secondo livello o di specializzazione. Al di là dei costi (9 milioni per 37 giornate del corso base promosso per il centro-sud d'Italia, ovviamente escluse le spese di viaggio e residenzialità) e al di là di altre osservazioni di merito sull'impostazione del corso non congruenti in questa sede, mi pare vada fatta una riflessione più di ordine generale e complessivo. Essa riguarda in particolare due aspetti di questa situazione. Il primo: cosa significa essere un formatore e chi stabilisce come si arriva ad essere competente professionalmente in questo campo? Parrebbe forse una ripetizione del famoso problema: chi è venuto prima, l'uovo o la gallina?
Io credo che la risposta stia nella pedagogia prima e nella psicologia poi (i tempi di "nascita" delle due discipline stabiliscono questa priorità). In altre parole, in tutti i campi chi vuole insegnare qualcosa che sa a qualcun altro deve far ricorso alle teorie delle due scienze. Fra l'altro, se vi capita di leggere un "bigino" sulla storia della pedagogia e uno su quella della psicologia, potrete finalmente constatare come spesso gli autori considerati come "fondamentali" dalle due scienze siano gli stessi.
Non è vero, né teoricamente, né concretamente che un buon "tecnico" a qualsiasi livello e con larga esperienza nel suo campo, sia il miglior insegnante. Sarà magari un buon addestratore, riuscirà a trasmettere le proprie conoscenze ad un altro individuo. Ma questo non significa che saprà formarlo. Sembra però che AIF pensi diversamente e quindi non solo non seleziona i suoi soci (cosa forse opportuna dal momento che non esiste al riguardo una normativa ufficiale di riferimento, ma certamente determinante un certo tipo di "costume" nel settore), ma promuove attività di formazione non sempre gestite da docenti con competenze anche di tipo pedagogico e psicologico. Una volta di più quindi sottolinea con il comportamento un'ideologia di riferimento che a me pare alla lunga pericolosa, oltre che certamente confusiva.
Il secondo aspetto che mi pare problematico ed anche "curioso" rispetto alla situazione riguarda l'opportunità per un'Associazione quale AIF di promuovere e realizzare un certo tipo di interventi.
Essa infatti raggruppa persone che si occupano di formazione, che cioè lavorano in questo settore o come dipendenti di grandi aziende, o come free-lance, o come membri di studi e organizzazioni varie private. Il quesito è dunque: perché AIF fa concorrenza ai suoi stessi Soci o almeno ad una parte consistente di essi?
Una prima risposta a questa domanda si può forse trovare nella evoluzione storica di questa associazione nata per sostenere una professione nuova ed innovativa e che, per questo motivo, andava supportata culturalmente. Un secondo motivo è, probabilmente, da ricercarsi nel desiderio di creare una struttura che fosse, in particolare per i fondatori, anche di tipo professionale e gli consentisse di "rastrellare" altro lavoro (avviando fra l'altro così una sorta di "circolo vizioso" sul tipo di quello accademico che fa da garanzia ad una professionalità non sempre brillante). Se questo poteva valere ed essere importante all'inizio dello sviluppo di questo settore professionale, oggi ha molto meno senso soprattutto se serve, in definitiva, a creare un concorrente in più a chi ha in quest'area il suo lavoro. In più, secondo le mie informazioni (qual candore!!) la formazione in AIF equivale alla gestione del potere: non tutti i soci sono infatti chiamati "a turno" a partecipare direttamente come docenti o altro alle attività formative. Come sempre accade, un piccolo manipolo di eletti progetta e realizza le iniziative offerte indifferentemente ad altri soci "inesperti" come ad esterni presi individualmente o, meglio, inviati da aziende ed imprese varie.
C'è poi un altro aspetto del problema interessante: scegliendo sempre se stessi  per realizzare la formazione, non solo si "vendono" e promuovono certi professionisti e non tutti, ma anche un certo tipo di impostazione metodologica che, dato il carattere dell'Associazione, non dovrebbe esistere. In altre parole, in AIF dovrebbero trovare uguale spazio e riconoscimento tutte le diverse impostazioni teoriche e pedagogiche "portate" dai suoi soci, ed anzi se mai si dovrebbe consentire approfondimenti e riflessioni sulle differenti posizioni. Operando invece come fa AIF in realtà si promuove nei fatti una certa impostazione che certamente, per lo stato delle cose in questo settore, è una delle possibili, ma non l'unica.
La cosa "curiosa" è che nessuno pare occuparsi del problema…o almeno, questa è l'impressione di un socio come me, che no
n frequenta molto l'ambiente e riceve le informazioni solo attraverso i notiziari interni. Forse però i tempi cominciano ad essere maturi… cambia la guardia (si sta rieleggendo il direttivo per il prossimo biennio) ed è lecito sperare che il processo di evoluzione avviato non si arresti, ma ne riceva nuovo vigore…

Margherita Sberna