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SCRIVERE
IN TERAPIA:
applicazioni
psicografologiche al processo terapeutico
Della
scrittura come strumento di terapia si è spesso parlato: scrivere equivale
a creare, ed il processo creativo risulta terapeutico in sé, come già Jung
aveva sottolineato. Dall'opera d'arte che consente allo scrittore di far
emergere una parte di sé e di trascenderla nella catarsi, al diario dell'adolescente
che risponde ad un'esigenza di autoanalisi ed autoconoscenza in una fase
di grandi cambiamenti e assestamenti, scrivere riveste ed ingloba una molteplicità
di significati. Spesso in terapia si chiede al paziente di scrivere o anche
di tenere un vero e proprio diario organizzato e suddiviso in sezioni,
alcune di esse con lo scopo di potenziare le capacità introspettive e di
esercitare le funzioni dell'Io, tramite una precisa focalizzazione del momento
attuale in relazione agli obiettivi che egli intende perseguire. Altre sezioni
sono ricollegate più direttamente all'espressione di immagini e sensazioni,
alla registrazione dei sogni dell'immaginario. Scrivere comunque aumenta
l'autoconsapevolezza e costituisce una forma di sostegno individuale che
può migliorare l'autoimmagine ed incoraggiare l'individuo a passare da una
forma di dipendenza ad un autosostegno, in quanto sottolinea la possibilità
di attingere alle proprie risorse interiori. Scrivere può essere utile anche
in momenti di particolare difficoltà ed ansia: descrivere nero su bianco
le sensazioni nel momento in cui si provano, oltre che avere una funzione
liberatoria, costituisce un aggancio al "qui ed ora" che consente
di ridimensionare l'aspettativa ansiosa. Agire in questo senso può interrompere
il circolo vizioso di una sterile ruminazione. Al terapeuta, lo scritto
può fornire utili indicazioni per migliorare la comprensione della persona
che ha di fronte e permettere, ad esempio tramite la rilettura insieme del
diario, un confronto ed un ulteriore scambio. Scrivere, come ogni altra
espressione, può divenire anche uno strumento di opposizione, n maniera
più o meno esplicita, con la tendenza a non far trapelare i contenuti più
autentici, o al contrario può sottolineare l'esigenza della persona di adattarsi
alle richieste reali o presunte provenienti dall'esterno, manifestandosi
come spinta a fornire uno scritto desiderabile per il terapeuta. Fino a
qui si è parlato del contenuto dello scrivere, del "cosa si è scritto"
e "perché" lo si scrive, ma esiste un altro modo di guardare il
messaggio grafico, che risulta sempre più ricco di prospettive e significati.
Non si tratta di decodificare il significato superficiale o profondo che
viene trasmesso dal linguaggio scritto come messaggio, tramite l'analisi
del gesto grafico. La psicografologia è una tecnica che consente di individuare,
tramite l'analisi del gesto grafico esaminato, le caratteristiche psicologiche
dello scrivente. La scrittura è un tracciato fedele e molto sensibile, che
registra la realtà interiore di chi scrive, come anche i suoi stati d'animo
e le sue emozioni. È ormai conosciuto il valore espressivo della scrittura,
che nasce come imitazione faticosa di un modello calligrafico e diviene
nel tempo una manifestazione del tutto personale e irripetibile. Svincolato
dal controllo cosciente e divenuto un gesto quasi automatico, scrivere consente
la proiezione della personalità nella sua interezza. Lo studio della scrittura
ha origini molto antiche, ma per un lungo periodo la grafologia si è occupata
sostanzialmente di una classificazione e definizione dei "segni grafici"
che venivano poi ricondotti ai corrispettivi tratti di personalità dello
scrivente, nel tentativo di costruire dei profili psicologici ben determinati
e fissi. Questo approccio era legato ad una visione dell'uomo piuttosto
rigida e statica. Il sostanziale cambiamento che ha portato alla nascita
della psicografologia è avvenuto ad opera di Max Pulver e di Ania Teillard.
Max Pulver, poeta e filosofo, negli anni Trenta, utilizzando alcune
proposte teoriche di Freud e di Jung applicate allo studio della scrittura,
mise a fuoco i dinamismi psichici che ne sono alla base e colse le molteplicità
dei significati che un singolo segno grafico può rivestire per un determinato
individuo. In questo modo introdusse il concetto di "qualità essenziale
del grafismo" intesa come "sintesi concettuale di particolarità
fisiche, psichiche e spirituali di un individuo".
Secondo Pulver, in ogni grafia è presente un "ritmo" personale
che rivela i dinamismi interiori di chi ha tracciato la scrittura. Ania
Teillard, grafologa ed analista allieva di Jung, applicando la psicologia
del profondo alla scrittura approdò ad una nuova concezione, simbolica e
dinamica, dell'interpretazione della scrittura, nella quale non venivano
più ricercate proprietà fisse di carattere, ma il dinamismo dell'essere
umano. Ania Teillard pose infatti l'accento sulla necessità di cogliere
il gioco di Attitudini e Funzioni, il processo attraverso il quale la psiche
si manifesta nelle sue componenti conscie ed inconscie, nell'alternarsi
di opposte polarità alla ricerca di un'integrazione. Nel 1948 Ania Teillard
propose nella sua opera "L'anima e la scrittura" un tentativo
di trascrizione grafologica dei concetti Junghiani, portando ad esempio
alcuni casi da lei seguiti come analista e come grafologa. Essa sottolineò
inoltre la necessità, per il grafologo, di compiere un'analisi personale
allo scopo di porsi al riparo dal rischio di proiezioni. A partire dai lavoro
di Ania Teillard e di Max Pulver la grafologia ha conosciuto un ampliamento
dei suoi orizzonti. Allo stadio attuale di elaborazione concettuale e di
approfondimento delle tecniche, lo studio della scrittura consente di focalizzare
gli elementi di base della personalità con riferimento alle esperienze precoci
che li hanno determinati, e consente anche di seguire il percorso esistenziale
di un individuo, sia nella sua progressione fluida che nei suoi arresti
e nelle sue regressioni. La psicografologia può essere utilizzata con varie
modalità nel Counseling e nella terapia. Inizialmente si può rivelare uno
strumento di indagine efficace in quanto fornisce un quadro complesso e
ricco dello scrivente, in relazione alle dinamiche intrapsichiche e interpersonali,
consentendo di ipotizzare le cause che gli hanno potuto determinare eventuali
disagi e problematiche. In tal modo, senza voler incasellare la persona
in una categoria nosografica, cosa peraltro opinabile e comunque molto difficile
a partire della scrittura, l'analisi grafologica permette di tracciare rapidamente
un quadro d'insieme dello scrivente. Si tratta inoltre di un metodo di semplice
applicazione, vissuto dal paziente in maniera non invasiva e spesso ben
accettato rispetto alle altre tecniche; in questo senso facilità un precontatto
vissuto senza troppa preoccupazione. Un'altra applicazione di estrema utilità
si può realizzare durante l'anamnesi, affiancando il racconto del paziente
all'osservazione e all'analisi delle sue scritture precedenti: si realizza
così in maniera singolare un contatto con ciò che la persona è stata in
precedenza. Successivamente, costituisce ausilio nel seguire i cambiamenti
che si vanno via via realizzando, è una controprova di quanto il terapeuta
percepisce direttamente. È interessante constatare come la grafia si trasformi
sempre in relazione all'evoluzione psicologica: ma è bene ricordare che
la scrittura non segue all'istante queste trasformazioni; spesso i cambiamenti
grafici precedono la manifestazione esplicita di certi comportamenti. Esiste
anche un utilizzo più direttamente terapeutico della psicografologia. A
volte nella scrittura appaiono parole che vengono definite "affettive"
in quanto si differenziano nettamente, per la dimensione o per la pressione
o per l'inclinazione, dalle altre presenti nel testo, come anche possono
rivelarsi "gesti-tipo" che vengono spesso ripetuti. Nel corso
della terapia si può approfondire il significato simbolico che queste particolari
caratteristiche grafiche rivestono per lo scrivente, facendo ricorso a tecniche
associative ed immaginative. Ad un livello più strettamente "esperienziale"
è possibile far prendere coscienza al paziente del suo particolare modo
di porsi nell'ambiente, facendo riferimento all'occupazione nello spazio
grafico, ed anche fargli sperimentare modalità interative diverse dalle
sue abituali, nel gesto scrittorio.
Chi si pone molti limiti, e lascia quindi ampi spazi bianchi, non
scritti, potrebbe essere invitato a riempire completamente grandi fogli
o a focalizzare il motivo che gli impedisce di farlo; chi viceversa tende
all'invasione potrebbe sperimentare un "autocontenimento" organizzando
in maniera meno esuberante ed immediata nello spazio. Con le precedenti
considerazioni ho cercato di illustrare per sommi capi come la psicografologia
possa trovare un'utile collocazione in campo psicodiagnostico e terapeutico.
Ritengo anche che, pur avendo raggiunto un discreto livello di affidabilità
ed efficacia, essa non abbia esaurito le proprie potenzialità di sviluppo;
a questo fine più che la elaborazione teorica sarebbe auspicabile un maggiore
impegno a livello di ricerca applicativa.
Laura Barreliere
Laura Barreliere: psicologa; formazione psicoterapeutica presso l'ASPIC; grafologa diplomata presso la SFDG di Parigi; presidente dell'associazione grafologica italo-francese.