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ANALISI IMMAGINATIVA - IMAGERIE MENTALE

Dopo Sigmund Freud, dopo Giancarlo Balzarini, dopo Andrè Virel, pur ancora presente con un'esperienza ed un insegnamento assai stimolanti nella Parigi dei nostri giorni, ci si consenta di delineare un'ipotesi ed un progetto per la psicoanalisi o, se si preferisce, per un cammino verso la psicoanalisi. Questa è la nostra frontiera nell'ambito della ricerca e del dibattito che caratterizzano la nostra stagione culturale. Se ci soffermiamo un solo istante per riguardare al passato, le vie che sono state da  noi percorse nell'arco di quattro generazioni di psicoanalisti ci appaiono delineate con sufficiente chiarezza. È come guardare dall'alto il corso di un fiume, con le sue deviazioni, i salti d'acqua, i ristagni. Vi è un maestro che, più che offrire ed imporre ai discepoli delle ortodossie, ha aperto loro delle strade. Vi è un paziente didatta (seconda incongruenza dei tempi mitici), Marie Bonaparté, la quale  porta da Vienna in riva alla Senna la nuova disciplina collegando le forze disperse della nascente psicoanalisi in Francia. Vi sono affluenti che, da molto lontano portano al corso d'acqua della nostra disciplina contributi eminenti, significativi, valorizzanti il momento immaginario. Quel momento che peraltro S. Freud non aveva certamente sottovalutato nella sua clinica. Ricordiamo fra i molti affluenti quello di Robert Desoille e della scuola del RED. Il sogno (via privilegiata all'inconscio come precisato fin dai primissimi tempi della ricerca psicoanalitica) notturno e spontaneo nelle mani del fondatore, diviene da svegli e guidato, ed è questo, per la psicoanalisi un vero e proprio salto di qualità in prospettiva anche terapeutica. Il cammino allora: dalle parole alle immagini, dalle immagini al corpo, dalla dimensione di parola a quella della multimedialità; ed è un autentico nuovo orizzonte che si propone alla nostra attenzione. Ci ritroviamo d'un balzo oltre Schultz e Sapir, oltre Rigo ed oltre Balzarini (ancorché nella strada che era stata indicata da Gianmario Balzarini) oltre le loro tecniche di messa in comunicazione. Balzarini ci ha sempre insegnato a non restare sulle posizioni che sono state raggiunte. Il cammino, di cui si è fatto cenno in rapidissima carrellata, ci conduce all'incontro, da ultimo, con le scuole di così detta psicoanalisi corporea, ricche delle esperienze peculiari della psicomotricità. Il nostro pensiero corre dunque alle figure di B. Aucouturier, di André Lapierre e Anne Lapierre, alle loro esperienze, al loro insegnamento, alle loro scuole. Questo il passato. Queste le strade che sono state da noi percorse. Ora guardiamo avanti. Dicevamo: multimedialità, affinché nella clinica (diagnosi e terapia) la parola e l'immagine possano trovare la loro migliore e più efficace utilizzazione. Diciamo: clinica, affinché lo spazio della nostra disciplina rimanga rigorosamente scientifico (di scienza della natura) contro ogni ricorrente tentazione di cercare diverse collocazioni. Analisi immaginativa (A.I.), Imagerie Mentale (I.M.) segnano e definiscono l'ipotesi e il progetto (di cui abbiamo fatto cenno) nel suo momento di partenza ed è per questo che ad esse scopertamente ci richiamano. Con una particolarissima attenzione all'analisi immaginativa dal momento che, nell'ormai prossimo 1996 (decennale dell'immatura scomparsa di Balzarini) noi che lo abbiamo conosciuto ci stringeremo per una riflessione corale sul suo pensiero, sulla sua clinica, sul suo insegnamento.

Germano Belussi

Vi è un percorso che ha condotto le psicoanalisi ad incontrarsi fra loro e ad incontrare le scuole di psicomotricità. Forse all'inizio ciò poteva non apparire scontato. Certamente oggi, a cose avvenite, appare essere stato invece inevitabile. Inevitabile e fertile di risultati positivi in prospettiva di diagnosi e di terapia. Ho imparato a guardare a questo percorso con molta attenzione e con  molta suggestione, dal momento che è stato anche il mio personale percorso. Psicomotricista, mi sono formata con Bernard Aucouturier nell'ambito della sua scuola di psicomotricità. L'educazione psicomotoria, con le sue esigenze in termini di approccio rigorosamente scientifico, mi deriva da lui. Il suo progetto di educazione viva, per una educazione vitale, è divenuto mio. Altri contributi, teorici e clinici, sono stati stimolati nel decorrere degli anni. Ricordo le figure di Andrè e Anne Lapierre ad esempio. La loro forte inclinazione psicodinamica e psicoanalitica, così stimolante e così suggestiva. Con questi maestri ho imparato ad incontrare i fanciulli, a decodificare i loro messaggi, a correttamente decodificare i miei e i loro risvolti. Ho imparato a giocare e ad utilizzare i gochi e i materiali per i giochi. Ho incontrato le pulsioni nel neonato, nel fanciullo, nel ragazzo sano ed ammalato (a causa di una malattia fisica oppure un disturbo psichico). Ho dovuto lavorare con esse. Ho imparato a guardare, forse in modo diverso da come insegnato in alcune - prestigiose - scuole di psicoanalisi. A guardare i fanciulli vivere, crescere, soffrire, godere; realizzare i loro desideri, reagire alla impossibilità di farlo. In altre parole sono giunta alle soglie della psicoanalisi. Quindi la mia seconda formazione con G. Belussi nell'ambito della Scuola di Imagerie Mentale (Analisi Immaginativa), più scopertamente e pericolosamente analitica. Mi piace dire che nulla di quello che avevo prima acquisito è rimasto inutilizzato, che ho vissuto le due discipline (la psicomotricità e la psicoanalisi) come delle realtà contigue e straordinariamente simili. Mi sono chiesta, e mi chiedo ancora, se ciò sia dipeso soltanto dalla particolare linea psicoanalitica nella quale sono stata inserita: potrebbe anche essere così. Mi è difficile dare una risposta. Quello che posso dire è che, applicando le tecniche di imagerie mentale, nell'interpretazione più ampia (multimediale) che può essere date alle stesse, mi è dato ritrovare a fianco i due insegnamenti., le due esperienze, le due scuole. Vorrei favorire il dialogo fra i due continenti, ormai a contatto: quello della psicomotricità e quello della psicoanalisi. Gli psicomotricisti sono entrati, stanno entrando attraverso le loro società (specie quella di Andrè Lapierre) nella clinica psicoanalitica. Gli psicoanalisti conoscono invece meno l'altra faccia della luna, che peraltro è destinata ad essere sempre meno nascosta. Forse posso sbaglire, ma penso che una lettura dei testi, ad esempio di B. Aucouturier, potrebbe risultare utile anche ad uno psicoanalista di scuola Kleiniana. Vi è un'area psicodinamica, in cui i gruppi diversi non potranno mai trovarsi, al di fuori del loro nome, in forza della loro storia culturale. Da Desoile a Freud, per andare avanti; da Aucouturier a Freud per una rinnovata indagine del profondo. Profondo dei fanciulli, profondo degli adulti.

Lina Piliego

L'esplorazione dell'immagine e dei suoi effetti: di questo si è preoccupato Andrè Virelin in una ricerca che, prendendo spunto da un forte interesse storico ed antropologico, con la decentration e l'onirothérapie, si è  posta in termini innovativi nell'ambito delle tecniche psicoterapeutiche. Come una vera tranche la decentration fa vivere al soggetto la disintegrazione dell'immagine corporea ai fini di una salutare ricostruzione. Viene qui in mente il termine "corpus morcelé" elaborato nella Parigi di quegli stessi anni da Lacan, e noi pensiamo alla percezione della imago del corpo in frammenti ed alle immagini di castrazione, mutilazione, smembramento, divoramento, esplosione, che Lancan ritrova quali vettori elettivi delle intenzioni aggressive che si scrivono nel corpo. Percorrere il proprio corpo immginariamente in una alterità, vivere la psicosi controllandola nello spazio e nel tempo: la decentration è l'assunzione della  propria immagine nello stadio infans, cioè senza parola, nella situazione di assorbimento che riattiva nel soggetto la primordiale frustrazione. Attraverso la decentration viene verificata la persistenza nel soggetto dei cattivi oggetti interni, di cui parla Klein. Lo spazio dell'esperienza è lo spazio immaginario proiettivo del corpo in cui i sintomi manifestano la disposizione parcellare rispetto all'integrazione funzionale della persona. L'angoscia che si sprigiona evidenzia nell'ambizione la dimensione temporale, in cui il tempo di esistenza del soggetto non coincide col suo sviluppo come entità biologica. Spetterà all'oniroterapia tentare di conciliare l'immagine del nostro corpo con la nostra immagine del mondo, ovvero effettuare un secondo rimaneggiamento identificatorio del soggetto. Le immagini nella oniroterapia costituiscono il materiale per far emergere il racconto, per fa intervenire la parola, per passare dal contenuto latente a quello manifesto. Le immagini infatti non possono esistere senza le parole e le parole portano con sé immagini. Lancan sottolinea la connessione tra immagine e significante: le immagini come tali non dicono nulla, sono esca del dire, valgono per la portata letterale che ci rimanda all'eco linguistico che è loro proprio. Lo scenario che si staglia nella parola ci detta dunque un percorso letterale che occorre ritrovare al di là della seduzione dell'immaginario. Lo scenario in cui le immagini si innestano non è legato soltanto alla visione, ma è l'esca perché le immagini risuonino nella loro alterità, divengano nodi di significazione di un altro testo. In questo senso la lettura lacaniana potrebbe liberare nel testo di Virel notevoli potenzialità interpretative.

Anna Buttazzoni

Roger Frétigny e André Virel ricordano (nel loro stimolante lavoro: L'Imagerie Mentale) come nei santuari della Grecia antica sacerdoti guaritori ponessero i loro pazienti in uno stato di vigilanza abbassata, propizio allo svolgimento delle fantasticherie e dei sogni. Questa tecnica costituiva da sola la cura. Non si trattava di un mondo immaginario da sottoporre ad interpretazione, ma di una esperienza da vivere. Un'esperienza autenticamente psicoterapeutica. Dalla Grecia antica ai nostri giorni. Robert Desoille ebbe modo di restare stupito per la ricchezza e per la completezza delle immagini che vengono prodotte nell'ambito di un sogno da svegli e guidato; e per la loro efficacia terapeutica, al di fuori della presenza o meno del successivo momento interpretativo. Deve essere riconosciuto che nasceva con Desoille un nuovo metodo di approccio al disturbo psichico, non molto dissimile da quello che era stato realizzato dai sacerdoti di Grecia; valorizzante il simbolo e l'immagine, più della parola, a fronte della realtà. In questo contesto trovò ad operare in Italia Giancarlo Balzarini. Ed è in questo contesto che la sua scuola di analisi immaginativa. Egli fissa con l'espressione "analisi immaginativa" il progetto di una psicoterapia autenticamente analitica, includente peraltro la possibilità di utilizzare il linguaggio delle immagini e quello del corpo. Giancarlo Balzarini supera ogni connotazione pedagogica della relazione e abbraccia scopertamente la metapsicologia freudiana con le modalità dell'approccio clinico peculiari di Freud, recuperando così aree che non erano state coltivate dagli psicoterapeuti della scuola di Desoille. Ci troviamo dunque ben al di là degli schemi che caratterizzano e penalizzano da sempre le principali scuole di psicoanalisi, per cui se noi confrontiamo, ed è forse la cosa più interessante da fare, l'analisi immaginativa e quella classica, rileviamo da una parte delle profonde e significative convergenze, ma dall'altra anche gli importanti e rilevanti progressi che l'analisi immaginativa consente in prospettiva terapeutica: in termini, ad esempio, di brevità della cura e di efficacia della stessa. Può essere detto che le sedute caratterizzate dalla emergenza del materiale immaginario e dalla sua utilizzazione bene si inseriscono nella strategia propria di una terapia autenticamente psicoanalitica. Può essere aggiunto che Gianmario Balzarini e i terapeuti della sua scuola hanno, con le loro ricerche e con le loro esperienze, arricchito il bagaglio di strumenti clinici che sono oggi a disposizione degli psicoanalisti di qualsivoglia scuola. Ed è un merito su cui non ci si è sufficientemente fermati. È stata aperta una strada. Se la psicoanalisi si avvia verso una dimensione multimediale, il che è storicamente ormai certo, e vi si avvia rimanendo tale, ciò è anche dovuto alla riflessione e al contributo clinico offerto, sia pure con grande umiltà, dalla scuola di analisi immaginativa che il norme di Gianmario Balzarini si richiama.

Gianni Lenisa