indice generale |
DRAMMAUTOGENO: L'INTERVALLO DELLA SPONTANEITA'
Da
questo numero, in un'ottica di primizie editoriali, saranno pubblicati alcuni
stralci del libro "DRAMMAUTO-GENO" di Antonio Lo Iacono in corso
di stampa, curato da Rossella Sonnino.
Il Drammautogeno fondato nel 1979 è stato presentato, dal 1980 ad oggi,
in vari convegni nazionali e internazionali sia all'Italia che all'estero
(Francia, Germania, Inghilterra, Norvegia, Israele, Messico, Venezuela,
USA). Rossella Sonnino, Psicologa, Psicoterapeuta Psicosomatica, Psicopedagogista,
docente formatrice I.R.R.S.A.E. e vicepresidente dell'ASIPA, ha curato i
presupposti teorici del Drammautogeno che il fondatore, coerente con il
suo stile e con gli assunti del Drammautogeno, non ha mai voluto definire
.
Questo lavoro poggia sulla convinzione che la psicoterapia debba
essere sempre più oggetto di ricerca e di riflessione che, prendendo le
masse dalla novità rappresentata dalla situazione attuale rispetto alle
forme più tradizionali di psicoterapia, contribuisca a rifondarne una nuova
qualità caratterizzata dalla partecipazione attiva dei due elementi della
dimensione psicoterapeutica, il paziente e lo psicoterapeuta, che attraverso
un lavoro comune, possono far progredire i bisogni più profondi di riappropriazione
della comunicazione e della creatività. Da ciò emerge la necessità di far
vivere all'individuo la psicoterapia in senso di movimento e di partecipazione
attiva, manifestando esso stesso protagonista delle proprie azioni e non
azioni. Il Drammautogeno vuole dire appunto azione che si sviluppa spontaneamente
e rappresenta il momento della partecipazione e della fuga che ogni persona
adotta secondo le situazioni, esasperando i propri momenti statici o dinamici,
di movimento o di stop, di sonoro e di silenzio, di azione e non azione.
Queste emozioni che emergono nel processo del Drammautogeno sono continue
rappresentazioni dei momenti espressivi e non espressivi racchiusi nell'uomo
che cerca di venire soprattutto attore, protagonista della propria esistenza
e, in particolare, del proprio presente. Dire che la vita di un individuo
è un dramma, è vedere l'espressione diretta della vita e della morte; è
vedere il teatro naturale in cui il soggetto spesso "recita" le
proprie azioni. Il Drammautogeno è il "teatro vivo" e "reale"
in cui, attraverso la dimensione psicoterapeutica di spazio protetto, l'individuo
non recita la propria vita, ma la prova a vivere e l'osserva da protagonista.
In questa prospettiva la psicoterapia del D/A e il suo setting d'azione
rappresentano il campo di movimento, lo spazio personale e interpersonale
in cui si estrinseca la propria più profonda natura dell'uomo, è la dimensione
che consente alla persona di provare ad essere autonoma, di sperimentarsi
e di conservare una riserva intima di individuazione personale. affiora,
a tal riguardo, il contrasto tra dentro e fuori, tra interno ed esterno,
tra spazio psicoterapeutico e spazio sociale. Il paziente, sperimentandosi
attore e vivendo e provando ad incontrare le parti più nascoste e più timorose
della propria persona, vive la sua terapia ed il suo spazio Drammautogenico
che funge da scudo che dialoga per lui con l'esterno, con una dimensione
e una rappresentazione del sé e della personalità. Quando in questo scenario
le situazioni si invertono e dallo spazio terapeutico si passa a quello
sociale, il paziente ha acquistato la traccia per provare ad essere libero
da corazze e maschere superficiali, o vivere la propria libertà sentendosi
se stesso e sperimentandosi liberamente, vivendo cioè il Drammautogeno.
Così ogni persona ha un suo dramma, una sua espressione individuale che
è connaturata alle sue caratteristiche strutturali e al suo spazio espressivo
e comunicativo che si è venuto formando e cambiando lungo il processo evolutivo.
Questo processo avviene sia qualitativamente che quantitativamente in modo
soggettivo ed è appunto per questo che il D/A può meglio definirsi come
un tentativo di tecnica che si struttura attimo per attimo (tecnica senza
teoria). D/A vuol dire azione che si esprime e che vuole esprimere spontaneamente
nonostante gli ostacoli ambientali. Esso può meglio definirsi come una "attesa
lunga" di una possibilità che si tema e un'eventualità che si desidera.
DALL'EGOISMO BLOCCATO ALL'EGOISMO FLUIDO
Il D/A è una proposta per un insight permanente, anche se i modi e i tempi per arrivare a ciò sono vari e variabili. L'insight in questo processo è inteso come una riappropriazione del proprio ritmo autogeno e in particolare della propria fluidità egocentrica. La riappropriazione e il riconoscimento di questo ritmo si traducono dopo il D/A in una specie di egoismo rigenerato che è ben lontano dalla spirale dell'egocentrismo primario, infantile, poiché si estrinseca in una rete di relazioni intrapsichiche e interpersonali. Si passa a quello che qui potremmo definire EGOISMO FLUIDO, da costruzione cioè di un modo di azione ed espressione alternativo, che consente all'individuo di poter dire senza paure di propri SI e i propri NO reali, di riuscire ad esprimere la propria rabbia ed il proprio amore, e così via. L'evoluzione nell'egoismo fluido consente di superare quello che chiameremo EGOISMO BLOCCATO in cui la persona appare sempre più seduta in se stessa, immobile sulla propria storia, come se ci fosse una gabbia che, benché sia invisibile e dorata, impedisce di muoversi. Questa gabbia altro non è che una difesa per non affrontarsi e affrontare i propri cambiamenti, una difesa per non rivivere traumi dolorosi che con il passare del tempo hanno fatto in modo di "congelare l'IO". A tal riguardo, l'osservazione della personalità nevrotica e psicotica mette in evidenza la situazione di egoismo bloccato che il nevrotico addensa nella qualità, nella costruzione cioè di contatti che non offrono possibilità espressive e creano situazioni di grossa difficoltà nel capire e nell'operare una distinzione consapevole tra i propri desideri e i propri bisogni. Nella personalità psicotica invece la situazione di egoismo bloccato è centrata sul contatto ed è esprimibile nella difficoltà di dare e ricevere quest'ultimo.
PRINCIPI
TEORICI
L'intervallo
È
importante osservare che ci sono molte psicoterapie del perché, molte altre
concentrate sull'inconscio e la consapevolezza e molte altre ancora fondate
sullo psicofisiologico e sul magico.
In realtà, allo stato attuale delle ricerche, è difficile scorgere una psicoterapia
che fondi le proprie basi teoriche e di lavoro sull'intervallo. Quest'ultimo
infatti è stato, in qualche modo, da più parti considerato come un vuoto,
uno spazio da riempire e non una possibilità per comunicare. La considerazione
dell'intervallo, nella dimensione di vuoto da riempire, affonda le sue radici
nel passato, nella distrazione, nell'ansia da parte dell'individuo che,
pur di colmarlo, si sottrarrà continuamente all'azione del presente.
Questa modalità comportamentale è intuibile nella difficoltà che emerge
a livello percettivo ed emotivo da parte dell'uomo che ha continuamente
bisogno di completare le immagini, di definire prontamente la realtà che
ha intorno. Le figure, le situazioni incomplete creano paura, ansia di anticipazione
su cosa potrebbe rivelare.
Ogni comportamento, dunque, si tende a farlo succedere ad un altro, anche
se spesso non è attinente e rispondente a quelli che sono i reali bisogni
dell'individuo. Si crea un susseguirsi continuo di azioni in cui non si
ammettono spazi, pause, intervalli e che genera nell'uomo ciò che qui è
stata definita come "dimensione di intervallo impossibile".
Fermarsi tra un'azione e l'altra, stare nell'intervallo, significa guardare,
respirare, sentirsi, vivere nel presente.
Questo intervallo nel presente (I.P.) che qui è stato chiamato anche "non
azione" è una delle poche possibilità di comunicare, distinguendo ogni
volta i bisogni reali da quelli falsi e i falsi desideri dai veri desideri.
Ma molto spesso la sensazione di intervallo confusa con quella d'infinito
viene prontamente evitata per merito di un pronto parapetto chiamato confusione,
difesa, quest'ultima assai efficace per riempire gli spazi vuoti e sfuggire
la NON AZIONE che rappresenta l'unica possibilità di vivere adeguatamente
il presente stando realmente a contatto con quest'ultimo.
Rossella Sonnino