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INTERVISTA AL PRESIDENTE DI AMNESTY INTERNATIONAL

ANTONIO MARCHESI  - Presidente di Amnesty  International Italia dal 1990, ha 35 anni ed è docente di Diritto Internazionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Teramo, in passato ha lavorato presso l'Ufficio Legale di Londra di Amnesty International ed ah compiuto sempre per l'Associazione numerose missioni all'estero sia per compiere ricerche, sia come delegato dell'Associazione ai processi.

Amnesty International, premio Nobel per la pace nel 1977 e premio delle Nazioni Unite per i diritti umani nel 1978, è un movimento internazionale indipendente da qualsiasi governo, parte politica, interesse economico e credo religioso. Si occupa di difendere i diritti umani. Si batte per la liberazione e l'assistenza di uomini e donne detenuti per le proprie opinioni, il colore della pelle, il sesso, l'origine etnica, la lingua o la religione  a condizione che non abbiano usato o non abbiamo promosso l'uso della violenza. Si oppone alle sparizioni, alle esecuzioni extra-giudiziali, alla pena di morte, alla tortura, e ad ogni trattamento crudele, inumano o degradante ed ha come riferimento la Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo e le norme del Diritto Internazionale in materia di diritti umani.
A.I. è autofinanziata, rende pubblici i suoi bilanci. La sua sede principale in Italia è in Viale Mazzini 146, Roma.

Amnesty International si distingue per il suoi impegno a favore dei diritti umani. Da quando l'Associazione esiste ci sono state evidenti modifiche nel comportamento delle nazioni più cruente e crudeli?
Si può parlare di modificazioni che abbiamo potuto effettivamente notare. Ma complessivamente non si può dire che ci siano stati dei cambiamenti radicali che hanno portato ad un miglioramento o ad un peggioramento stabile nel tempo. Per esempio, negli ultimi due anni sono aumentati sparizioni ed omicidi politici, ovviamente consumati nel nome di chi governa che ottiene "vantaggi indotti" eliminando materialmente gli oppositori politici. La gravità di una tale situazione è immediatamente comprensibile perché chi dovrebbe farsi carico della sicurezza del cittadino e della nazione, in realtà è il primo a violare i diritti umani. All'opposto nei paesi dell'ex blocco sovietico dal 1989 ad oggi si è verificato un consistente cambiamento: sono stati rilasciati i dissidenti politici prigionieri dei diversi regimi. Infine di questi tempo si sta assistendo ad un'altra forma di violenza con caratteristiche principalmente etniche, che caratterizza per esempio la situazione in alcuni paesi dell'Africa, tipo il Rwanda, e nella ex-Jugoslavia. L'evoluzione è continua e riteniamo che ci voglia ancora molto tempo per poter eliminare ogni forma di crudeltà dal mondo.

Sulla base della Vs. esperienza, come spiega il fenomeno della manifestazione di violenza di uomini verso altri uomini? Cosa spinge alcuni alla crudeltà?
Capisco che ci possa essere interesse verso questi temi. Amnesty International però non si interessa delle cause profonde né in termini di dati informativi, né di ricerca e "speculazione"; anche i soci che sono per professione degli psicologi in realtà non sono utilizzati per le loro competenze professionali perché AI si propone un'azione concreta: ritiene che sia giusto opporsi agli abusi nei confronti degli esseri umani; si tratta di una responsabilità personale ed individuale, che è giusto portare avanti indipendentemente dal motivo per cui gli abusi vengono compiuti. Il motivo individuale che spinge a compiere delle scelleratezze non ci interessa e resta, conscio o inconscio che sia, di proprietà dell'individuo che lo prova. A noi interessa di trovare i mezzi per perseguire un impegno, per eliminare il privilegio dell'impunità di cui gode la polizia benché "assassina" in molti paesi. La nostra Associazione è uno strumento di azione ed in questo senso sono utilizzate tutte le risorse a sua disposizione. Psicologi e medici presenti in AI se mai sono utilizzati dal punto di vista professionale nel momento della riabilitazione, quando si tratta di recuperare il contatto con la realtà alle vittime di torture, ecc. Inoltre essi di solito si occupano di compiere studi sulle conseguenze, psicologiche e fisiche sulle vittime della crudeltà e della violenza umana. infine operano all'interno delle loro categorie di riferimento per impedire qualsiasi tipo di violenza e anche di connivenza con qualsiasi tipo di abuso nei confronti dell'uomo.

I recenti numerosi fenomeni di razzismo nei confronti dei "diversi" in genere anche da parte di cittadini italiani sono sicuramente preoccupati. Come Associazione avete mai realizzato interventi a carattere preventivo per stimolare una maggiore tolleranza reciproca?
Si. AI si propone di modificare il comportamento delle persone e non di essere perennemente "alla rincorsa" di casi da risolvere. Vuole quindi educare ad una cultura del rispetto, della tolleranza nei confronti dell'uomo come cittadino del mondo. Per questo opera nelle scuole, soprattutto con gli insegnanti per diffondere più velocemente il suo pensiero e per preparare dei "testimoni" in grado di "passare la parola" modificando un po' alla volta il modo di pensare comune. Vengono quindi predisposti materiali didattici, organizzati corsi di aggiornamento, ecc. Gli obiettivi da promuovere sono la tolleranza, di introdurre la cultura del rispetto per gli altri uomini e anche una reale solidarietà nei confronti degli altri. Così che ognuno comprenda che è dovere di ciascun essere umano proteggere e difendere gli altri.

I recenti episodi che hanno avuto come protagonisti esorcisti e maghi vari, hanno a Suo parere qualche rapporto con altre manifestazioni di violenza?
Non credo. Penso siano frutto piuttosto di ignoranza. AI si occupa di fenomeni diversi, per esempio abusi delle forze dell'ordine fuori o dentro il carcere; di fenomeni di razzismo; di violenze di alcuni gruppi nei confronti degli altri.

Esiste una sorta di graduatoria dei Paesi più coercitivi ed illiberali?
No, per principio AI non fa queste graduatorie. I 140 Paesi, sui 180 esistenti, di cui si occupa AI nel suo rapporto annuale sono diversi fra loro. Certo c'è chi fa violazioni sistematiche e chi invece è segnalato per un paio di episodi non chiari. Non c'è neppure una distinzione fra ideologie di destra o di sinistra e  neppure fra i diversi continenti: anche nella nostra Europa la Turchia si segnala per gravi abusi. AI si propone di eliminare totalmente gli abusi e una "modica quantità" non salva un popolo da una severa condanna.

Quali caratteristiche deve avere un buon "attivista" di AI?
Deve essere disponibile a lavorare. Certamente una qualità  importante è la flessibilità ed accanto ad essa ci sono alcune variabili che possono essere considerate come condizioni "sine qua non": credere negli obiettivi che AI si propone; essere molto motivato a difendere i diritti umani; avere tempo per AI; avere pazienza ed umiltà anche per imparare tecniche e procedure per svolgere con successo  gli interventi a difesa degli uomini.

Tutti i popoli in qualche fase della loro esistenza hanno perpetrato delle atrocità. Questa considerazione può essere considerata vera?
È vero. Ci sono stati abusi in ogni dove e da parte di tutti i popoli. Resta comunque sempre una responsabilità individuale che non può essere cancellata.

Quale è la Sua speranza per il futuro?
Che Amnesty International sia inutile e non debba esistere più. Credo sia un sogno almeno a medio termine. Forse è un'utopia, ma è necessaria anche per la sopravvivenza di AI nonostante l'Associazione sia concentrata sulla concretezza degli sforzi e dei risultati. Sono però fiducioso e credo si possa costruire un futuro miglio
re.

a cura di Margherita Sberna