indice generale

PSICOLOGIA DEL LAVORO E
DELL'ORGANIZZAZIONE PER LA SALUTE

1-      LAVORO, ORGANIZZAZIONE, STATO ASSISTENZIALE

La traduzione italiana di Welfare State (Stato del Benessere) è stata quella di Stato Assistenziale. Si è trattato in sostanza della sostituzione di una definizione per obiettivi (il benessere come risveglio da raggiungere) ad una per metodi e procedure (lo Stato come una grande madre assistenziale). Questo slittamento semantico affonda le radici in una cultura agricola pre-industriale dove il risultato non è dovuto tanto a sforzi organizzativi quanto alla benevolenza del tempo, del Principe o della  divina Provvidenza. L'organizzazione sanitaria non era concepita come impresa vincolata alla produzione della salute, quanto come ente erogatore di benefici concessi dallo Stato "buono". Gli operatori socio-sanitari non erano lavoratori ma generosi missionari. I cittadini utenti non erano soggetti di diritti, ma "clientes" col dovere della gratitudine. Questa concezione, che negava il collegamento fra sanità e lavoro-organizzazione, di fatto rendeva estraneo l'apporto della Psicologia del Lavoro e dell'Organizzazione. L'unica psicologia che è entrata nel settore sanitario è quella della relazione medico-paziente (es. gruppi Balint) e quella della psicoterapeutica, cioè della cura e della presa in carico. Come se la salute fosse tutt'al più una questione privata fra benefattori e beneficiati.

1-      LA SANITA' COME IMPRESA

La crisi del Welfare State, inteso come Stato Assistenziale, ha avuto due cause. La prima di carattere economico: gli Anni Ottanta, segnando l'esplosione della spesa, hanno reso visibile la possibilità di un'impostazione a "elemosina infinita". La seconda di carattere culturale: è stata svelata la natura intrinsecamente autoritaria di una sanità "benefattrice". Lo Stato nutrice ha mostrato sempre più chiaro il suo volto di Stato vampiro. Gli Anni Novanta sanciscono il concetto, sommerso in tutto il decennio precedente, della sanità come impresa legata ai principi dell'economia e dei risultati. Il D.L. n. 502 dispiega questa impostazione parlando di garantire la qualità delle prestazioni e dell'assistenza e i diritti degli utenti. L'organizzazione sanitaria è dunque un'impresa a tutti gli effetti, i cui utenti vanno considerati come clienti-consumatori il cu prodotto è il benessere (stare bene) immateriale.

1-      OGGETTIVISMO E SOGGETTIVISMO NELL'IMPRESA

L'organizzazione industriale  moderna si fonda su una sorta di "oggettivismo ingenuo" per il quale le strutture, i capitali, le norme, i materiali sono più importanti dei processi, del fattore umano, delle relazioni interpersonali. La Psicologia del Lavoro e dell'Organizzazione ha lavorato quasi cento anni e con successo, per segnalare che i risultati dell'impresa dipendono almeno in pari misura dagli elementi oggettivi e soggettivi. L'organizzazione produttiva post-moderna è centrata sull'elaborazione delle informazioni, prima che della materia; è più qualificata dal lavoro tecnico ed intellettuale che dai capitali; prospera sulla negoziazione e la motivazione più che sulle norme e gli organigrammi. Essa mette al centro il cliente-consumatore anziché l'organizzazione ed il prodotto; vive sulla flessibilità invece che sulla rigidità; privilegia la qualità dei risultati e non la precisione delle procedure. Sembra paradossale constatare oggi una maggiore attenzione agli elementi immateriali del lavoro e dell'organizzazione nelle imprese orientate al profitto economico, piuttosto che nell'impresa sanitaria la cui missione è la produzione del benessere immateriale. E la continua ricerca da parte dell'impresa sanitaria di risposte ai suoi problemi basate sull'oggettivismo ingenuo delle normative, dei capitali, dell'hardware testimonia un ritardo culturale non più accettabile.

4-      L'IMPRESA SANITARIA VERSO LA QUALITA'

L'organizzazione sanitaria è ormai concepita come una tipica impresa post-moderna che deve produrre, ai minori costi umani ed economici, il risultato del massimo benessere. Il concetto di qualità applicato all'organizzazione sanitaria implica la centralità dell'utente ed il massimo di salute sia nei processi che nei prodotti. Il prodotto "salute" è legato ai processi di prevenzione, cura e riabilitazione del disagio psicofisico, nei quali gli aspetti materiali (corpo, igiene, alimentazione) sono  strettamente intrecciati a quelli immateriali (equilibrio psicologico, sicurezza, relazioni interpersonali e sociali). Non a caso l'OMS definisce la salute non solo come assenza di malattia ma come  stato di benessere psicofisico. La salute dei  cittadini affonda le sue radici nella soggettività che è una difesa della malattia, funge da filtro nella percezione del malessere, è il principale supporto ai processi di guarigione. È ormai acquisito che non esistono quadri clinici nei quali il fattore soggettivo non abbia alcun ruolo. Il prodotto dell'organizzazione sanitaria non può dunque avere qualità se l'utente non gode di sensazioni di soddisfazione, di stima e fiducia verso sé e verso l'ente sanitario, di buone relazioni con gli operatori. Possiamo dire che il prodotto sanitario corrisponde in buona misura col processo di produzione. L'impresa sanitaria di qualità eroga un servizio o prodotto che è in parte corrispondente a sé stessa. Questo è il carattere di tutte le imprese post-moderne dell'immateriale. Le imprese di produzione di beni materiali dispongono di un magazzino e di una rete di vendita che separano il produttore dal consumatore, talché costui guarda essenzialmente al prezzo e alla qualità del prodotto senza interessarsi al modo di produzione. Al contrario le imprese di produzione di beni e servizi immateriali (informazioni, spettacolo, arte, turismo, ecc.) o misti (noleggio, manutenzione, ristorazione, moda, ecc.) vivono su una bassa o nulla separazione tra prodotto e consumo. Queste imprese vendono qualcosa, ma anche e soprattutto se stesse, la propria immagine, il modo in cui sono organizzate, la relazione che sanno instaurare col cliente. L'impresa sanitaria che vuole produrre benessere di qualità deve avere una organizzazione che valorizza la qualità del proprio benessere. Essa deve porre al centro il cliente come consumatore portatore di diritti, ma simultaneamente porre al centro l'operatore e l'organizzazione del lavoro come elementi cruciali per la qualità dei risultati.

5-      LA PSICOLOGIA DEL LAVORO E DELL'ORGANIZZAZIONE PER L'MPRESA SANITARIA DI QUALITA'

In un'ottica come quella sopra presentata, la psicologia, intesa come scienza e pratica della soggettività, può essere di grande aiuto per l'impresa sanitaria di qualità. La Psicologia del Lavoro e dell'Organizzazione può fornire efficaci contributi relativamente a ciascuno dei lati del triangolo della qualità: l'utente, l'operatore, l'organizzazione. La psicologia può indagare e stimolare i vissuti di soddisfazione e i comportamenti di cooperazione degli utenti verso l'impresa sanitaria; può offrire contributi diagnostici e terapeutici che arricchiscono quelli di tipo medico; può indagare e interpretare i bisogni dei pazienti e contribuire a progettare risposte adeguate; può estendere l'intervento sanitario alla famiglia o al contesto del paziente; infine può stimolare processi di partecipazione ed enpowerment degli utenti. Sul fronte dell'organizzazione sanitaria, la psicologia è pronta ad offrire cento anni di ricerche ed esperienze sull'organizzazione del lavoro, la formazione delle équipes, gli stili manageriali, la comunicazione interna ed esterna, le relazioni interfunzionali, il  monitoraggio del "clima", i metodi di incentivazione, la sicurezza ambientale. Infine, verso gli operatori la psicologia può fornire contributi circa i processi di selezione e motivazione del personale, la formazione permanente "on the job", la gestione dei conflitti fra ruoli e funzioni, la negoziazione, la prevenzione e la terapia delle malattie professionali. In merito a quest'ultimo delicato problema, una ulteriore prova della concezione della Sanità come "assistenza di benefattori" è data dalla scarsa attenzione che l'organizzazione sanitaria pone verso la salute degli operatori: il benefattore non può ammalarsi a causa della sua azione salvifica. La psicologia ha individuato, dal 1975, la sindrome del burn-out come specificamente a carico di tutte le professioni dell'aiuto. Una malattia professionale i cui esiti infausti sono essenzialmente tre, a volte anche compresenti: totale disaffezione al lavoro, auto-distruttività dell'operatore (malattie psicosomatiche, disturbi psicologici, propensione agli incidenti, diminuzione delle difese immunitarie, ecc.), atteggiamenti sadici verso i pazienti.

Guido Contessa