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L’IPOTESI DI UNA FEDERAZIONE PSICOANALITICA

Un mese prima che la proposta legislativa sull’ “ordinamento della professione di psicologo” fosse approvata dal Senato della Repubblica Italiana, alcuni degli psicoanalisti del Laboratorio scrivevano una lettera circolare, indirizzata ad un centinaio di noti colleghi, nella quale veniva posta la questione se fosse proprio una legge la cosa più opportuna per venire a regolamentare la disciplina psicoanalitica. Nello stesso periodo – maggio ’85 – Giacomo Contri scriveva l’articolo “I nuovi bari ‘dopo’ la psicoanalisi” definendo i vari progetti di legge “intellettualmente, scientificamente, giuridicamente così selvaggi, ignoranti, ed incompetenti” anche tenuto conto che “non c’è motivo di ritenere che i loro firmatari siano persone men che degne di valore nei loro ruoli politici, professionali o altro”. In un clima di sconcerto prende corpo l’idea un po’ ingenua ed al contempo arrogante, di una Federazione Psicoanalitica. Parlare di una Federazione significa proporre problematiche che implicano il superamento di diversi ordini di problemi. Indico qui solamente alcuni tra i più macroscopici in 3 brevi proposizioni. Una scelta federativa comporta la coesistenza di diversi filoni di pensiero che storicamente hanno espresso incompatibilità e intolleranza. Un raggruppamento di tipo geografico non può esprimere a sufficienza l’universalità del pensiero psicoanalitico. Codificare gli standards che vadano a discriminare la psicoanalisi da un resto è una operazione di per sé fallimentare proprio all’interno della disciplina psicoanalitica stessa, in quanto contraria al modo stesso dell’operatore del lavoro psicoanalitico. Nonostante ciò la psicoanalisi rimane una espressione della comunità psicologica, composta da tutti coloro che vi operano: dove all’elaborazione teorica viene a congiungersi una pratica di formazione in costante e continuativo sforzo di elaborare la propria professionalità.
Può aver senso allora parlare di comunità psicoanalitica solamente nella misura in cui ci si mette in cammino sull’esplicitazione dei programmi di lavoro. Infatti questo corpus  non è né un “corpus teorico” né una sommatoria dell’elenco alfabetico dei soggetti o societario. Questo qualche cosa d’altro è un insieme di programmi di lavoro che dei soggetti sono impegnati ad esplicitare. È solamente la misura in cui questi programmi di lavoro vengono diffusi e confrontati, tra i vari Centri operativi che diventa pensabile l’attuazione di un programma federativo. Su queste considerazioni viene ad appoggiarsi l’idea che il Laboratorio di Formazione e di Lettura Psicoanalitica ha lanciato nei primi mesi del 1986 andando ad incontrare alcuni Centri con l’obiettivo di verificare se ci fossero state alcune premesse per individuare quel terreno entro cui ai partecipanti fosse stato possibile, mantenendo integre le proprie caratteristiche, i propri metodi e i propri riferimenti teorici, ricercare quegli spazi di integrazione attorno ai quali si sarebbe potuto articolare dei discorsi per produrre degli scambi e dei confronti sulla questione federativa. Il motivo di fondo stava e sta nel verificare se riconoscendo il diverso è possibile individuarsi in una dialettica di pari dignità. Attualmente l’idea federativa ha incontrato diversi consensi.
Ciò pare molto positivo come punto di partenza. Ora è necessario che i diversi Centri portino il loro contributo alla definizione, non tanto di una futura federazione, ma di una sua possibile identità: occorre aprire dei dibattiti, esporre delle riflessioni anche attorno alla sua mancanza. Ci pare importante attivare nei diversi Centri un flusso informativo reciproco sulle attività, sugli studi e su quant’altro essi producono e intendono divulgare. Abbiamo invitato, e l’invito è esteso a tutti gli interessati, a formare una “Segreteria diffusiva”.
L’avvio del dibattito è importante.

Giovanni Callegari