indice generale

PAURA, DIFFIDENZA …..….. E UNA FRAGOLA

Sempre più, nelle strade, si vedono sguardi pieni di diffidenza. Non fidarsi vuol dire non essere rilassato, mantenere sempre una certa tensione, anche muscolare, che a lungo andare può costituire una corazza caratteriale e comportamentale.Nelle grandi città dove lo spazio è sempre più limitato, la fiducia verso gli altri si restringe sempre più e la carica aggressiva, di conseguenza, è in continuo aumento; come se l’individuo, continuamente sotto pressione, diventasse di mano in mano un sistema complesso pronto da esplodere. La difesa da questa situazione spesso consiste in un rimedio ancora più pericoloso cioè quello della scotomizzazione emotiva degli impulsi. Non lasciarsi coinvolgere diventa la nuova parola d’ordine, qualsiasi cosa succeda, incidenti, rapine, violenze, richieste d’aiuto, regali di fiori, guardare negli occhi, tutto deve essere il più possibile evitato per non lasciarsi coinvolgere. C’è chi arriva al punto di  non rispondere più se qualcuno suona alla porta ormai sicuro che può essere solo un atto dispettoso o qualcuno che chiede qualcosa. La paura in realtà sembra la vera protagonista della cultura occidentale contemporanea: paura di non avere, paura di perdere, paura di non sapere, paura di non arrivare in tempo, paura di sbagliare, paura di essere traditi, paura di vincere, paura di sapere, paura di indebolirsi, di ammalarsi, di morire, paura di avere paura… Molti addirittura hanno paura di sentir cantare gli uccelli e si riempiono le orecchie anche in campagna di suoni emessi da radioline o si isolano ancora  di più in città per le cuffie musicali che servono per vivere in una situazione distaccata dall’umanità urbana che ci circonda. La paura del dolore riesce quindi a condizionare tanto da creare isole illusorie di comfort dove si appiattisce sempre di più il dislivello naturale tra piacere e dolore. Ciò riguarda la temperatura, il cibo, il sesso, gli spostamenti, la comunicazione in generale; il bisogno di gratificazione immediata crea notevoli disagi nella costellazione dei desideri e spesso gravi traumi nel comportamento sessuale. La difficoltà di sopportare qualsiasi dolore rende anche difficilmente raggiungibile la gioia, poiché evitando a ogni costo il disagio si evita una parte importante della natura umana, si saltano gli abissi dolorosi e si cade in altri abissi che non solo sono pieni di dolore ma anche di disperazione, insoddisfazione, noia. Si cercano sempre più occasioni per distrarsi dal presente, come se il piacere fosse o un ricordo nostalgico o un livello di aspirazioneA questo proposito mi viene in mente una storia Zen che ho raccontato ai miei allievi psicologi che seguono il corso “Psicoterapia e Drammautogeno” “Un uomo cammina per una strada solitaria e ad un certo punto incontra una tigre. Si mette a correre inseguito da essa e a un certo punto arriva ad un precipizio e si afferra ad una radice lasciandosi pendolare sull’orlo. La tigre fiuta dall’alto. L’uomo si guarda giù e si rende conto che in fondo all’abisso un’altra tigre lo aspetta per divorarlo. Solo la radice lo sostiene ma ecco che a un tratto due topi, uno bianco e uno nero, cominciano a rosicchiare la radice. A un tratto l’uomo vede vicino a sé una fragola che sembra gustosissima. Si tiene con una sola mano alla radice e con l’altra coglie la fragola e la mangia esclamando: com’è dolce la vita!….”.

Antonio Lo Iacono