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Les Journèes de relaxation
“LES FINS DE LA CURA”

nov 86 – PARIGI

Il Convegno è stato organizzato dall’Association de la Recherche et d’étude pour la formatio a la fonction Soignant (AREFFS) sotto la presidenza del dr. Michel Sapir. Trattasi dell’Associazione francese che utilizza il rilassamento in chiave psicoanaliti
A questo riguardo sembra necessaria seppur una brevissima premessa sulla storia del metodo. Il rilassamento d’orientamento psicoanalitico, che italianamente ho battezzato “psicodistensione analitica”, in quanto “tecnica” è fondamentalmente debitore nei confronti dei due classici metodi di rilassamento. Il primo, il Training Autogeno del tedesco Schultz, e il secondo, il Rilassamento Frazionato, dell’americano Jacobson. Il metodo di Schultz a sua volta discende dall’ipnosi in quanto metodo d’induzione verbale. Mentre quello di Jacobson, sorto in America pressoché contemporaneamente al T.A. europeo, nelle intenzioni dell’Autore si fondava sul modello fisiologico del corpo e i due principali  cardini di cui si impernia il trattamento sono la tensione e la distensione muscolare. L’approccio psicoanalitico al rilassamento ha comportato una serie di complicazioni in quanto da “tecnica” psicoterapeutica si può trasformare in “ruolo” psicoterapeutico: nella fattispecie “psicoterapia analitica a mediazione corporea e verbale”. Rimanendo all’interno della dimensione “tecnica” la psicodistensione analitica si differisce dai precedenti metodi da cui trae origine e che avevano per scopo il “buon rilassamento corporeo” (obiettivo certamente da non disprezzare), per alcune sostanziali modifiche nel setting in cui viene svolto. Le sedute sono di gruppo con la presenza di co-terapeuti, un uomo e una donna, e un osservatore. Le induzioni verbali vengono modulate creativamente sul canovaccio, arbitrariamente interpretato, dagli esercizi del primo ciclo del T.A. Anche per quanto riguarda il controllo tonico muscolare eseguito attraverso il contatto manuale, ripreso dal metodo di Jacobson e utilizzato anche da Wintrebert per il suo metodo applicato ai bambini, questo viene ad assumere una valenza di seduzione simbolica che permette  di provocare l’insorgenza di problematiche che attengono le vicissitudini relazionali infantili e che si esprimono nell’erotizzazione e angosce corporee. Sul piano della teoria-prassi psicoanalitica quest’ultima modalità è la più sacrilega rispetto all’ortodossia dell’edipo. Diviene invece perfettamente integrata nella prassi psicoterapeutica analitica nell’ottica Groddeckiana come metodo di “realizzazione simbolica” della Sechehaye ed in base alle acquisizioni psicoanalitiche dello sviluppo del se-corporeo in particolare a  proposito del dialogo tonico madre-bambino. Ciò premesso, seppur brevemente, per permettere una chiave di lettura dell’argomento oggetto  di riflessione del Convegno “Les fins de la cura”. Accompagnate al titolo le seguenti questioni sono state poste alla riflessione del partecipante: “Ciascuna cura è unica: termina quando il paziente e terapeuta cessano di incontrarsi. Ma quando avviene? Chi prende la decisione e perché? Viene negoziata, elaborata? O al contrario è una rottura? Cosa succede? Qual è lo scarto tra la domanda iniziale e la situazione di fine cura? Sparizione del sintomo? Presa di coscienza del corpo, delle angosce e delle inibizioni associate? Capacità di sapersi rilassare, star bene da soli? O meglio, sgombero del rimosso, riduzione della ripetizione? Meglio ancora, conclusione di una tappa suscettibile di condurre alla successiva? Cura finita e cura interminabile che evoca l’interrogativo posto da Freud a proposito della cura psicoanalitica che si impernia sulla questione del transfert. Dato il tema e la corposità delle domande poste, dopo la mia formazione personale svolta alcuni anni or sono a Parigi col dr. Philibert dell’AREFFS, ho partecipato alle “journées”. Nella giornata del 22/11 ho lavorato all’interno  di un piccolo gruppo composto da psicomotricisti e psicoterapeuti. Nello schema classico della conduzione dei gruppi di rilassamento psicoanalitico il dibattito si è svolto alla presenza di due co-terapeuti e da una osservatrice. Si è constatata una grossa difficoltà a stabilire lo stesso significato al termine “fine della cura”. Le psicomotriciste tendevano a ritenere il rilassamento come tecnica e quindi la “fine del trattamento” il compimento  e l’apprendimento della tecnica. Gli psicoterapeuti intendono il rilassamento come “mezzo” si ponevano l’obiettivo del cambiamento: sintomatico o strutturale. Il giorno 23/11 il seminario si è concluso con la relazione del dr. M. Sapir e conseguente dibattito assembleare. Il dibattito ha spaziato sulle questioni aperte: un nodo di fondo è stato se si instaura e di che tipo diventa “nevrosi da transfert” nella pratica del rilassamento psicoanalitico.

Luigi Fasce