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LA VISIONE DELLA NATURA UMANA E DEL
CAMBIAMENTO SECONDO CARL ROGERS

Alberto Zucconi, ph.d., è allievo e collaboratore di Carl Rogers. Con lui e con Charles Devonshire ha ideato i programmi europeo e italiano di training nell’approccio centrato sulla persona.
È co-direttore dell’Istitute for Facilitator Development, unica scuola in Italia di formazione professionale per operatori di approccio rogersiano autorizzata da Carl Rogers.
È presidente della Società Italiana dell’Approccio Centrato sulla Persona “Carl Rogers”.
Come Freud, Jung, Adler, Horney e Sullivan, Carl Rogers ha formulato le ipotesi sulla natura umana basandosi sulle sue osservazioni effettuate durante numerosi anni di lavoro clinico con i suoi clienti facendo seguire la sua prima fase esperienziale, soggettiva ed intuitiva alla fase sperimentale ed oggettiva. Questa è infatti la concezione che Rogers ha della scienza: “Sono così giunto a considerare che sia la ricerca scientifica che il processo di costruzione di una teoria come strumenti utili per dare un ordine interno all’esperienza significativa. La ricerca è lo sforzo persistente e disciplinato volto a trarre senso ed ordine dai fenomeni dell’esperienza soggettiva” (Rogers, 1961). Tale concezione sottolinea l’importanza che assume nella ricerca della verità il potersi fidare delle proprie esperienze soggettive, del proprio mondo fenomenologico, che viene poi sottoposto al vaglio scientifico. “Insomma, le due esigenze, quella fenomenologica e quella sperimentale, invece di escludersi o di risolversi in un compromesso confuso, si rafforzano reciprocamente. Né rifiuto della scienza né rifiuto dell’esperienza immediata. È una nuova concezione della scienza che mira a trovare le origini del vissuto degli uomini che la elaborano” (Pagès, 1970).
Rogers crede fermamente che la sua teoria, e naturalmente anche le altre, non devono essere prese come dogmi, ma come semplici ipotesi che verranno confermate o invalidate, da ulteriori ricerche sperimentali. È a suo credito il tremendo sforzo che ha compiuto nel costruire una teoria con concetti ed ipotesi che possono essere verificati: specialmente se si considera il fatto che la maggioranza delle altre teorie nel campo della psicologia sono estremamente deficienti dal punto di vista di verifica empirica. Carl Rogers è responsabile per due principali risultati, ognuno dei quali gli avrebbe procurato da solo un posto nella storia della psicoterapia.
Anche se c’erano già stati numerosi dissidenti nel movimento psicoanalistico che avevano sviluppato le teorie ed i metodi psicoterapeutici, la Terapia Centrata sul Cliente fu la prima maggiore alternativa alle terapie psicodinamiche; il sistema creato da Rogers non è solamente una formulazione circa la struttura della personalità ed un metodo psicoterapeutico, è anche un approccio, un orientamento ed una visione della vita. In questo senso è giusto parlare di psicologia Rogersiana. L’altro grande contributo, estremamente rivoluzionario per quel periodo(1940) fu quello di aprire il mondo della seduta psicoterapica ad aperto scrutinio scientifico, registrando al magnetofono e poi pubblicando il caso di Herbert Bryan, dalla prima all’ultima seduta. Sino a quel momento, il mistero aveva avvolto quello che veramente avveniva nella interazione tra lo psicoterapeuta ed il paziente; le uniche fonte di informazione erano le versioni date dallo psicoterapeuta stesso, tratte dagli appunti e dai suoi ricordi nella seduta. Nessuno prima di Rogers era stato disponibile o capace di sottoporsi allo scrutinio dei suoi colleghi ed allievi ed esserne eventualmente giudicato o criticato, ma soprattutto mai prima di questo storico contributo, era stato possibile produrre un così completo ammasso di dati per uno studio scientifico della psicoterapia che da quel momento perdeva così molti dei suoi aspetti esoterici e misteriosi. Nel periodo dagli anni ’20 agli anni ’50, Rogers ed il suo gruppo produssero più ricerche in psicoterapia di quante ne erano mai state fatte da tutti gli altri ricercatori messi insieme; inoltre il materiale delle sedute registrate forniva ottimi strumenti per la supervisione clinica dei suoi allievi alla Ohio State University (il primo seminario di supervisione che si teneva presso un’università).
Non solo Rogers produsse la prima solida alternativa alla terapia psicodinamica, ma tale alternativa di contrapponeva al modello medico-psichiatra imperante in tale periodo; allora il pregiudizio più diffuso considerava i pazienti che si rivolgevano agli psicoterapeuti come delle persone malate, fose matte, comunque non normali, tanto è vero che numerosi datori di lavoro non avrebbero mai assunto una persona che si ricava dallo psichiatra. Rogers invece era convinto, grazie alla sua rilevante esperienza  sul campo, che non è utile, anzi è dannoso considerare la psicoterapia come una relazione di due persone di cui una definita paziente, che è malata, oppure squilibrata e che non conosce la soluzione dei suoi problemi, e per questo si rivolge al terapeuta, che è l’esperto, che diagnosticherà il problema e la cura e che resterà sempre un gradino più alto del paziente. Tale relazione, sostiene Rogers, rischia di creare una dipendenza, di non aiutare il paziente a trovare soluzione ed a creare o aumentare resistenze improduttive. Egli sostiene che più il paziente prende responsabilità nella gestione della propria vita, nel fissare le proprie mete, sia durante la seduta si all’esterno, maggiori saranno le probabilità di successo di tale paziente, non più visto come recipiente passivo di trattamento, ma soggetto attivo capace di auto-direzione; è quindi importante che la relazione terapeutica sia un rapporto più democratico possibile, ove la dignità della persona e i suoi poteri decisionali siano rispettati ed affermati. È per sottolineare questa maggiore uguaglianza di rapporto che Rogers si rifiuta di usare il termine paziente e sceglie quello di cliente, che sottolinea meglio questo riequilibrio del potere. Tale posizione era tanto più significativa se si tiene conto dei tempi in cui essa veniva formulata e delle concezioni dell’uomo predominanti negli Stati Uniti: quella psicodinamica (Freud) e quella comportamentalista (Skinner).
La visione di Rogers è molto diversa da quella di Freud o quella di Skinner, egli infatti è accomunato a Maslow, Goldstein, Allport, May, Frankl ed altri in quella che  verrà chiamata la Psicologia Umanistica o terza forza in psicologia. Secondo Rogers, la natura umana è positiva, degna di fiducia e razionale quando gli individui vivono in accordo con questa loro vera natura. Ogni organismo umano ha in sé una tendenza attualizzante che è una forza, una sorgente di energia la cui direzione è verso lo sviluppo di tutte quelle capacità utili a mantenere, autoregolare e autorealizzare tale organismo, la sua è una visione olistica, che considera l’uomo come unità inscindibile di psiche e soma. Può risultare utile fare una analogia: un seme di un albero ha già in sé come intrinseca della sua natura una tendenza a realizzarsi come pianta che darà i suoi frutti; perché questo avvenga si debbono avverare delle circostanze favorevoli, come il trovarsi in un suolo ricco di sostanze nutritive ed un giusto clima, con temperature, dosi di acqua e di luce solare atte a favorirne la crescita. Se non interverranno malattie o altri eventi, il seme raggiungerà in pieno la sua tendenza a divenire pianta. In questo senso diremmo che si è realizzato. Los tesso seme che invece si  ritrovi a dover affrontare circostanze ben più sfavorevoli, quali un terreno povero in sostanze nutrienti, o in una densa foresta dove gli alberi già adulti tolgono tutto il sole, avrà lo stesso la sua tendenza a realizzarsi come pianta ma purtroppo gli saranno negate le possibilità di sviluppare appieno questo suo potenziale. Se le condizioni sono favorevoli la tendenza attualizzante si rivelerà come un processo in continuo divenire in cui l’individuo sviluppa il suo naturale potenziale di autorealizzazione, divenendo una persona sempre più pienamente funzionante, tale processo porterà l’individuo ad essere libero da costrizioni morali imposte dall’esterno e nello stesso tempo lo porterà ad incarnare una “moralità naturale”, ad essere costruttivo verso se steso e gli altri. Come ha fatto notare Homans (1974) “Da un lato la terapia Rogersiana libera l’individuo ad una più profonda, più organica, più universale forma di socialità”. Così scrive Rogers (1961): “Dirò francamente che non condivido il punto di vista tanto diffuso secondo cui l’uomo è un essere fondamentalmente irrazionale i cui impulsi, se non fossero controllati, condurrebbero alla distruzione sua e degli altri. Il comportamento dell’uomo è invece squisitamente razionale e si orienta, con una complessità sottile e ordinata, verso le mete che l’organismo gli propone. Ciò che è tragico per la maggior parte di noi è che l’atteggiamento di difesa ci impedisce di renderci pienamente conto di tale razionalità; cosicché, mentre i dati a disposizione della coscienza ci orientano in una direzione determinata, l’organismo ci spinge in direzione opposta.

Alberto Zucconi