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UN MESE PRIMA DI MORIRE:
L’ULTIMO ROGERS

Quando questo articolo sarà uscito, avrò compiuto il mio 85° compleanno. Sebbene mi piacciano poco le celebrazioni, vorrei comunicare alcune personali riflessioni su cosa significa per me essere arrivato a questa età. In generale io mi sento incredibilmente fortunato, così questa breve nota avrà la natura di un privato ringraziamento. Io sono in buona salute e ho una gran quantità di energia, e perciò mi sento veramente miracolato. La mia vista limitata è l’unica mi a pecca fisica. Leggere, che è sempre stata una parte centrale della mia vita, è ora difficile e faticoso. Ma avere solo un serio handicap, a questa età, è motivo di soddisfazione. Ho un gruppo di amici intimi e supportativi, e sono felice che vi siano inclusi anche i miei figli. Questa base psicologica, è molto importante per me. Mi sento profondamente privilegiato per aver vissuto abbastanza per vedere l’influenza internazionale che  ha avuto il mio lavoro. Due documenti arrivati ieri ne sono un piccolo esempio. Il primo menziona 165 pubblicazioni sull’approccio fra gruppo person-centered, usciti fra il 1970 e il 1986. La cosa scioccante è che fra questi 165 articoli sono stati scritti e pubblicati in Giappone! Il secondo informa di un grande congresso tenuto in Brasile sull’approccio centrata  sul cliente e sulla persona. Potrei anche menzionare l’Italia, la Germania ovest, l’Inghilterra, l’Australia, il Messico, la Svizzera,  l’Austria, l’Ungheria e la Grecia (e la lista potrebbe continuare) fra i Paesi dove è significativo e in sviluppo l’approccio “rogersiano”. La più recente e forse più eccitante inclusione in questa lista è la Russia. Sono appena tornato da due Workshop intensivi e da numerose conferenze tenuti in Unione Sovietica. Non avrei mai potuto credere la grande conoscenza del mio lavoro che ho trovato laggiù.
Sono stato fortunato oltre misura per essere stato profondamente e personalmente coinvolto in 3 delle aree più “calde” del mondo:  Irlanda del Nord, Centro America, e Sud Africa. Qualche anno fa ho “facilitato” un gruppo di Belfast di cui facevano parte militanti protestanti, cattolici e inglesi. Nel 1985 ho coordinato lo staff di un seminario per amministratori e di opinions Leaders del Centro Africa. I partecipanti venivano da Costa Rica, Honduras, Nicaragua, El Salvador, Colombia, Venezuela, Mexico, Stati Uniti, e  nove altri paesi. È stata una nuova provocatoria e difficile esperienza, avere a che fare con capi di governo, ambasciatori, parlamentari, molti dei quali arrivavano con scarsa conoscenza ed interesse circa gli aspetti psicologici delle dinamiche della tensione e del dialogo. Abbiamo imparato enormemente. Nel 1986 ho facilitato, insieme ad un collega, gruppi intesivi in Sud Africa, con partecipanti in egual numero, bianchi e neri. Non ho mai sperimentato simili profondità di rabbia, amarezza e dolore (da parte dei neri) o simili (da parte dei bianchi).  Il risultato più evidente è stato il pressante invito a tornare là quest’anno. Io non credo di ingannarmi circa il significato di questi sforzi. Certamente noi non abbiamo avuto alcuna influenza sulla situazione complessiva di queste nazioni. Ma traggo molta soddisfazione dal sapere che, su piccola scala, siano stati capaci di dimostrare, in ciascuno di questi gruppi pieni di tensione, che un dialogo significativo può essere stabilito, che i conflitti possono essere ridotti, e che può emergere una più realistica e reciproca comprensione. Abbiamo lavorato su scala sperimentale, ma abbiamo dimostrato ciò che è possibile fare. Ora il problema è che se i singoli contesti sociali saranno capaci di moltiplicare questi sforzi. Dal mio personale punto di vista, ho guardato con sorpresa – soddisfazione al fatto di essere stato capace di lavorare in situazioni tanto conflittuali. Non avrei mai potuto sognare simili esperienze a 65 anni! Mi sento anche grato alla gran quantità di persone che hanno reso possibili queste avventure. In ciascun caso sono stato sulla cima visibile dell’iceberg mentre gli anonimi sforzi di innumerevoli  individui rendevano possibili questi eventi. Io vedo un’altra porzione della mia vita con stupore e con senso di timore. Sono spinto a pensare che, attraverso i miei scritti, sono stato in contatto con molte centinaia di persone! Tradotti in più di una dozzina di lingue, i miei scritti hanno toccato i cuori, le menti e le vite di più persone di quanto io possa immaginare. La mia sorpresa è aumentata dalla consapevolezza che quasi tutti i  miei libri ed  articoli sono stati scritti perché c’era qualcosa che volevo comunicare. Il diffuso uso di scrivere “per il mercato” mi è estraneo. Così è doppiamente sorprendente che il mio lavoro si  sia tanto diffuso. Sapere di aver toccato la vita di un uomo in Egitto, di una donna australiana, di uno studente sovietico, è molto gratificante. Io spero sia chiaro che la mia vita a 85 anni è migliore di quanto io possa aver pianificato, sognato o atteso. E non posso terminare questo articolo senza menzionare le relazioni d’amore che nutrono, arricchiscono  il mio essere, rinvigoriscono la mia vita. Non so quando morirò, ma so che ho vissuto 85 anni pieni ed eccitanti!

C. Rogers