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TERAPIA BIOSISTEMICA E STRESS

C’è un parallelismo fra le malattie sociali della civiltà (dovute alla civilizzazione) – sovrappopolazione, fame, inquinamento, distruzione di foreste e di terre coltivate – ed i mali emotivi e psicosomatici della civiltà-angoscia, isolamento, depressione, rottura di coppia e divorzio, paura di perdere il lavoro e sintomi fisici quali una fatica cronica, mal di schiena perenne, ulcera, alta pressione e persino il cancro.
In entrambi i casi possiamo ipotizzare una divisione tra il potenziale genetico dell’essere umano, che si è sviluppato sotto le condizioni di pre-civilizzazione, ed i nuovi requisiti a cui ognuno si deve sottomettere per adattarsi alle condizioni che la civiltà impone.
Esempio: un recente articolo su Scientific American (di C. Leonard) ha suggerito che l’alto tasso di cancro riscontrato attualmente è causato da due fattori: primo l’esposizione ad agenti cancerogeni come le sigarette e gli scarichi industriali e l’inquinamento; secondo queste cellule anormali cancerogene crescono fuori controllo, dovuto in parte alla debolezza del sistema immunologico (che molte ricerche mostrano essere correlato allo squilibrio emotivo) ed anche ad una alimentazione ricca di grassi che è tipica della civilizzazione, ma che non era caratteristica della fase pre-civilizzazione dell’essere umano. (Quindi il nostro apparato genetico non è pronto ad adattarsi alle condizioni civilizzate).
Il nostro lavoro suggerisce che ci sono altri antagonismi tra la nostra banca di informazioni genetiche e i nostri requisiti genetici.
Per esempio, i sistemi simpatico-parasimpatico, componenti del nostro sistema nervoso, dirigono le nostre capacità ad agire efficacemente mentre spendiamo energia (la componente simpatica) e poi a riposare profondamente al fine di recuperare energia (la componente parasimpatica).
In altre parole, il sistema nervoso era stato costruito per permettere azioni rigorose in un ritmo alternato con il riposo profondo. Ma le condizioni del lavoro in ufficio dove siamo seduti dietro ad una scrivania o stiamo in piedi per ore in fabbrica di fronte ad una macchina e poi quando torniamo a casa, un piccolo appartamento, che permette solo pochi movimenti, e vediamo il televisore la sera, tutto ciò crea uno stile di vita nel quale le azioni vigorose e il riposo profondo sono andati perduti. Non siamo né in fase di attività né in fase di riposo. Il dott. Henry Laborit ha proposto che l’inibizione d’azione quando è prolungata, disfa i processi metabolici sani del corpo.
Ipotizziamo che tutti noi soffriamo di un’inibizione cronica d’azione, cioè una carenza cronica di carica energetica vigorosa seguita da  un profondo rinnovo energetico con il riposo.
Gli studi di Edgar Sachar hanno suggerito che c’è un ormone da stress che è secreto ogni quattro ore circa durante il giorno; ciò significa che abbiamo bisogno di un periodo che va dalle due alle tre ore di azioni vigorose seguite da un’ora , un’ora e mezza di profondo riposo varie volte al giorno. Ma questo “ciclo naturale” è molto differente dalla “costante routine di otto ore” imposto agli operai della fabbrica, impiegati e studenti.
Quindi l’approccio della Terapia Biosistemica suggerisce il bisogno di una profonda rivalutazione delle nostre abitudini quotidiane e la nostra sottomissione ad un sistema economico che si basa sulla produzione di beni  ma non sulla produzione di energia interna del singolo lavoratore. Questa energia è indispensabile alla nostra salute e alla nostra vitalità sia mentale che fisica. Il problema dell’azione che spende energia e del riposo che rinnova l’energia, trae origine dalla storia personale degli individui: da un lato i blocchi psicologici nelle famiglie conducono nell’inibizione della naturale spontaneità del bambino. Dall’altro lato, il bisogno di conforto e di riposo, specialmente quando c’è un sentimento di vulnerabilità emotiva, viene repressa da modelli psicologici che esigono “non piangere altrimenti ti comporti come un bambino”, o, “non fare vedere che stai soffrendo, altrimenti gli altri approfitteranno delle tue debolezze”, ecc. Quindi la Terapia Biosistemica lavora a livello sia della storia personale familiare dei blocchi emotivi e sia a livello culturale degli scambi inefficaci di input-output energetici. Al pari di altre terapie ad orientamento corporeo, come la bioenergia, la vegetoterapia, la Primaria e la Gestalt, la Terapia Biosistemica affonda le sue radici nei modelli neurofisiologici di H. Laborit (la teoria dell’inibizione dell’azione) e di E. Gellhorn (il modello del cattivo funzionamento tra il sistema simpatico e quello parasimpatico). Ciò rappresenta la base “biologica” (Bio) della Terapia Biosistemica.
La base “sistemica” della Terapia Biosistemica proviene dalla Teoria dei Sistemi, un modello concettuale iniziato da Van Bertalanffi, che oltre ad influenzare la scienza attuale, è stato sviluppato ulteriormente da pensatori quali G. Batesom J. De Rosnay ed E. Morin. La Teoria Generale dei Sistemi afferma che i fenomeni complessi devono essere compresi in termini di processi circolari di feedback. Tutto ciò sfalda la semplicistica causalità lineare e la sicurezza tradizionale di vedere singole cause produrre eventi complessi.
La Teoria Generale dei Sistemi ci aiuta ad integrare processi fisiologici complessi a livelli diversi di specificità: molecolare, cellulare, tissutale, organico, ed a scoprire le loro interconnessioni con campi differenti nelle funzioni mentali: logico-verbale, immaginativo-visivo, cinestetico e “coscienza del respiro”.
Inoltre, alcune teorie sulla comunicazione (la metacomunicazione, la critica costruttiva e il linguaggio positivo) che derivano dal campo della terapia della famiglia e dalla scuola di Palo Alto, creano punti di riferimento per la comunicazione terapeutica appropriata per la vita quotidiana.

Jerom Liss