indice generale

CASO CLINICO

Gabriella, 25 anni, medico, 21 maggio ’81. Test con la “porta chiusa”.
“Qui mi sento al sicuro perché questa è la mia stanza, qui ci sono le cose che conosco e non  mi spaventa neanche il buio, poi fuori dalla porta c’è anche la mia casa e di là i miei genitori che dormono.
Il mio letto mi rassicura, tante volte è stato il mio rifugio alle angosce e alla disperazione troppo forte. La mia stanza mi dà sicurezza, so dove sono gli oggetti e so che posso avere la luce: il letto, la scrivania, l’armadio è dietro la porta. Tante volte ho studiato a quella scrivania anche di notte ed ero felice come quando io studiavo ed entrava il sole. Adesso mi vengono in mente immagini spaventose: che dei mostri possono entrare dalla porta ma non mi fanno paura, sono qui in piedi e li aspetto, mi sembrerebbero solo maschere. Tante volte ho pensato che sul letto niente poteva far male e, quando avevo tanta paura, se mi fossi coperta tutta, niente mi poteva fare del male.
Per tanto tempo, anche verso i 16-17-18 anni e forse anche dopo, facevo le scale di corsa quasi strisciando contro il muro perché avevo paura che uscisse un mostro, un lupo dritto sulle gambe, da una delle stanze, soprattutto quella di  mia nonna, e mi prendesse alle spalle.
Da piccola invece pensavo con terrore a due animali che avrei potuto trovare sotto le coperte: uno scarafaggio col dorso pieno di croste o scaglie e un serpente. Mi facevano paura questi pensieri, ma desideravo pensarci lo stesso e dovevo controllare il letto perché non ci fosse niente. Spesso ho avuto la sensazione che sotto il letto si nascondesse qualcuno, ma non nella mia stanza, in quella dei miei genitori. Adesso sono stanca, tanto stanca, ho voglia di pace e serenità, sono stanca, stanca, stanca. Stammi vicino e forse sarò capace di uscire da questa stanza anche se fuori tutto mi spaventa”.
Interpretando quanto registrato, vari elementi mi facevano pensare a problemi sulla propria femminilità e ad una “nevrosi da trauma”, vedi il “lupo” e la “stanza della nonna” che tanto ricordavano “Cappuccetto Rosso”, e in più tutta la simbologia animale che faceva pensare ad una zoofobia, che è sempre indice di problematiche sessuologiche.
La richiesta terapeutica esplicita fu: “esaurimento nervoso e depressione”. Investigando sugli elementi emersi nella registrazione, fu confermata una violenza carnale subita a 13 anni da un adulto, 35 anni, docente universitario, amico del gruppo di adolescenti in cui vi era anche Gabriella. La cosa fu tenuta sempre nascosta dalla paziente, schiacciata dal senso di colpa e da una profonda svalutazione di sé, tanto da rimuovere questo episodio sostituendolo con un fidanzamento – plagio con lo stesso stupratore, durato fino al primo anno di terapia.
I rapporti sessuali erano vissuti in anorgasmia e vaginismo con somatizzazione a livello gastro-enterico.
Proseguendo nell’analisi e riacquistando l’autostima, la sua attuale vita sessuale è totalmente soddisfacente, ovviamente con un altro partner.

Maria Rosa Dominici

(tratto da “Il buio la porta lo specchio”
-          Thema ed. – a cura di M.R. Dominici-  pag. 110-112)