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PSICOLOGIA E CANCRO

Non è certamente esperienza di tutti i giorni trovare medici e psicologi riuniti per discutere assieme delle strategie terapeutiche da attuare in cooperazione. Ancor meno frequente è la situazione in cui dei medici riconoscono l’utilità e la necessità della collaborazione degli psicologi. Tutto ciò è accaduto in occasione del I° Convegno dell’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) che si è tenuto a Padova il 29-30 ottobre sul tema: “Cancro: Psicologia e Clinica”.
Il Convegno, che ha avuto lo scopo di riaffermare la necessità di affiancare lo psicologo al medico che ha in cura un paziente affetto da cancro, si è articolato in 4 sessioni. La prima sull’Informazione, intesa sia come qualità dell’informazione fornita dai mass media in tema di cancro, sia come scelta delle modalità e dei tempi più opportuni per la comunicazione della diagnosi al paziente oncologico. La seconda sul Rapporto medico-paziente, che deve essere considerato parte integrante del progetto terapeutico. La terza sulla Famiglia, che vive in prima persona le conseguenze emotive di una diagnosi di cancro e molto spesso necessita di sostegno psicologico quanto il paziente oncologico stesso. Infine, la quarta sulla Fase Terminale, che può essere più o meno prolungata e che è spesso portatrice di richieste pressanti quanto inaccettabili sia dal paziente che dai suoi familiari, che possono andare dalla richiesta di tentare nuovamente terapie quando ormai è inutile a quella più o meno esplicita di “farla finita”.
Il tema centrale del Convegno è stato il riconoscimento delle peculiarità del paziente oncologico, un paziente particolare non tanto per le caratteristiche della sua malattia, quanto per le reazioni psico-emotive che derivano da una diagnosi di cancro. L’ansia e l’angoscia che ne derivano gli impediscono di razionalizzare ogni evento successivo e portano ad una chiusura emotiva che influenza lo stile di vita  non soltanto del paziente ma anche dei suoi familiari.
Un argomento interessante emerso in questo Convegno è relativo alla necessità di dissipare i sentimenti di terrore e panico che sono diffusi nella opinione  pubblica, anche per opera dei mass media, che tende ad equiparare cancro e morte. Ciò non soltanto non è vero, dati gli enormi progressi compiuti soprattutto negli ultimi anni, ma agisce anche da ostacolo ai tentativi di razionalizzazione della malattia. Si rende pertanto necessaria un’opera di contro-informazione che abbia anche lo scopo di un “rasserenamento psicologico” a livello collettivo.
Il ruolo dello psicologo nella lotta contro il cancro risulta quindi plurimo e interessa vari settori complementari, tra i quali:
-  la valutazione del grado di informazione e consapevolezza del paziente oncologico;
-  il sostegno psicologico e affettivo del paziente ed, eventualmente, dei suoi familiari;
-  la facilitazione tra medico e paziente;
-  il contributo alla ricerca da parte del medico dei comportamenti più corretti nel rapporto terapeutico.

Lorenzo Rampazzo