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LE "AVVENTURE" DELLE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE IN PSICOTERAPIA

Certo tutti i nostri lettori sanno che con Decreto del Ministero dell'Università del 9-5-94 sono state riconosciute 12 scuole di formazione in psicoterapia. Con ciò esse sono state autorizzate a realizzare corsi di formazione abilitanti all'esercizio dell'attività terapeutica.
Sapranno anche che, recentemente, il Consiglio di Stato ha annullato questa decisione ma ha anche riconosciuto il doppio canale per la specializzazione, riconoscendo che esista la possibilità che esista l'istituzione privata purché si conformi ad un regolamento (da emanare) sul quale CUN e Consiglio Superiore della Sanità dovranno esprimersi.
A suo tempo (n. 36-37di Noi Psicologia) avevamo commentato:
"1- si dice che solo un numero contenuto rispetto alla totalità delle scuole esistenti abbia avanzato richiesta di riconoscimento: per paura di essere comunque esclusi, per ignoranza rispetto alle scadenze; o per menefreghismo e silenziosa opposizione alla Commissione dichiarata "incompetente" dalla SIPS?
2- è un caso che la maggioranza delle scuole abbia una sede nella capitale? Le ipotesi contrapposte sono da un lato che quelle ubicate nella capitale siano le più numerose, rispetto alla presenza nazionale; dall'altro, più malignamente, che quelle più vicine ai centri di potere conoscano strategie e scorciatoie facilitanti per ottenere dei risultati.
3- perché questa commissione ci ha tenuto tanto per espropriare questa operazione del nascituro Ordine? Ipotesi a) per esercitare un potere; ipotesi b) per aiutare qualche amico; ipotesi c) per contrastare lo sviluppo di alcune teorie di riferimento rispetto ad altre; ipotesi d) per garantire all'Università ed a tutti i suoi addetti, necessari o no, spazi di intervento nel settore."

Riportiamo qui di seguito posizioni di alcuni colleghi che ci paiono interessanti, benché non ci trovino per forza in accordo.
"Chi scrive ha da anni sostenuto che i riconoscimenti del MURST alle scuole private erano totalmente illegittimi (per essere esatti "nulli"). Che la migliore delle soluzioni sarebbe stata di azzerare tutti i riconoscimenti, e ripartire ex-novo con procedure previste dall'ordinamento. E che il lavoro della Commissione Bertini era totalmente fondato sulla sabbia.
Guardare in faccia a nessuno, i danni sarebbero stati minimi.
Oggi si apre invece un problema al quale non riesco a vedere soluzione, che desidererei venisse dibattuto, e in sede culturale e in sede ordinistica, poiché coinvolge interessi personali e professionali di circa un migliaio di giovani colleghi. Da un punto di vista giuridico le "Scuole" autorizzate da Murst  non esistono, e non sono produttrici di titoli validi per l'esercizio della Psicoterapia. Sono, in questo, di parere difforme (per il resto concordo) rispetto a quanto ha scritto Paolo Michielin su Professione Psicologo.
1-     
smettere, avendo buttato via un po' di milioni e due anni
2-     
continuare, spendendo altri milioni e altri anni per ottenere qualcosa che è al massimo titolo di cultura valutabile fino a 2 punti in un concorso a psicologo in un comune (perché mi sa tanto che per entrare alla USL occorrerà la specializzazione), ma non certamente il titolo di specializzazione, che nella loro fantasia si accingevano a conquistare.

Tratto da "Note in merito al problema delle Scuole di Specializzazione in Psicoterapia" di Carlo Nocentini in SIPs News n. 16
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"Nell'editoriale n. 5/94 di questa rivista segnalavo ancora una volta la questione di legittimità delle operazioni compiute dal Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica nell'applicazione dell'art. 3 della legge 56/89. Scritto nei primi giorni di novembre, non ero al corrente del parere negativo espresso dalla seconda sezione del Consiglio di Stato con "immediata valutazione di illegittimità" circa i decreti di riconoscimento emessi. Come è noto ai nostri lettori, già all'epoca della formulazione della legge il problema era stato da me sollevato nei termini che hanno trovato configurazione formale nella "legge sulla psicoterapia" e di anticiparne le conseguenze ma, "come se niente fosse", l'elefante burocratico si mise in marcia, iniziando l'opera di devastazione culturale e scientifica che, a mio avviso, contraddistingue l'operazione psicoterapica in Italia. Quella che, con eufemismo trionfalistico, qualcuno presentò come "modello Italia". Come se niente fosse, modalità politica e stile di arroganza amministrativa all'epoca caratteristici del modello Italia, l'elefante procedeva non scalfito dal dubbio, confermato nel suo itinerario, a tuttora, da ben quattro ministeri. Si poteva comunque subito interpellare un organismo competente come il Consiglio di Stato, ma l'elefante se ne guardò bene, procedendo con la politica del fatto compiuto. Ovviamente, allora come ora, la pelle dell'elefante era costituita dal senso (e spesso dalla garanzia) di impunità e questo spiega tante proterve affermazioni e comportamenti. Si tratta però di vedere in che misura l'impunità burocratico-amministrativa potrà garantire l'impunità culturale sottoposta al vaglio della storia o di qualche buona ricerca psicologico-sociale… Nel frattempo, però, per via informale, le scuole, le aspiranti scuole, gli allievi, sono già stati assicurati sul fatto che si possa procedere come se niente fosse. …..
1)     
La psicoterapia si è sviluppata in Italia in parallelo con le trasformazioni dell'ambito psichiatrico… Si è venuta progressivamente formando una rete a maggiore o minore coefficiente di formalizzazione che ha diffuso sul territorio nazionale la cinghia di trasmissione della competenza psicoterapeutica. L'interazione fra istituzioni pubbliche e cultura privata hanno trovato i loro canali informali di autoregolazione, correggendo progressivamente le distorsioni inevitabili che si creavano nel campo. In questo quadro sono stati prodotti gli oltre ventimila professionisti che operano oggi legittimamente in Italia. Difficile quindi continuare ad adoperare l'argomento dei "selvaggi", per lo meno sul piano giuridico…. In sostanza, per quanto riguarda l'aspetto privato, giovani colleghi sempre più avvertiti investivano il loro denaro e le loro energie acquistando competenze in un mercato diffuso, sia in Italia che all'estero. I percorsi formativi venivano calibrati secondo scelte e motivazioni personali, con responsabilizzazione soggettiva che ha prodotto una percentuale elevata di circuiti di formazione permanente. La politica della formazione passiva della sottomissione, punta a regolare il mercato con la creazione di una rete di strutture di dipendenza, controllate dallo Stato, obbligatorie per la legittimazione sociale.
2)     
Il fantasma dei selvaggi, sempre ben raccolto dai mezzi di comunicazione di massa, viene ancora agitato per rassicurare le conoscenze sul fatto che tutto sarà ben regolato. Si tratta ovviamente di una illusione….
3)     
Per quanto riguarda il "privato" siamo sicuri che le procedure rispettino le regole del commercio, della concorrenza, della libertà imprenditoriale? E che lo Stato non travalichi qualche limite? È una strada tutta da percorrere e qualche bocciato forse lo farà.
4)     
In nessuna parte del mondo è posto come obbligo giuridico l'intervento sulla persona in senso lato e l'obbligo dell'analisi, per cui un fattore etico viene sottoposto a normativa legale. Con linguaggio freddamente burocratico, a firma di un dirigente ministeriale, una scuola a indirizzo psicoanalitico viene informata che "per l'approvazione di scuole a modello psicoanalitico la formazione personale (elusivo eufemismo oggi in voga) è ritenuta vincolante". Come se niente fosse."
Pier Francesco Galli dell'Università di Bologna in "Giornale Italiano di Psicologia" n. 4 ottobre 1995

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"Nota sul parere del Consiglio di Stato.
Per quanto riguarda il ruolo e la posizione dell'Ordine sull'intera questione si può preliminarmente affermare:
1)     
Il riconoscimento degli istituti privati interessa direttamente il MURST, gli istituti stessi e gli allievi di detti istituti;
2)     
I Consigli Regionali dell'Ordine entrano in causa nel momento in cui debbono esaminare l'attestato finale rilasciato dall'Istituto al fine di prendere atto (o meno) che l'interessato può esercitare l'attività psicoterapeutica; da questo punto di vista i decreti di "riconoscimento per i fini di cui all'art. 3 della legge 56/89" a suo tempo emanati sono ancora vigenti e, dunque, i titoli che gli istituti rilasceranno avranno valore. È opportuno notare che altri problemi si potranno porre all'esame dei diplomi di specializzazione rilasciati dalle Università: alcune facoltà mediche ritengono, in assenza di disposizioni precise e sulla base di riferimenti non sempre corretti che si trovano nello statuto di dette scuole, che i diplomi in psicologia clinica, in psichiatria e in neuropsichiatria infantile valgano ai fini dell'art. 3; alcuni accademici ritengono che il diploma in psicologia del ciclo della vita avrà, nel momento in cui la scuola diverrà quadriennale, lo stesso valore; potrà darsi che i Consigli Regionali sollevino, così come hanno fatto alcuni Ordini dei Medici, obiezioni ad una impostazione tanto estensiva;
3)     
Il Consiglio Nazionale ha, invece, l'attribuzione di "esprimere pareri, su richiesta degli Enti Pubblici ovvero di propria iniziativa, anche sulla qualificazione di istituzioni non pubbliche per la formazione professionale (art. 26 punto F della legge 56/89) ed essa può ben legarsi al problema di assicurare uniformità di funzione, anziché rigidamente di ordinamento, tra istituti pubblici e privati;
4)     
Su un più generale piano di politica professionale è interesse dell'Ordine tutelare e qualificare il canale formativo privato in ambito psicoterapeutico (e non solo in tale ambito) e dare prospettive sicure a coloro che, sulla base di un decreto ministeriale, hanno avviato o aderito ad iniziative formative impegnative e costose (siano essi gli psicologi allievi, docenti o gestori delle scuole riconosciute);
5)     
Il passaggio dalla psicoterapia come "arte medica", pur negativo e preoccupante, essendo errato sul piano giuridico ed espresso incidentalmente non dovrebbe avere particolare importanza."
Paolo Michielin, Presidente dell'Ordine degli Psicologi su "La professione di Psicologo" n. 7 agosto '95.