Diamo il via con questo
scritto ad una serie di articoli sulle varie terapie verbali. Iniziamo col
dare brevi cenni sulla psicanalisi, terapia verbale per eccellenza, puntando
la nostra attenzione sull'importanza e la funzione del linguaggio.
Si dà il nome di Psicanalisi a:
a) quel
procedimento per l'indagine di processi mentali inaccessibili per altra
via;
b) al metodo terapeutico
fondato su tale indagine per il trattamento di disturbi nevrotici;
c) a tutta una
serie di concezioni psicologiche acquisite per questa via e che gradualmente
convergono in una disciplina scientifica (1).
Fu inventata da Freud negli anni successivi
al 1890 ed elaborata poi da lui e dai suoi discepoli. I concetti chiave
sono: l'associazione libera, l'interpretazione, il transfert.
La funzione fondamentale, in psicanalisi viene data al linguaggi e l'indagine
punta sull'uso e la funzione della parola.
Già alla fine degli anni '80, Freud iniziando insieme a Charcot la cura
sistematica della isteria mediante l'ipnosi, si rese conto che la suggestione
avviene mediante il linguaggio: le parole erano in grado cioè di provocare
stati emotivi diversi nel paziente, proprio perché ad ogni significante
oggettivo e conscio corrispondono vari significati che sono oggettivi e
per lo più inconsci (2).
Freud, sostituendo all'induzione ipnotica l'associazione libera,
spostò l'attenzione al campo specifico della parola e all'analisi del linguaggio
fino ad arrivare alla sistematizzazione di una tecnica su basi scientifiche:
nacque la Psicanalisi (3). In una seduta di terapia psicanalitica, il paziente
comunica col terapeuta prevalentemente mediante la parola. La comunicazione
analitica ha un riferimento oggettivo nel significante ed un riferimento
soggettivo nel significato, esprime cioè con simboli (parole) ciò che da
essi è rappresentato. Durante una abreazione verbale inoltre esiste sempre
la scarica di una tensione emotiva che ha fatto confluire alla coscienza
dell'individuo una parte del "rimosso". Possiamo chiamare questo
un vero e proprio agire, nell'interno del quale le azioni nevrotiche e le
situazioni deformanti ritrovano la loro logicità nel linguaggio. Il linguaggio
si struttura in forma dinamica e contiene sempre l'espressione degli affetti
anche se ciò non appare. L'analisi del linguaggio non prevede solo l'analisi
della parola, ma anche la composizione sintattica, dell'uso grammaticale,
quindi l'analisi del significante degli errori, della travisazione di alcuni
termini, dei lapsus, degli incisi, delle ripetizioni, delle affermazioni,
delle negazioni, delle scelte dei vocaboli ecc. L'interpretazione quindi
del linguaggio e di quello che è sotteso al linguaggi nel suo complesso.
Ma questo non basta. La terapia ha luogo quando l'interpretazione prevede
l'analisi del rapporto che si instaura fra il paziente e l'analista quindi
l'interpretazione della parola è sempre da riferire nel contesto di un affettività.
Il parlante si costituisce come oggetto, il parlato è l'oggetto del parlante,
il rapporto fra soggetto e oggetto fa rivivere nel linguaggio il rapporto
fra sé e il mondo esterno, rapporto che per eventi traumatici si è scisso.
Attraverso l'analisi del linguaggio e dell'affetto che esso sottende e nelle
capacità del soggetto di vincolare affettivamente il ricordo, la ricostruzione
fra il soggetto e l'oggetto è completa. Il soggetto cioè smette di considerarsi
oggetto dei propri affetti per essere soggetto di affetti vissuti unicamente
in un rapporto di translazione. Il malessere psichico è determinato da
una incapacità relazionale tra il mondo interno, tra sé e gli altri. Tale
incapacità che genera il malessere e si manifesta col sintomo, produce
nell'individuo una quantità di difese che costituiscono via via una specie
di corazza che trova la sua espressione in una struttura caratteriale. Costituzione
questa di natura puramente fisiologica ed indica come gli affetti contenuti
abbiano modificato persino la natura somatica del soggetto. E' necessario
quindi, dice la psicanalisi, esaminare non il sintomo ma ciò che il sintomo
ha provocato, per evitare che agendo esclusivamente sul sintomo e liberando
le emozioni, si rischi una guarigione fittizia. Può accadere ad esempio
che destrutturando una difesa, il soggetto non sia capace, proprio per la
sua costituzione nevrotica, di impiegare la "libido" cioè l'affettività
liberata su soggetti o oggetti degni del suo affetto. Si corre il rischi
allora che la "libido" liberata rifluisca sul soggetto stesso,
determinando magari una nevrosi narcisistica, prima inesistente. Se il contenuto
della parola e del linguaggio è il contenuto degli affetti, attraverso l'abreazione
verbale gli affetti dinamicamente agiscono. Attraverso l'interpretazione
di tali affetti, si giunge ad una presa di coscienza. Nel rapporto analitico
il soggetto passa quindi attraverso un momento simbolico oggettivo che
diventa col tempo oggettivo e gli consente l'accesso al reale. Lo psicanalista
quindi esamina ciò che il paziente gli comunica, prende in considerazione
la struttura semeiotica, le emozioni che si rivelano nel tono del dire,
del parlare e che dimostrano come le parole impiegate siano più o meno investite
negli affetti. La presenza dello psicanalista è continua ma di poche parole
giacchè ciascuna parola che egli pronuncia viene vissuta dal soggetto
e dal suo codice affettivo e struttura o destruttura i nuclei dell'individuo.
La psicanalisi non pretende mai di modificare l'individuo secondo modelli
prestabiliti. La differenza, banalmente parlando, tra prima e dopo la cura,
consiste nel vivere bene dopo, quello che si viveva male prima, in un contesto
di libertà e di scelta. Che poi si possano modificare degli atteggiamenti,
questo è un risultato e non appartiene alla prognosi. L'individuo, avendo
magari capito che un comportamento può essere stato la causa del suo malessere,
spontaneamente lo cambia, ma solo in funzione di un suo benessere e di una
sua scelta; mai tale cambiamento è determinato da giudizi al di fuori di
lui o da modificazioni nell'atteggiamento del terapeuta.
Bibliografia:
1) Freud
S. 1923 G.W. vol. XIII; S.E. vol. XVIII, 235; It. 187
2) F.
De Saussure "Corso di linguistica generale" - Laterza, Bari, 1968
3) Freud
S. G.W. vol. I, 407-22 Freud S. S.E. vol. XI,
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