LA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA
di Roberta Migliaccio
La riabilitazione, come pratica con un suo specifico
professionale, nasce in Italia dopo l'approvazione e la conseguente applicazione
della Legge 180 e con la creazione sul territorio di strutture (CPS e CRT)
per la terapia e la riabilitazione, appunto, dei pazienti con problemi psichiatrici.
Si comincia a parlare di riabilitazione (affiancata agli interventi terapeutici
tradizionali) quando si inizia a considerare la malattia psichiatrica come
un periodo dell'esistenza del paziente determinato da fattori somatici,
psicologici e sociali da integrare con tutta la personalità (parte sana
e parte malata) del paziente stesso. Se si considera l'individuo come "globale"
emerge allora la capacità di interventi rivolti non solo ai sintomi ma anche
a tutte le difficoltà e disabilità che la malattia mentale comporta. L'intervento
riabilitativo si focalizza sul richiamare il paziente al hic ed nunc, spostandolo
dal suo vivere in un mondo ancorato al passato ad un vivere nel quotidiano,
nella sequenza temporale e storica degli eventi. Gli obiettivi sono quelli
di far emergere l'affettività spesso nascosta, di ricostruire legami e relazioni
con l'esterno (spesso interrotte) rimettendo in moto interessi e desideri,
rendere armonica la realtà interna con l'esterno. Di fondamentale importanza
per un intervento riabilitativo è la formulazione della diagnosi: solo con
la comprensione dello stato mentale del paziente è possibile formulare interventi
terapeutici efficaci. Per un risultato soddisfacente dei trattamenti è indispensabile
formulare una diagnosi che tenga conto dello sviluppo emotivo del paziente,
dei suoi meccanismi di difesa e dei suoi bisogni psicologici più profndi
che caratterizzano il suo mondo interno, le dinamiche familiari, le relazioni
sociali, ecc. Come si può vedere, la riabilitazione è una pratica di confine
con altre discipline quali la psicoterapia e la psicoanalisi. Inoltre è
ancora è ancora aperto il dibattito se la riabilitazione sia una forma di
terapia essa stessa. Senza dubbi le divergenze ci sono e non sono di poco
conto. La fondamentale è che l'intervento riabilitativo si focalizza principalmente
sulla realtà esterna (re-inserimento lavorativo, relazioni sociali, gestione
del quotidiano) che vive il paziente, mentre la terapia è centrata sul mondo
interno. Come molte pratiche in questo settore, però, vi sono delle sovrapposizioni
e sconfinamenti, e spesso ci si trova di fronte ad esperti di riabilitazione
che fanno terapia e viceversa. Entra qui in gioco il discorso della formazione.
La necessità di una adeguata formazione professionale degli operatori (paramedici
in particolare) si fa sentire. Per esempio occorre che gli operatori, trattandosi
molto spesso di riabilitazione con pazienti psicotici cronici, siano preparati
a tollerare tempi di cura molto lunghi ed a sviluppare capacità relazionali.
Gli operatori, inoltre, devono essere preparati ad agire ed interagire sia
con le parti regredite e dipendenti del paziente che con quelle più capaci
e competenti. In Italia, contrariamente all'Inghilterra, siamo lontani da
interventi riabilitativi efficaci, poiché non esistono (o ne esistono in
numero ridotto) operatori della riabilitazione formati ad hoc per tale
obiettivo. Chi svolge attività riabilitative, è spesso personale infermieristico
che non possiede una preparazione psicologica adeguata a tal fine, e questo
avviene sia nei centri sul territorio che nelle strutture ospedaliere.
Ciò è giustificato in parte dalla "giovane età" della professione
in questione, in parte è dovuto al disinteresse della società nel suo complesso
rispetto a questi temi ed in parte alla mentalità comunemente diffusa che
le malattie mentali rappresentano, all'alba del 2000, un tabù, qualcosa
da nascondere e da ghettizzare ed marginare. E' auspicabile che si creino
scuole di formazione per esperti di riabilitazione, équipes multidisciplinari
e multi-professionali che progettino e realizzino interventi riabilitativi.