Inchieste giornalistiche manipolate

Sulla NOVE domenica 24-10 è andato in onda un servizio sulla Corea del Nord. Un esempio lampante della malafede o imperizia giornalistica. Non difendiamo il regime nord-coreano che è enormemente criticabile. Difendiamo l’oggettività del cosiddetto “nuovo giornalismo”. Per tutta la puntata si sentono le risposte di un funzionario del regime, che sono tipiche di tutte le dittature, e l’ironìa del giornalista è giustamente evidente. Patetica la visita dei nord-coreani alle statue dei “leaders”, che ricorda molto il culto della personalità che in Occidente è riservato al Papa, al Presidente Usa o alle pop stars.

Negli ultimi 10 minuti viene intervistata una bella signora sud-coreana che elenca gli orrori del campo di concentramento del Nord da cui è stata rilasciata (che strano!) dopo una decina d’anni di prigionìa. Il giornalista presenta questa come la verità, senza neppure un dubbio sul fatto che potesse essere un’attrice della CIA. La signora parla di fucilazioni a cui ha assistito, ma il giornalista non fa alcun cenno alle camere a gas degli Usa. La signora parla di diritti legali negati e il giornalista non fa nessun richiamo al Patriot Act, a Guantanamo, alle extraonary renditions. Alla fine il giornalista ci regala le sue conclusioni critiche sulla Corea del Nord, senza fare alcun cenno alla somiglianza di questo Paese con l’Arabia Saudita.