IL T-GROUP IN FRANCIA A PARTIRE DAL 1955

 
di George Lapassade
Ricercatore al CNRS nel 1969, si occupa della pubblicazione di un numero spe­ciale del “Bulletin de Psychologie” dedicato ai gruppi. Da allora si è sviluppata la sua carriera in questo campo ed attualmente e docente presso l’Università Paris 8 nella quale è entrato nell’estate del 1971.A lui si devono elaborazioni personali della teoria lewiniana ed in particolare va sottolineato il suo contributo in termini interdisciplinan, che cerca di offrire un punto di vista sintetico e sincretico e da cui sono nate l’analisi istituzionale ed - ora - l’etnometodologia. Autore di numerose opere, ed articoli, può essere anche letto in italiano.
Pubblicazioni: L’anaIisi istituzionale Milano, Isedi; Il mito dell’Adulto, Bologna, Guaraldi

Nel 1955, Uno spanito gruppo di psicologi interessati alla psicologia dei piccoli gruppi (Henry Faucheaux, Serge Moscovici, Max Pagès, Robert Pagès) si reca al Seminario d’estate di Bethel (NTL) e, di ritorno in Francia, sperimenta immediatamente il primo T-group a Parigi nell’autunno 1955. E’ l’inizio di Una corrente abbastanza importante. Essa non è isolata poichè correnti simili si sviluppano in Gran Bretagna, nella Repubblica Federale Tedesca, in Italia.
I “conduttori di T-group” si formano rapidamente, partecipando a qualche seminario di formazione. Si vedono allora apparire sul mercato diverse associazioni di psicologi; gruppi che propongono i loro servizi alle imprese, agli operatori sociali, agli educatori, come per esempio: Groupe Frangais de Sociométry-che mette più l’accento sullo psicodramma moreniano -ARIP, ANDSHA.Si sviluppa ancora nello stesso tempo la psicoterapia di gruppo sotto l’impulso particolare - ma non esclusivo - di psicoanalisti e psicoterapeuti come Serge Moscovici e Mireille Monod.
L’Università francese, che si era data qualche laboratorio di psicologia sociale, resterà tuttavia chiusa fino al 1962 almeno, a queste nuove forme di terapia, di formazione e di intervento. In un semi-dissenso, il gruppo animato da Jacques e Maria Van Bokstaele crea verso il 1958-59 la “socioanalyse”, ispirata al T- group (resterà il suo elemento di base per qualche tempo) e da una visione semplificata del transfert come lo ha definito la psicoanalisi.Il T-group non è più allora strumento di formazione; ma serve anche di base all’intervento terapeutico. 

 1. L’intervento psicosociologico

Si intende per “intervento psicosociologico” una pratica di consultazione ad una organizzazione sociale cliente. In una forma abbastanza classica, il procedimento di intervento con­siste, per esempio, nel combinare una pratica di ricerca, di tipo semi- direttivo o non direttivo, ed attività di gruppo e di assemblea.Può avvenire, ed è anche questo un elemento importante nella produzione del meccanismo, che si riuniscano i soggetti della ricerca per renderli partecipi dei primi risultati dei colloqui ef­fettuati nell’istituzione, oppure che si faccia questo resoconto alla riunione di una parte della direzione e del suo “staff’. E’ una procedura di feed-back simile al T-group che serve qui da modello. La riunione di bilancio, o di comunicazione dei risultati, sarà condotta allora secondo modalità dette “non di-rettive” abbastanza simili alla conduzione di un T-group per fini di formazione.
L’inizio degli anni ‘60, che segnano il rapido declino negli Usa del movimento della ricerca - e non quello del T-group in evoluzione verso la corrente degli encounter groups - è invece il tempo di una grande effervescenza “gruppista” in Francia. E’ l’apogeo del movimento, che durerà qualche anno, e di cui possiamo vedere i traguardi da alcune pubblicazioni come il numero speciale del Bulletin de Psychologie pressoché interamente dedicato al T- group. Si vedono svilupparsi allora molteplici tentativi per la teorizzazione del T-group, ma infruttuosi, come quelli che cercano di trovare modelli nella psicoanalisi (Anzieu), nella psicologia clinica (Pagès) nell’orientamento lewiniano (Faucheux), e nel 1960, nella Critica della ragione dialettica di Sartre che sembra allora proporre uno schema passante per le varie fasi del gruppo: fusione, organizzazione, alleanza, istituzionaliz­zazione e burocratizzazione. Ma questi sono piuttosto degli schemi che sembrano “applicati sopra” l’esperienza. A partire dal 1968, che sembra consacrare l’ideologia antiautoritaria, l’autogestione al livello delle interazioni e della micro-organizzazione dei piccoli gruppi, si assiste a un declino rapido con: 
1) la riduzione della clientela nelle organizzazioni associative;
2) la diffusione dell’analisi istituzionale, fino al confine di qualsivoglia esperienza, che diventa uno dei veicoli del movimento detto “contestatore” prima di entrare anch’essa nella fase del declino;
3) la sostituzione del movimento del T-group con quello dei gruppi di incontro di bioenergia e di terapia della gestalt, soprattutto nell’anno ‘72 con un apogeo molto veloce ed un declino ugualmente rapido;
4) l’istituzionalizzazione di queste correnti in alcune università nate dalla riforma dell’insegnamento superiore soprattutto a Parigi. 

Esamineremo rapidamente questi punti dell’evoluzione, salvo quello che concerne il declino delle prime organizzazioni di psicosociologia.

  2. La psicoterapia istituzionale

L’Analisi Istituzionale, nata nel 1962-63, proviene da una procedura d’etichettamento: la formula fornisce la raccomandazione di prendersi carico della dimensione rimasta fin qui ignorata nel T-group. cioè il contesto del seminario e le forme istituenti della sua organizzazione come gli orari stabiliti, i piani di attività (che erano esterni alle volontà del gruppo) e la “non direttività pedagogica” come è stato definito questo modo di formazione attraverso autoanalisi di gruppo. Era una etichetta comoda ma nello stesso tempo abbastanza ambigua e imprecisa, come la formula che la precedeva - altra etichetta - della “psicoterapia istituzionale” di cui descriverò l’essenziale.
Si comincia a chiamare “psicoterapia istituzionale”, negli anni ‘40, un’impresa circoscritta tesa a riformare il funzionamento di alcuni ospedali psichiatrici, in particolare quello di Saint Alban, in Lozère. La riforma consisteva in origine nell’”aver cura dell’istituzione di cura”, cioè l’ospedale in quanto istituzione. Il primo manifesto del movimento fu presentato al Congresso di Lisbona nel 1952 da Daumezon e Moechlin. Un po’ più tardi, la clinica della Borde, a Cour Cheverny, vicino a Blois, diventa un altro importante luogo di questo movimento. Essa si faceva forte maggiormente attraverso la psicoanalisi lacaniana e produceva specialmente attraverso le pubblicazioni di Felix Guattari, dei concetti per l’analisi istituzionale come quelli dell’analizzatore, della transferalità dei gruppi soggetti. Questo movimento fu probabilmento influenzato dalle tecniche di gruppo ma occorre notare che un tentativo di T-group istituito da Fichelet operatore di St.Alban si scontrò con una opposizione di principio: l’analisi interna dell’organizzazione da parte di quelli che ci lavorano era in opposizione con l’intervento venuto da fuori sottoforma di T-group.
Il movimento diede una rivista, Psychotherapie Institutionelle, che pubblicò qualche numero. Un ricambio fu in seguito assicurato dalla rivista Recherche pubblicata dal CLRFI dove si raggrupparono alcuni sociologi e psicologi formati nello stesso contesto terapeutico e che lavoravano, ma non in modo esclusivo, per lo Stato.

3. La corrente psicosociologica “socioanalitica”

Un’altra corrente dell’analisi istituzionale è più diiettamente sorta dal T-group, e per la sua origine, e per il suo meccanismo “socioanalitico” di base. Una corrente socio-critica nata all’Università di Nanterre è venuta in seguito ad aggiungersi e a modificare il suo corso iniziale.Il punto di partenza era, come è già stato detto, una pratica critica del T-group tesa ad allargare il suo campo “d’analisi” fino a tenere conto della sua “istituzione” (nel doppio senso attivo e stabilizzante di questo termine).Questa affermazione ne porta con sè altre, tra cui quella di moltiplicare le riunioni plenarie analitico-istituzionali laddove più T-group erano riuniti sotto lo stesso tetto e funzionavano parallelamente senza incontrarsi.

Un’altra affermazione che sembrava partire dalla critica istituzionale del “gruppismo” fu di spingere la non-direttività fino all’autogestione, da parte del gruppo, della sua istituzione, intesa come quella già citata degli orari di seduta, del luogo, delle consegne. Proposta che doveva mirare ad una impasse dell’analisi e, nello stesso tempo, ad un incontro con certe correnti di rinnovamento pe­dagogico, fra le quali il movimento Freinet, che si disputarono la corrente nata dalla psicoterapia e quella derivante dalla psicologia dei gruppi.Un altro punto di opposizione tra le due correnti stava sulla nozione di intervento e nella sua applicazione pratica (Hess, “La sociologie d’intervention”):

- la corrente terapeutica realizza una sorta di intervento condotto all’interno da terapeuti desiderosi di cambiare il funzionamento delle loro istituzioni di cura;-              
- la corrente psicosociologica, al contrario, realizza e tenta di teorizzare una forma di intervento su commissione animata da persone esterne all’organizzazione.

Per fare ciò, si crea un elemento analizzatore controllato da un certo numero di regole e di raccomandazioni: analisi della domanda e della richiesta; regola fondamentale del “dire tutto” per quanto riguarda la vita dell’istituzione, (in particolare ciò che non si dice, oppure che si dice solamente in corridoio); lavoro condotto essenzialmente (qualche volta unicamente) in Assemblea Generale di Socioanalisi, autogestione degli onorari di coloro che intervengono.

4. Analisi istituzionale

Questa forma di socioanalisi fu dapprima praticata, in una prima fase nel 1967 e 1968 da Lapassade e Lourau (cf. Lourau, “Les analyseurs de l’eglise”).Questa fase doveva condurre alla definizione dell’elemento socioanalitico di base, uguale a quello che è tipico del T-group (in origine si istituivano, come al seminario dell’UNEF nel 1962 a Royaumont, dei T-group attraverso i quali diventava evidente che essi avevano l’effetto di un intervento sull’organizzazione istituente, o co-istituente della sessione).Dopo il maggio del ‘68, l’AI è entrata in una terza fase con l’arrivo di una seconda generazione di socioanalisti e un ri orientamento conseguente. La tecnica socioanalitica di base si è sensibilmente evoluta in rapporto al suo modello iniziale nel modo che è stato descritto nel 1971 nella prima edizione di “Clès pour la sociologie”.
Tale modello ha funzionato in un certo numero di interventi brevi: tre giorni, in generale; sovente solamente i due giorni del week-end; un po’ più tardi una settimana come, abbastanza eccezionalmente, a Oullins e Nancy; più eccezionalmente ancora, per tre mesi (Lapassade).
Nello stesso tempo sono apparsi i “nuovi clienti” dell’analisi istituzionale: non più solamente organizzazioni (nelle quali d’altronde, prima del 1968 la domanda era provocata dall’interno dell’organizzazione da parte di membri critici) ma da individui che si riferivano ad un “AI” definita ora molto più come una forma di sociologia radicale (nel senso americano del termine).
L’anti-istituzionalismo raggrupperà le nuove correnti anti-istituzionali (anti-psichiatriche e anti-pe­dagogiche) mentre nella fase di psicoterapia istituzionale che inaugura il movimento, la tendenza era di riformare le “istituzioni” e non di chiuderle. Si voleva allora democratizzare la scuola, introdurvi delle forme moderate “di autogestione pedagogica” e non contestare l’istituzione come strumento di repressione. Si potrebbe dire allora che, in questo modo, l’AI non è più così lontana da lavori come quelli di Michel Foucault sulle istituzioni e la loÌo genesi, oppure di Bourdieu e Passeron sulla scuola. A questo riguardo c’era una sociologizzaiione della analisi istituzionale che portò ad una rottura, non più tra le due correnti iniziali, ma all’interno della stessa corrente socio- analitica. Il movimento del potenziale umano, dopo i conflitti interni all’Università, contribuì a questo deterioramento.

 4.  Il movimento del potenziale umano (MPH) e i suoi prolungamenti 

Saremo più brevi sull’MPH perchè non costituisce una scuola sociologica. Esso rappresenta il movimento inverso: la branca psicologizzante (lewiiana) di ricerche sui gruppi restava l­gata alla sociologia (come la sociometria di Moreno) in quanto aveva i piccoli gruppi come oggetto secondo l’espressione di Pontalis, e mostrava la sua connessione con il campo sociale di analisi e di intervento. L’MPH era movimento di privatizzazione. Esso scompare allo stesso modo: mentre il primo movimento, quello dei T- group, ha per clienti degli operatori sociali in senso lato e propone sul mercato dei tecnici della regolazione sociale, il secondo movimento, dove gli encounter groups prendono il posto dei T-groups, è apertamente terapeutico.
In una seconda fase, esso tende a divenire un movimento soprattutto di “nuova coscienza”, in un contesto neo-religioso che si alimenta alle fonti orientali dello zen, delle diverse forme di meditazione e delle “discipline di coscienza". Questo movimento ha dato luogo ad una letteratura sociologica abbondante. Ma il gruppo in questo contesto, non è più che un semplice mezzo di incontro, di attività fatte da molti, “l’analisi”, ma la parola non va molto d’accordo con la conduzione di queste sessioni - si indirizza all’individuo che “passa", come si dice nella gestalt therapy. Non è tuttavia completamente utopico vedere un uso di queste tecniche in una strategia di intervento psicosociale, anche se i pochi tentativi che noi abbiamo fatto in questo senso non hanno portato ad una teorizzazione di questo tipo di lavoro. Alla fine degli anni ‘60 la domanda indirizzata all’AI sembra diminuita. La fase dell’apogeo è chiusa.

5.      L’istituzionalizzazione della psicologia francese 

Nel 1962, la dinamica di gruppo non è insegnata in nessuna Università francese in maniera sistematica. Esiste un insegnamento di psicologia sociale ma dà poco spazio alle ricerche sui piccoli gruppi. Non è del tutto inutile tuttavia ricordare come negli USA il problema si pone a due livelli molto distinti:-              
- quello della ricerca, sia “naturalista” (osservazione sul campo) o sperimentale (condotta in laboratorio) e dell’insegnamento universitario delle teorie, dei lavori di tesi, delle pubblicazioni nelle riviste specializzate (livello che interessa specialmente la storia della sociologia e delle sue istituzioni);-            
- quello delle pratiche che si sviluppano parallelamente, con un altro pubblico.

Il secondo livello, tuttavia, quello delle pratiche di gruppo, della formazione e dell’intervento - fa la sua entrata nell’uni­versità dopo il 1968, in un clima di rinnovamento e di apertura. Ma questa istituzionalizzazione non avrà un effetto di trascinamento, di moltiplicazione delle ricerche e delle attività. Daremo ora qualche indicazione su tre università parigine:Paris 7, Paris 8 e 10. A Paris 7 (Censier), il lavoro clinico nei piccoli gruppi ha trovato, a partire dal 1968, un’accoglienza favorevole nel contesto del dipartimento di “Scienze umane cliniche” che si è costituito da una scissione della psicologia sperimentale dominante allora alla Sorbona (e restata dominante a Paris 5). Questo dipartimento di orientamento psicanalitico è il primo movimento di gruppi e di rinnovamento istituzionale. La pratica clinica dei gruppi si è diffusa al settore della formazione degli psicologi cilinici.

L’Analisi Istituzionale vi fu rappresentata essenzialmente da insegnanti formati dalle pratiche di psicoterapia istituzionale; essi hann assicurato un insegnamento clinico a studenti che dovevano avere una pratica professionale in istituzioni.
Recentemente (1985) una scissione ha separato:
- gli psicoanalisti insegnanti (Laplanche, Ganthret)             
- gli psicologi clinici (Pagès, Barus-Michel). A Paris 8 (Vincennes),

L’inserimento universitario è avvenutoin due tempi
- nel momento dell’apertura del Centro Universitario sperimentale di Vincennes (divenuto più tardi Università di Parigi 8) la dinamica di gruppo (nel senso largo delle tecniche di gruppo) ha preso una parte importante per lo stabilirsi e lo svilupparsi del dipartimento di scienze dell’educazione (era piuttosto rifiutata, al contrario, al dipartimento di psicologia e sociologia);-            
- a partire dal 1973. la corrente di analisi istituzionale di orientamento socioanalitico veniva studiata nelle scienze dell’educazione insieme al movimento di potenziale umano (questo fu il solo suo luogo di inserimento universitario importante).

A Paris 10 (Nanterre) la psicosociologia clinica dei gruppi, delle organizzazioni e delle istituzioni ha trovato il suo punto di inserimento nello stesso tempo nell’insegnamento della psicologia clinica e sociale e in quello delle scienze dell’educa­zione. Gli psicosociologi diventati insegnanti a Paris 10 provengono essenzialmente da due associazioni formate negli anni ‘60: l’ARIP e il CEFFRAP, il secondo più strettamente freudiano del primo. I due istituti sono stati segnati dalla ricerca americana, soprattutto clinica, sui piccoli gruppi. Ma tutto questo non produce un allargamento del movimento. Inoltre non esistono riviste aperte a tutti i ricercatori che lavorano nel campo dei piccoli gruppi, a parte “Connexions” che è una rivista associativa, legata al gruppo ARIP. Non c e l’organizzazione di incontri, di congressi che faciliterebbero gli scambi e dunque la diffusione e i progressi della teoria o della sua costruzione, sono limitati.