Una mobilitazione umanitaria all'altezza della catastrofe. Ma come
sono stati impiegati i più di 10 miliardi di euro raccolti
in tutto il Pianeta, e i 300 milioni in Francia? In modo spesso
discutibile, secondo più studi e opinioni. «Secours»
catholique finora ha speso solo 10 dei 35 milioni raccolti, la «Croce
rossa francese» solo il 16% dei 110 milioni raccolti. Le organizzazioni
non governative hanno svolto un ruolo essenziale, ma «come
ogni istituzione umana tendono ormai a fare prevalere le ragioni
della loro esistenza sugli scopi disinteressati iniziali
ha scritto Libération . Una svolta non necessariamente
a fini di lucro, ma comunque una deviazione morale. Se lo tsunami
ha consacrato l'importanza delle Ong, segna anche il momento in
cui l'assoggettarsi a regole democratiche diventa imperativo».
Uno studio dell'Università di Berkeley sostiene che «i
donatori e le agenzie hanno cercato di ottenere risultati rapidi
e spettacolari piuttosto che coinvolgere le popolazioni locali nella
scelta della ricostruzione». Nel libro Tsunami, la vérité
humanitaire (Jubilé), il giornalista Richard Werly sostiene
che «molte squadre umanitarie avrebbero potuto lasciare le
zone devastate tre mesi dopo ma la volontà di essere presenti
sul posto per giustificare il denaro dei donatori
ha contato più della pertinenza dei programmi svolti».
Oltre alle Ong come istituzioni, in Francia si comincia a guardare
con occhio critico anche ai volontari, la loro linfa vitale e gli
ultimi eroi rimasti al nostro tempo. La storica Amina Yala, dopo
5 anni di studi e decine di interviste, ne ha individuati sei tipi:
l'idealista, il militante, l'opportunista, il professionista, l'occasionale,
l'avventuriero. Sono tipi molto diversi, alcuni degni di stima,
altri meno. Per questo Yala parla di «avventura ambigua»
nel libro appena uscito Volontaire en Ong: l'aventure ambiguë
(Léopold Mayer); denuncia la scarsità del tipo «idealista»,
e il peso crescente degli «opportunisti» e dei «professionisti
del volontariato».
I primi, mossi dal desiderio di lasciare l'Europa e dai loro problemi
personali, sperano di trovare nell'impegno umanitario «un
ambiente di lavoro informale, poco gerarchico, senza troppi obblighi
di orario o di abbigliamento, e soprattutto fuori dalla routine
». I professionisti invece scelgono il settore della solidarietà
per carriera: contano in un lavoro ben pagato nella cooperazione
internazionale. «Ecco perché le Ong più rinomate
(Medici senza frontiere, Azione contro la fame, Medici del mondo)
sono sommerse dai curriculum, come le grandi aziende». Poi
ci sono gli avventurieri, già inconsapevolmente individuati
nel 1985 da Bernard Kouchner, il fondatore di Medici senza frontiere,
ex ministro socialista della Sanità, quando disse che «la
nostra epoca non offre abbastanza avventura per i giovani in città.
Creando "Ateliers dell'Europa" in tutto il Terzo Mondo,
daremo ai nostri ragazzi sogno, azione. Camion da pilotare nel deserto».
Chi ci crede davvero resta spesso deluso.
Ecco la testimonianza del volontario Michel Sévilla dopo
due anni in Africa: «Bisognerebbe sempre sapere perché
e per chi si fanno certe cose. Io ho lavorato per il prestigio della
Francia, per quello di un ex ministro e, accessoriamente, per aiutare
qualche contadino ruandese a dare da mangiare ai suoi bambini».
Gilles, reduce da Kabul: «Il giovedì sera c'era il
club delle Nazioni Unite dove tutti gli stranieri si riunivano per
bere quello che non avevano bevuto durante la settimana. C'era un
biliardo, una piscina... Il Club Med sotto le bombe! Il mondo delle
Ong è abbastanza chiuso; ci sono molti filtri, puoi anche
stare poco in contatto con la popolazione locale». Nel 1982,
le Ong raccoglievano 150 milioni di euro. Nel 1992 dieci volte di
più. Che è accaduto nel frattempo? La carestia in
Etiopia, il Live Aid e l'arrivo del «marketing sociale».
«Oggi l'aiuto umanitario è un mercato (falsato n.d.r.),
con tanti concorrenti dice Antoine Vaccaro, fondatore di
Excel, prima agenzia francese di marketing sociale . Chiunque
sia capace di intercettare l'offerta di generosità ha un
futuro davanti a sé». Tornati in Francia, i volontari
più convinti proveranno a condividere la loro esperienza,
a usarla per cambiare in meglio la società occidentale. «Ma
ciò che interessa a parenti, amici e colleghi non è
la cultura ma folklore ed esotismo. Alla fine, tutto finisce in
una serata di diapositive».
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